La contrattualistica internazionale, intesa come la negoziazione e la sottoscrizione di accordi tra soggetti appartenenti a Paesi ed ordinamenti giuridici diversi, è un fenomeno che si riscontra con sempre maggiore frequenza nelle transazioni commerciali tra Aziende di qualsiasi dimensione.

Redigere un buon contratto internazionale richiede un’attività di analisi e valutazione molto complessa; la tendenza che si manifesta, comunque, è quella della unificazione e standardizzazione dei modelli e delle figure negoziali anche se, naturalmente, è impossibile ipotizzare una uniformità completa anche solo a livello regionale (si pensi ad esempio alle persistenti difformità normative presenti anche in un contesto armonizzato quale quello dell’UE).

Già da questa breve premessa possiamo osservare come il processo di armonizzazione dei modelli contrattuali è quasi completato a livello internazionale, mentre ancora non vediamo una simile armonizzazione sulle eventuali responsabilità nella fase antecedente alla stesura del contratto ossia la fase precontrattuale.

Manca a livello precontrattuale la spinta unificatrice che invece a livello contrattuale si è manifestata. Ed infatti poche sono anche le pubblicazioni in materia.

È doveroso, però, notare come nelle comunità di Common Law si stia implementando una dottrina, al momento minoritaria, di convergenza verso il riconoscimento di una qualche protezione delle parti anche nella fase precontrattuale.  

La fase della negoziazione può presentare rischi e problemi tutt’altro che banali, senza considerare gli oneri delle parti soprattutto se appartenenti a sistemi giuridici diversi. Solitamente le parti non si preoccupano di inquadrare la fase precontrattuale in un determinato ordinamento o la legge applicabile posticipando tale scelta solo alla conclusione del contratto. È, invece, proprio nella fase precontrattuale che possono nascere incomprensioni suscettibili a creare problemi di non facile risoluzione come ad esempio un ritiro ingiustificato dalle trattative che può comportare un danno economico alla controparte, oppure il prolungare in mala fede le trattative per poi non concludere l’affare e così via.

 

Nello scenario internazionale non solo possiamo riscontrare una profonda differenza tra i due più grandi sistemi, e cioè tra il sistema di Common Law (dove le norme principali non sono inserite in codici, es. Gran Bretagna, Stati Uniti etc.) ed il sistema di Civil Law (ove i codici raccolgono le norme principali dell’ordinamento, es. Italia, Francia, Germania etc.), ma possiamo registrare rilevanti difformità tra i sottosistemi nazionali che compongono ciascun macro sistema. Il problema assume una notevole importanza quando il contratto è il risultato di un lunga trattativa condotta anche attraverso un notevole scambio di documenti, come di norma avviene nel commercio internazionale.

Nella fase negoziale incontriamo due ordini di problemi:

1.      Il comportamento delle parti durante la fase precontrattuale;

2.      La necessità di determinare dove e quando il contratto si perfeziona. (È chiaro che il perfezionamento del contratto chiude definitivamente la fase negoziale).

Per quanto concerne il primo punto i due sistemi (Common e Civil Law) divergono. Esiste un orientamento più tradizionale vicino ai sistemi di Common Law descritto molto bene da Farnsworth il quale dichiara nella sua monografia che è regola generale che la parti nella fase precontrattuale possano interrompere le trattative per qualsiasi ragione senza alcuna responsabilità”. Ne consegue che nessuna responsabilità può sorgere fino a quando il contratto non sia validamente concluso. Inoltre, l’assenza di una responsabilità in caso di interruzione delle trattative conduce il nostro ragionamento ad individuare un vuoto normativo in merito alla tutela dei diritti delle parti nella fase precontrattuale. Pertanto nell’ipotesi in cui un’azienda italiana iniziasse delle trattative con altra azienda inglese dovrà porre molta attenzione già nelle prime battute della negoziazione. L’azienda italiana dovrà tener presente che in caso di applicazione della legge inglese non vi sarà alcun riconoscimento della responsabilità precontrattuale. Unico obbligo riconosciuto anche dalla dottrina inglese è la tenuta di un comportamento corretto basato sulla buona fede, ma nulla dice sulla risarcibilità di un eventuale danno patito per una rinunzia ingiustificata delle trattative. Per tutti questi motivi si invitano gli operatori commerciali ad una maggiore attenzione sul come e con chi si pongono in essere delle negoziazioni, in particolar modo si consiglia ad una puntualizzazione scritta sullo stato di avanzamento del potenziale accordo.

Diametralmente opposto è l’orientamento di Civil Law. La dottrina europea riconosce l’esistenza della responsabilità precontrattuale e ne analizza il contenuto sotto due aspetti: quello positivo dell’obbligo di correttezza e lealtà nelle trattative; ed uno negativo riguardante il recesso ingiustificato. Anche se, in presenza di un riconoscimento comune della responsabilità precontrattuale, gli ordinamento di Civil Law divergono sulla natura stessa della responsabilità.

In Italia il principio della responsabilità precontrattuale è disciplinato dall’art. 1337 c.c., secondo il quale: “le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede”. Tale principio comporta in primo luogo un obbligo di corretta informazione ed in secondo un obbligo di generale correttezza in tutte le attività della negoziazione che possono essere determinanti per il consenso della controparte. L’obbligo di buona fede è in questa fase intesa oggettivamente come condotta corretta e leale. Nel nostro ordinamento in caso di violazione dell’obbligo di buona fede nella fase precontrattuale la controparte avrà diritto al risarcimento del cosiddetto “interesse negativo” e cioè del pregiudizio patrimoniale patito a causa di spese sostenute inutilmente per il negoziato e l’eventuale perdita di ulteriori occasioni presentatesi nel corso delle trattative. Questo comprende normalmente il danno (sotto forma del lucro cessante) conseguente alla mancata conclusione (o alla conclusione a condizioni meno favorevoli) di un contratto in sostituzione di quello che si sarebbe dovuto concludere con la parte responsabile della violazione del dovere di buona fede.

In Francia la giurisprudenza inserisce la responsabilità precontrattuale nel più ampio principio della responsabilità extra-contrattuale disciplinata dall’art 1382 cod. civile francese che definisce la responsabilità aquiliana “chiunque cagioni un danno, per il solo fatto di averlo cagionato, è obbligato a risarcirlo”. In un caso molto famoso la corte di Cassazione francese ritenne responsabile la parte che aveva “abusivamente” interrotto il negoziato dopo lunghe e costose trattative.

 

Tornando al nostro approfondimento, in ambito internazionale, soprattutto in questi ultimi anni si è affermato il principio, tipico dei sistemi di Civil Law, secondo cui i contraenti sono tenuti a conformare la loro condotta già nella fase precontrattuale secondo buona fede. Unico problema ancora da risolvere è la mancata omogeneità di significato di buona fede contrattuale tra i diversi paesi.

In generale, quindi, si deve notare, come le corti, ivi incluse quelle di diritto anglosassone, compiano un notevole sforzo interpretativo teso ad un progetto equitativo che, inevitabilmente, porta alla convergenza i vari ordinamenti giuridici, pur partendo da presupposti del tutto disomogenei. Pertanto, come anche previsto dalla Lex Mercatoria a livello di contrattazione internazionale, si prevede un dovere di agire secondo correttezza, ma nulla è previsto per quanto concerne la responsabilità in caso di violazione del suddetto obbligo. In base alla legge applicabile alla fase contrattuale si potrà prevedere o meno, quindi, una certa responsabilità nella fase delle trattative.

In ambito comunitario il Regolamento 864/2007 entrato in vigore nel gennaio del 2009 getta le basi per una futura armonizzazione in materia di responsabilità precontrattuale. Il Regolamento denominato “Roma II” individua la legge applicabile alle obbligazioni extra contrattuali derivante dalle trattative precontrattuali, prescindendo dal fatto che il contratto si sia concluso o meno. Questo Regolamento viene applicato a tutti gli Stati membri, comprese la Gran Bretagna e l’Irlanda dove non vi è, come più sopra riportato, alcuna disciplina specifica per le responsabilità precontrattuali. Si badi bene che il Regolamento non viene applicato in Danimarca.

 

Il secondo punto, elencato all’inizio di questo breve approfondimento, riguarda la determinazione della conclusione del contratto. Anche qui i due marco sistemi divergono profondamente. Nei sistemi di Common Law, in particolar modo in Gran Bretagna, prevale la Mail box doctrine per la quale si considera concluso il contratto al momento della consegna alla posta, anche se il plico non raggiunge il destinatario. Il sistema americano si allontana da quello britannico prevedendo che un accordo sufficiente a costituire un contratto di vendita può essere riconosciuto anche se il momento della sua formazione resta indeterminato.

Nei sistemi di Civil Law il ragionamento è più definito come, ad esempio, in Germania dove l’accettazione ha effetto quando è comunicata all’offerente. Oppure in Italia, come anche in Belgio, si fa un passo ulteriore: l’accettazione non solo deve arrivare al domicilio del proponente, ma questi ne deve avere un’effettiva conoscenza.

Stabilire esattamente il momento della formazione del contratto è così fondamentale che la Convenzione di Vienna del 1980 sulla vendita internazionale vi dedica ben 11 articoli e non solo, i Principi di Unidroit vi dedicano un intero capitolo costituito da 22 articoli.

Come la maggior parte delle convenzioni internazionali, specialmente quelle multi parties,la Convenzione di Vienna, anche sul punto, é frutto di un compromesso, nel caso di specie tra i due macro sistemi Civil e Common Law. Elemento di unione tra i due macro sistemi è costituito dal momento finale della formazione del contratto che consiste nell’accettazione della proposta, ma vi è un quesito molto importante: quando la proposta si considera accettata?

Si è prima rilevato come i due sistemi Civil Law e Common Law disciplinino in modo del tutto difforme il problema. I due sistemi divergono anche in tema di modalità di accettazione della proposta ed anche in tema di interruzione del negoziato.

Il compromesso, cui abbiamo più sopra fatto cenno, é particolarmente evidente nella redazione del testo dell'art. 16 della Convenzione di Vienna “ fin tanto che il contratto non è stato concluso, un’offerta può essere ritirata, se la revoca perviene al destinatario prima che questi abbia fatto pervenire un’accettazione”; l’articolo prosegue, e qui troviamo il compromesso sopra menzionato, “tuttavia, un’offerta non può essere revocata: se indica, fissando un termine determinato per l’accettazione o in altro modo, che essa è irrevocabile;..” ciò significa, per un giurista di Civil Law, che l’offerta è irrevocabile durante il periodo della sua validità, mentre per un giurista di Common Law, che la fissazione di un termine non rende la proposta irrevocabile salvo la sua espressa previsione.

I Principi Unidroit sembrano più innovativi. In particolar modo si differenziano immediatamente dalla Convenzione di Vienna in quanto il momento della formazione del contratto non conclude l’iter formativo , ma ne dà l’incipit. Infatti, tali principi superano il meccanismo della “proposta-accettazione” prevedendo che un contratto può considerarsi concluso sia con l’accettazione di un’offerta sia attraverso un comportamento delle parti sufficiente a dimostrate con certezza l’esistenza dell’accordo. Ciò permette di risalire direttamente dal comportamento complessivo delle parti, quindi all’esistenza di un accordo senza che sia rilevante sapere come e quando lo stesso si sia concluso. La Convenzione di Vienna, invece, è tendenzialmente più conservatrice per cui: l’accettazione può avvenire mediante una dichiarazione in tal senso o mediante fatti concludenti. Anche per quanto concerne l’ipotesi di accettazione con modifiche i due macro sistemi divergono e di conseguenza anche le norme internazionali. Se applichiamo la Convenzione di Vienna, affinché vi sia controproposta l’accettazione dell’offerta deve contenere modifiche sostanziali che riguardino il prezzo, il pagamento, la qualità e quantità della merce, il luogo e il tempo della consegna, l’estensione della responsabilità di una parte nei confronti dell’altra o la risoluzione delle controversie. Mentre i Principi Unidroit non definiscono il concetto di “modifiche sostanziali” lasciando un’ampia interpretazione ed una valutazione caso per caso.

 

Concludendo, è fondamentale determinare fin dall’inizio della negoziazione quali siano “le regole del gioco” ossia quali norme applicare per disciplinare il momento formativo del contratto e di conseguenza l’eventuale risarcibilità del danno per responsabilità precontrattuale. In particolar modo se le trattative richiedono un significativo costo. Si consiglia, ad esempio, di puntualizzare fin dall’inizio delle trattative tramite scambio di corrispondenza lo stato di avanzamento delle negoziazioni. Deve per altro ricordare l’operatore commerciale che la Convenzione di Vienna del 1980, sulla vendita internazionale, ed i Principi Unidroit non vengono applicati per la determinazione di una responsabilità precontrattuale, pertanto si dovrà ipotizzare anticipatamente quale norma nazionale potrà applicarsi in caso di lite già nella fase delle trattative. Invitiamo gli operatori commerciali di concordare, per quanto la prassi commerciale lo permetta, con un certo anticipo rispetto la conclusione dell’accordo la legge applicabile al contratto e di conseguenza alla sua fase anteriore.



Etablissment Vilber Lourmat contre Etablissment Gerteis; Cassation, 29 marzo 1972 sempre citata da D ELA UME,