SUI LIMITI PROBATORI DELLA FATTURA COMMERCIALE (Cass.12.01.2016 n.299)


Con una recente sentenza del il 12/01/2016 n° 299, la Corte di Cassazione ritorna sul tema, invero ciclicamente affrontato, della natura e del valore probatorio della fattura commerciale, in un giudizio in cui si discuteva della sussistenza di un credito, per l’appunto consacrato in un documento fiscale del genere, vantato da una società verso un privato, a favore del quale aveva effettuato delle prestazioni d’opera.
Ebbene, i Giudici di Palazzo Cavour, confermando un consolidato orientamento, affermano “che la fattura commerciale, avuto riguardo alla sua formazione unilaterale ed alla funzione di far risultare documentalmente elementi relativi all’esecuzione del contratto, si inquadra tra gli atti giuridici a contenuto partecipativo, consistendo nella dichiarazione indirizzata all’altra parte di fatti concernenti un rapporto già costituto”, con le conseguenze che, laddove “il rapporto è contestato tra le parti, la fattura stessa non può costituire un valido elemento di prova delle prestazioni eseguite, ma può al massimo costituire un mero indizio” (in questo senso vedasi anche Cass. 18/02/1995 n° 1798; Cass. 03/07/1998 n° 6502; Cass. 13/06/2006 n° 13651; Cass. 15/01/2009 n° 806; Cass. 28/06/2010 n° 15383; Cass. 21/07/2003 n° 11343; Cass. 17/12/2004 n° 23499; Cass. 05/08/2011 n° 17050; Cass. 13/01/2014 n° 462; nella giurisprudenza di merito Tribunale di Modena 16/05/2012 n° 816; Tribunale di Milano 02/12/2014 n° 14364; Tribunale di Salerno 02/11/2014 n° 5532; Tribunale di Messina 03/05/2006 n° 189; Tribunale di Padova 25/11/2014 n° 3159).
La contestazione che  una parte svolge in ordine alla esistenza di un credito,  quale risultante da una fattura commerciale, obbliga dunque la medesima a fornire al Giudice la prova dell’esatto ammontare del credito stesso. E ciò anche laddove, intervenuto un pagamento parziale, il creditore reclami la differenza (Cass. 10/10/2011 n° 20802).
Tale prova può essere fornita oralmente, dimostrando, ad esempio, l’avvenuta fornitura, quando si tratti di merce o l’effettuazione di una prestazione d’opera.
Nel primo caso,, normalmente la fattura, che contiene la descrizione del materiale fornito, è sottoscritta dal debitore che quel materiale ha ricevuto; nel secondo caso,,, può afferire ad un contratto di appalto. In entrambe le ipotesi il valore indiziario della fattura è trasformato, per così dire, in valore di prova legale del credito.
Se il mero valore indiziario della fattura consegue alla contestazione della stessa, ciò significa, secondo la giurisprudenza, che, in difetto, essa può costituire un valido elemento di prova quanto alle prestazioni eseguite ed al relativo ammontare (v. Tribunale di Roma 03/01/2015 n° 88; nonché la già citata Tribunale di Salerno 5532/2014; Cass. 6502/1998 e Cass. 23499/2004).
Peraltro i fatti non contestati non hanno bisogno di esser provati ex art. 115 c.p.c.. 
La suddetta natura della fattura commerciale impedisce che con la semplice sua trasmissione alla controparte, questa possa ritenersi validamente costituita in mora ,occorrendo una formale richiesta di pagamento.
Quanto sopra non impedisce però, come è noto, che la fattura possa fondare la richiesta di decreto ingiuntivo di pagamento, pur non integrando nell’eventuale giudizio di opposizione la piena prova del credito azionato  monitoriamente.
I registri delle fatture possono costituire, ai sensi dell’art. 634 II° comma cpc (come modificato dalla novella del 1995) idonea prova scritta per la emissione del decreto ingiuntivo, con riferimento non solo ai crediti relativi alla somministrazione di merci ma anche a quelli relativi a prestazioni di servizio.
Febbraio 2016- Avv.Antonio Arseni