Halal è un termine arabo tratto dalla Sharia’a che indica ciò che è lecito o permesso poiché conforme alle norme etiche ed igienico-sanitarie della legge e della dottrina dell’Islam, in opposizione al termine Haram che si riferisce a ciò che è proibito e da cui il consumatore di fede islamica deve astenersi. Dai prodotti agroalimentari ai cosmetici, dai prodotti chimici e farmaceutici ai processi industriali e al packaging è necessario garantire determinati iter per generare un prodotto fedele alle indicazioni dell’Islam e  per ottenere una conseguente certificazione Halal.
 
Le implicazioni commerciali afferenti a tale settore sono estremamente interessanti, se si considera che i fedeli islamici nel mondo sono circa 1,5 miliardi, con prevalente concentrazione nei Paesi dell’Africa Settentrionale, del Medio ed Estremo Oriente e con tassi di crescita elevati in Europa a causa dei forti flussi migratori. Secondo Halal International Autority, il mercato globale del commercio degli alimenti certificati  Halal si attesta intorno ai 150 miliardi di dollari, con un potere di acquisto dei musulmani di circa 3 mila miliardi di dollari, rappresentando dunque prospettive di sviluppo notevoli ed un trend di crescita del 10% annuo.
 
Il 30 giugno del 2010 l’allora Ministro degli Affari Esteri italiano Franco Frattini ha promosso un evento di presentazione dell’iniziativa “Halal Italia”, al fine di ufficializzare la creazione dello stesso marchio di qualità per i prodotti italiani dei settori agro-alimentare, cosmetico e farmaceutico destinati ai  mercati dei Paesi islamici.  In particolare è stata firmata una convenzione tra il Ministero degli Affari Esteri, il Ministero dello Sviluppo Economico, il Ministero della Salute ed il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, volta a garantire il necessario sostegno istituzionale al progetto in questione. 
La Convenzione è volta a favorire l’internazionalizzazione del sistema produttivo italiano attraverso attività mirate a facilitare l’accesso ai mercati islamici dei prodotti italiani, contribuendo a rafforzare il collegamento tra l’Italia ed i Paesi a maggioranza musulmana e, parallelamente, si pone l’obiettivo di sviluppare anche sul territorio nazionale le potenzialità del mercato Halal come ponte per l’integrazione della comunità islamica in Italia.
 
A quattro anni di distanza, si stima che soltanto l’1% delle imprese italiane sia in possesso di una certificazione Halal. Eppure la domanda dei prodotti Made in Italy Halal rappresenta un settore molto richiesto e ancora poco sviluppato che offre notevoli prospettive di sviluppo per l’export italiano.  Per le aziende con certificazione Halal, il mercato nordafricano e mediorientale costituisce una naturale e rilevante opportunità per l’internazionalizzazione delle aziende agro-alimentari italiane, soprattutto verso quegli Stati in cui la certificazione Halal è un requisito doganale imprescindibile per l’entrata e la commercializzazione di alcuni generi alimentari.
 
A testimonianza del rilevante ruolo del settore che si rivolge ai consumatori aderenti all’Islam sono da segnalare i sempre più frequenti meeting a livello internazionale (primo tra tutti l’annuale  WHFC- World Halal Food Council), la creazione, soprattutto nei mercati europei settentrionali, di catene di distribuzione e fast food Halal, e la nascente offerta di servizi turistici Halal (hotel con stanze certificate, assenza di simboli religiosi, presenza del tappetino per la preghiera, di una copia del Corano e di un menù Halal all'interno della struttura).
 
Nello specifico, per quanto riguarda la Sardegna, sebbene siano presenti delle aziende in possesso del certificato suindicato in svariati settori (macellazione e lavorazioni carni, industria dolciaria, prodotti avicoli, latticini e derivati, conserve e salumi, olio, etc.), la propensione all’export è quasi irrilevante. Eppure, l’area nordafricana e mediorientale rappresentano mercati di sbocco con grandi prospettive e con rilevanti potenzialità di profitto per tali aziende.
 
In ragione della particolare collocazione geografica occupata nel Mediterraneo, al centro delle rotte di collegamento tra Marocco, Algeria, Tunisia, Libia ed il continente europeo, l’isola ben si presta a divenire un importante territorio per la produzione e l’interscambio commerciale nel settore Halal.
La Sardegna inoltre, è caratterizzata da una rilevante vocazione all’apertura agli investimenti provenienti dal mondo estero, attualmente in fase di continuo incremento, a titolo esemplificativo è possibile citare gli investimenti relativi al fondo sovrano del Qatar (in particolar modo quelli sull’ex ospedale San Raffaele di Olbia e quelli in Costa Smeralda).
 
Nella sponda meridionale del Mediterraneo, a partire dal 2015, è previsto un incremento delle esportazioni italiane a tassi superiori rispetto alla media mondiale ed inoltre, specificatamente per i prodotti con certificazione Halal, sono elevate le possibilità di sviluppare un’ampia fetta di mercato export per beni alimentari e non.
Tuttavia, i dettami di matrice islamica sulle categorie di prodotti che possono essere definiti Halal sono ancora quasi sconosciuti non soltanto ai produttori e agli addetti dei settori interessati ma anche all’opinione pubblica e ai mass media, che non trattano, o per meglio dire si occupano sporadicamente e in maniera del tutto superficiale, di tali argomenti.
Il più noto tra gli alimenti Halal è la carne, secondo i precetti dell’Islam è assolutamente vietato e peccaminoso consumare cibi composti da carne non macellata secondo le prescrizioni, ovvero attraverso una macellazione rituale che prevede lo sgozzamento, e quindi il dissanguamento dell'animale  badando bene, nel corso della catena produttiva, di impedire che la carne Halal non venga contaminata da quella non Halal (ad eccezione del maiale che è assolutamente vietato). Il rituale islamico prevede che l’animale non sia stordito, che si invochi il nome di Dio prima di recidere la trachea e l’esofago dell'animale, intendendo in questo modo testimoniare davanti al Creatore che si uccide l'animale con la sola intenzione di nutrirsi e che la morte sopravvenga a seguito del completo dissanguamento.
Ma oltre alla carne, gli alimenti che possono essere prodotti secondo procedure che rispettino i principi di tale credo sono numerosi: il latte, le mozzarelle, i latticini ed i formaggi sono Halal se il latte utilizzato non è impuro, cioè deve essere necessariamente fermentato; per quanto riguarda i dolci ed i prodotti da forno, la certificazione Halal assicura che durante il processo di produzione non siano stati utilizzati alcolici e latte non fermentato. Ogni prodotto che include derivati di origine animali (grassi animali e proteine, antiossidanti, emulsionanti, enzimi, aromi, gelatina, glicerina e vitamine) deve essere stato prelevato da animali macellati secondo procedure Halal.
Anche per i cosmetici, il settore avicolo, specifici tipi di pasta e l’olio sono previste delle restrizioni ed quindi è possibile produrre tali categorie di beni in modalità Halal..
 
Internazionalizzare la propria produzione ed incrementare i mercati di sbocco all’estero è senza dubbio la strategia maggiormente efficace per superare la crisi e, al contempo, per incrementare i profitti e la propensione all’innovazione dei beni prodotti, avvalendosi di un bacino di sbocco più ampio e differenziato.
Spesso, tuttavia, questa rilevante possibilità non viene colta dagli operatori del settore a causa di uno scarso collegamento tra imprese e consulenti esperti in internazionalizzazione in grado di supportare gli imprenditori che intendono rivolgersi a mercati poco conosciuti e con forti difficoltà dovute alle differenze linguistiche, giuridiche e sociali che fungono da barriere all’ingresso per le imprese che vogliono affacciarsi sui mercati esteri.
   
Avv. Giorgio Bianco
Studio Legale Internazionale Giambrone Law
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