In ambito internazionale non vi è una convenzione di diritto materiale uniforme, come ad esempio la Convenzione di Vienna del 1980 sulla vendita internazionale, che disciplina l’istituto del danno da prodotto.

Il tema è particolarmente rilevante in quanto il mercato internazionale costituisce sbocco naturale per moltissime Aziende italiane, attive nei più diversi settori merceologici: dall’agro alimentare (si pensi, ad esempio, ai numerosi esportatori attivi nel settore vinicolo) al settore metalmeccanico (prodotti finiti) sino al variegato mondo della subfornitura industriale.

La responsabilità del produttore per morte o lesioni personali – eventi che permettono di configurare un determinato evento come danno da prodotto, idoneo a generare responsabilità risarcitoria in capo al produttore nei confronti di terzi non legati ad esso da alcun vincolo contrattuale – costituisce un elemento di importanza fondamentale al fine di valutare l’effettivo grado di rischio gravante su un’impresa in relazione ai claims potenziali, che possono derivare da richieste di danni per questo tipo di responsabilità.

Prima di procedere all’analisi del tema della product liability in ambito internazionale, è opportuno premettere alcuni brevissimi cenni di riferimento alla normativa italiana, per poter confrontare meglio le due discipline.  
La spinosa materia del danno da prodotto è regolata – per quanto riguarda l’Italia – dal Titolo II del Decreto Legislativo 206/2005 (Codice del Consumo) agli Articoli da 114 a 127 in vigore dal 23 ottobre 2005 - che riprende – tra le altre – le disposizioni del D.p.r. 24 maggio 1988 n. 224 (attuazione della Direttiva comunitaria 85/374/CEE, espressamente abrogato).

Secondo la normativa attualmente, il produttore è responsabile per i danni cagionati dal suo prodotto (Art. 114) per tale intendendosi qualsiasi bene mobile, anche se incorporato, a qualsiasi titolo, in un prodotto diverso (Art. 115). I danni risarcibili, secondo la normativa in esame, sono quelli derivanti da morte e lesioni personali, nonché quelli conseguenti alla distruzione o al deterioramento di una cosa diversa dal prodotto difettoso, purché di tipo normalmente destinato all'uso o consumo privato e così principalmente utilizzata dal danneggiato (Art. 123).

Il concetto di difettosità del prodotto è specificato dall’Art.117 il quale afferma che “un prodotto è difettoso quando non offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere tenuto conto di tutte le circostanze, tra cui: a) il modo in cui il prodotto è stato messo in circolazione, la sua presentazione, le sue caratteristiche palesi, le istruzioni e le avvertenze fornite; b) l'uso al quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato e i comportamenti che, in relazione ad esso, si possono ragionevolmente prevedere; c) il tempo in cui il prodotto è stato messo in circolazione. 2. Un prodotto non può essere considerato difettoso per il solo fatto che un prodotto più perfezionato sia stato in qualunque tempo messo in commercio.

 3. Un prodotto è difettoso se non offre la sicurezza offerta normalmente dagli altri esemplari della medesima serie“.

Il successivo Art. 118 prevede le ipotesi nelle quali il produttore non può essere ritenuto responsabile per danni derivanti da difettosità del prodotto; ed in particolare “La responsabilità è esclusa: a) se il produttore non ha messo il prodotto in circolazione; b) se il difetto che ha cagionato il danno non esisteva quando il produttore ha messo il prodotto in circolazione; c) se il produttore non ha fabbricato il prodotto per la vendita o per qualsiasi altra forma di distribuzione a titolo oneroso, né lo ha fabbricato o distribuito nell'esercizio della sua attività professionale; d) se il difetto e' dovuto alla conformità del prodotto a una norma giuridica imperativa o a un provvedimento vincolante; e) se lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche, al

momento in cui il produttore ha messo in circolazione il prodotto,non permetteva ancora di considerare il prodotto come difettoso; f) nel caso del produttore o fornitore di una parte componente o di una materia prima, se  il difetto è interamente dovuto alla concezione del prodotto in cui è stata incorporata la parte o materia prima o alla conformità di questa alle istruzioni date dal produttore che la ha utilizzata”.

Secondo la legge italiana è considerato produttore – e quindi soggetto alla previsioni della normativa in commento – , il fabbricante del bene o il fornitore del servizio, o un suo intermediario, nonché l'importatore del bene o del servizio nel territorio dell'Unione Europea o qualsiasi altra persona fisica o giuridica che si presenta come produttore identificando il bene o il servizio con il proprio nome, marchio o altro segno distintivo indipendentemente dalla circostanza che egli abbia – o non abbia – trasformato in tutto o in parte, o manipolato a qualsiasi titolo, i prodotti di cui si tratta (Art. 3 D.l. 206/2005).

Sotto il profilo della prova, il danneggiato ha l’onere di dimostrare l’esistenza del difetto, l’esistenza del danno e la riconducibilità del danno al difetto stesso, mentre incombe sul produttore fornire la prova delle circostanze che possono escludere la sua responsabilità (art. 120): come si vede la posizione del produttore, sotto il profilo processuale, è ben più pesante rispetto a quella del danneggiato. Infatti, quest’ultimo può limitarsi a fornire la prova di fatti positivi, e troverà la maggiore difficoltà, eventualmente, nel fornire adeguata evidenza probatoria del nesso di causalità tra difetto e danno oltre che nella adeguata prova della quantificazione del danno richiesto; il produttore convenuto, invece, si trova di fronte ad una situazione che in molte circostanze può tradursi un una prova diabolica…in tutti i sensi, essendo stata rilevata dalla giurisprudenza una responsabilità anche in presenza di condotte omissive del tutto atipiche.

L’ultima regola, che vale la pena di ricordare, è la nullità della clausola di esonero da responsabilità per danno da prodotto (Art. 124) ed il termine di prescrizione del diritto al risarcimento che è fissato in tre anni dalla data in cui il danneggiato ha avuto – o avrebbe dovuto avere – conoscenza del danno, del difetto e dell’identità del responsabile; nel caso di danno progressivo la prescrizione decorre dal giorno in cui il danneggiato ha avuto conoscenza di un danno tale da poter giustificare l’inizio dell’esercizio di un’azione giudiziaria (art. 125).

L’ambiente normativo sino a qui descritto configura, a carico del produttore (come sopra individuato), una sistema di responsabilità di tipo oggettivo che implica, nel caso in cui il danneggiato riesca a provare quanto richiesto dalla legge, il risarcimento del danno sofferto nelle distinte voci di danno biologico, morale e patrimoniale.

Al fine di completare adeguatamente il quadro sopra delineato, è opportuno ricordare le disposizioni delle norme italiane di diritto internazionale privato che si occupano del danno da prodotto; argomento, questo, che costituisce oggetto di frequenti richieste di chiarimento.

Le regole che vengono in considerazione a tale proposito sono sostanzialmente due, ed in particolare gli articoli 4 e 63 della Legge 218/1995.

La prima norma citata prevede che la giurisdizione italiana sussista nel caso in cui la stessa sia stata convenzionalmente accettata dalle parti; la seconda prevede che “la responsabilità per danno da prodotto è regolata, a scelta del danneggiato, dalla legge dello Stato in cui si trova il domicilio o l'amministrazione del produttore, oppure da quella dello Stato in cui il prodotto è stato acquistato, a meno che il produttore provi che il prodotto vi è stato immesso in commercio senza il suo consenso”.

La lettura sistematica delle due norme permette, senza dubbio, ad un danneggiato statunitense di perseguire il produttore – ed eventualmente anche il subfornitore – di fronte al giudice italiano, a norma delle leggi sul danno da prodotto vigenti in Italia; il produttore potrebbe inoltre pensare di tutelarsi – particolarmente nel caso di in cui si tratti di un esportatore diretto – inserendo nei propri contratti di vendita specifiche clausole di riserva di giurisdizione per il Giudice italiano.

A prescindere dalla difficoltà pratica di attuazione di tale ultima soluzione, in ogni caso il danneggiato statunitense – nella pratica – agirà di fronte ai giudici del proprio Paese, invocando le norme poste a propria tutela vigenti negli Stati Uniti; sul punto il giudice italiano – eventualmente chiamato a dare esecuzione alla sentenza straniera nel territorio nazionale – non potrà che consentirne l’accesso a norma dei consueti meccanismi di riconoscimento. Va ricordato, per completezza, che una sentenza americana trova riconoscimento in Italia senza che venga valutato il merito di questa, ma solo previa valutazione del rispetto dei diritti fondamentali della difesa previsti a favore del convenuto

Si sottolinea, inoltre, e la circostanza viene ripresa più oltre in tema di assicurazione, che la normativa statunitense non prevede differenze di trattamento di sorta tra il produttore che esporta il proprio prodotto volontariamente ed il cosiddetto “importatore involontario”, venendo così a perdere qualsiasi valenza l’esclusione contenuta alla fine dell’Art. 63.

In questo senso la Convenzione di Vienna del 1980 nulla prevede, infatti, l’art. 5 dispone che “la presente Convenzione non si applica alla responsabilità del venditore per morte o lesioni personali a chiunque causate dalla merce”. Pertanto la principale norma che disciplina la compravendita internazionale business to business nulla prevede in questo senso. Il legislatore comunitario consapevole di questo gap ha promulgato nel 2007 il Regolamento CE 864/2007, denominato Roma II, che disciplina la scelta della legge applicabile nell’obbligazioni extracontrattuali in materia civile e commerciale. Il sopra citato Regolamento è stato sottoscritto da tutti gli Stati membri, tranne la Danimarca, ed è entrato in vigore nel gennaio 2009. È doveroso fare una precisazione, l’azienda italiana dovrà tener ben presente due cose:

1.       per quanto concerne la responsabilità da danno da prodotto, per il rapporto business to business, non dovrà far riferimento al Regolamento “Roma II” se intende commercializzare i propri prodotti in Danimarca (per questa ipotesi si applicherà la Convenzione di Roma 1980 sulla legge applicabile);

2.       se intende commercializzare nel Regno Unito, che ha recepito tale Regolamento, si deve porre particolare attenzione sulla disciplina del danno e del relativo risarcimento predisposta da questo paese. L’istituto del “danno” nel Regno Unito, essendo un ordinamento di Common Law, non è paragonabile con quello previsto dai sistemi, come ad esempio quello italiano, di Civil Law. In particolar modo preme porre attenzione sull’istituto del “danno punitivo”. Il legislatore inglese oltre a prevedere il risarcimento del danno effettivo subito dalla vittima imputa anche un maggior danno.

 

Tornando all’analisi del Regolamento “Roma II” esso prevede per l’ipotesi di responsabilità di danno da prodotto quanto segue:

“la legge applicabile all’obbligazione extracontrattuale che deriva da danni causati da prodotto è:

la legge del paese in cui la persona che ha subito il danno risiedeva abitualmente quando si è verificato il danno, se il prodotto è stato commercializzato in quel paese, o in mancanza;

la legge del paese in cui è stato acquistato il prodotto, se il prodotto è stato commercializzato in tale paese; o, in mancanza;

la legge del paese in cui il danno si è verificato, se il prodotto è stato commercializzato in tale paese.”

Pertanto si rende necessario lo studio della normativa in materia di responsabilità da prodotto dei Paesi in cui si intende commercializzare.

 

Proseguiamo ora con la seconda ipotesi, menzionata all’inizio di questo elaborato, di vendita a consumatore. Anche in questo senso, il legislatore comunitario si è pronunciato con ben due Direttive quali la 44/1999CE sulla vendita e sulle garanzie concernenti i beni di consumo e la 374/1985CE sulla responsabilità diretta del produttore per danni causati dal carattere difettoso dei suoi beni. Queste Direttive sono state recepite in tutti gli stati membri, quindi può aiutarci a comprendere quale tipo di garanzia potrebbe offrire la nostra azienda italiana in caso di esportazione all’interno del territorio dell’Unione.

Il legislatore comunitario ha tentato, attraverso queste direttive, di creare un’uniformità di tutela del consumatore, ma ciò non impedisce agli Stati membri, proprio per la natura del provvedimento, di emanare diverse regole per l’attuazione delle direttive.

La direttiva 44/1999CE prevede, all’art. 6, la predisposizione dei contenuti della garanzia che dev’essere obbligatoriamente offerta al consumatore, non solo, a favore del consumatore vengono previsti tempi più lunghi (che comunque divergono da Paese a Paese) per la denuncia dei vizi e maggiori rimedi (anch’essi diversi da Paese a Paese). Nella Direttiva 374/1985CE viene tutelato il consumatore per quanto concerne il risarcimento del danno causato da prodotto difettoso. Tale direttiva viene oggi rinforzata dal Regolamento, più sopra menzionato, Roma II. In tale direttiva si prevede che il consumatore oltre a richiedere il risarcimento del danno a colui che ha venduto il bene, lo possa richiedere direttamente al venditore saltando così la catena distributiva per vedersi un effettivo ricon

2 Esiste per i danni a cose una franchigia di Euro 387,00=.

“Il danneggiato è tenuto a dimostrare non il vizio di fabbricazione del prodotto, ma che quest'ultimo non offre la sicurezza che si può legittimamente attendere (nella particolare fattispecie - scoppio di una caffettiera dovuto alla presenza di calcare nella valvola di sicurezza - è stata affermata la responsabilità del produttore per non avere indicato nelle istruzioni che l'accumularsi del calcare nella caffetteria può determinare il malfunzionamento della valvola di sicurezza)”, Tribunale di Vercelli, 07 aprile 2003.

Ad esempio è stato deciso che “Qualora, in normali condizioni stradali e di velocità, nell'azionare il freno dell'autovettura in circolazione, questa inizi a sbandare "in testa-coda" contro i guard rails, la causa può ascriversi al difettoso funzionamento del sistema frenante, se concorra la circostanza che la società fornitrice abbia effettuato campagna di richiamo a sottoporre ad ispezione il veicolo per la eventuale sostituzione dei tubi freno” Tribunale Roma, 04-12-2003, n. 38817.

“La responsabilità oggettiva del produttore si presume iuris et de iure per i danni da prodotti difettosi messi in circolazione”, Tribunale di Roma 04 dicembre 2003, n. 38817.

Tribunale di Roma, 04 dicembre 2003 n. 38817.