Nelle obbligazioni contrattuali internazionali la norma che disciplina l’individuazione della legge applicabile è (in Europa ancora per pochi mesi) la Convenzione di Roma del 1980. Questa convenzione è stata ratificata in Italia nel 1984 ed ora espressamente richiamata dall’art. 57 della legge 218/95 (legge sul diritto internazionale privato). Tale convenzione sarà sostituita per i paesi membri dell’unione Europa, eccezion fatta per Gran Bretagna e Danimarca, dal Regolamento n. 593/2008, chiamato anche Roma I, che entrerà in vigore il 17 dicembre 2009.

Nel nostro approfondimento commenteremo la scelta della legge applicabile sia in riferimento alla convenzione di Roma del 1980 sia per quanto concerne contratti conclusi con gli Stati membri all’Unione europea che prevedono l’applicazione della neonata normativa Roma I. Per dovere di completezza è importante sapere che il Parlamento Europeo ha distinto in due convenzioni l’ipotesi di obbligazioni contrattuali (Roma I) e l’ipotesi di responsabilità nascenti da obbligazioni extracontrattuali (Roma II). Quest’ultima si applica a far data dal 11 gennaio 2009 per tutti i fatti che abbiano dato origine a danni verificatesi anteriormente a tale data, ossia a tutti i fatti verificatesi a decorrere dal 20 agosto 2007 (data di entrata in vigore del regolamento Roma II).

L’operatore commerciale che intende porre in essere un contratto internazionale deve aver bene in mente quale legge si dovrà applicare oppure se vi sono margini di scelta sulla legge applicabile. La convenzione di Roma del 1980 lascia ampio spazio alla libertà di scelta sulla legge applicabile al contratto, infatti l’art. 3 della convezione recita quanto segue: “il contratto è regolato dalla legge scelta dalle parti. La scelta dev’essere espressa, o risultare in modo ragionevolmente certo dalle disposizioni del contratto o dalle circostanze.” Anche il regolamento Roma I abbraccia il principio internazionale della libertà di scelta ma usa una terminologia diversa per descrivere l’ipotesi di scelta tacita della legge applicabile. Nello specifico il legislatore europeo ha utilizzato il termine “chiarezza” in sostituzione del termine “ragionevole” per determinare la scelta della legge applicabile risultante dalle disposizioni del contratto. Purtroppo non abbiamo ad oggi giurisprudenza in merito al concetto di “chiarezza” ma si comprende bene quanto questo conduca i giudici ad uno scostamento interpretativo rispetto al precedente orientamento. La prima dottrina che ha commentato il nuovo dispositivo comunitario non vede una forte restrizione interpretativa sulla scelta tacita della legge applicabile, anzi sostiene il fatto che i giudici saranno più favorevolmente portati a perseguire la precedente impostazione giurisprudenziale.

Continuando nella nostra analisi comparativa, entrambe le raccolte normative prevedono l’ipotesi cd. “Depecage”. Esso consiste nella possibilità per le parti di designare la legge applicabile a tutto o solo una parte del contratto. Questo amplia molto l’autonomia delle parti, nella misura in cui consente di “costruire” una disciplina contrattuale composta di norme appartenenti a diversi ordinamenti, ad es. “neutralizzando” norme imperative di una determinata legge, attraverso il rinvio ad una legge diversa e meno severa. Facendo un esempio concreto, l’azienda italiana che, desideri sottoporre il contratto di agenzia (con soggetto straniero) alla legge italiana, senza però assumere gli obblighi previsti in materia di indennità di scioglimento dall’art. 1751 c.c., potrebbe avere interesse, ove il paese dell’agente non preveda simili forme di tutela, a sottoporre la relativa parte alle conseguenze economiche della risoluzione del contratto alla legge del paese di origine.

Ora esaminiamo l’ipotesi, molto più frequente nella prassi, della mancanza di scelta delle parti della legge applicabile. La Convenzione di Roma prevede che il contratto sia regolato dalla legge del paese col quale presenta il collegamento più stretto. Il problema sorge nella determinazione della legge del paese con il quale, il contratto presenti il collegamento più stretto. La Convenzione prevede una serie di presunzioni attraverso le quali è possibile stabilire, caso per caso, la legge applicabile; nello specifico:

In via generale si presume che il contratto presenti il collegamento più stretto col paese in cui la parte che deve fornire la prestazione caratteristica ha, al momento della conclusione del contratto, la propria residenza abituale o, se si tratta di società, la propria amministrazione centrale;

Per i contratti riguardanti immobili, si presume che il contratto presenti il collegamento più stretto col paese in cui l’immobile è situato;

Per i contratti di trasporto di merci si presume che il contratto presenti il collegamento più stretto col paese in cui il vettore ha la sua sede principale al momento della conclusione del contratto, se esse coincide con il luogo di carico o scarico o la sede del mittente.

La Convenzione indica, pertanto, i termini per l’individuazione della legge applicabile ma non specifica che cosa si intenda, nell’ambito internazionale, con il concetto di prestazione caratteristica. Tale nozione è stata chiarita dalla Relazione Giuliano - Lagarde ove nei contratti sinallagmatici la prestazione caratteristica corrisponde a quella di carattere non monetario. Ciò consiste nella prestazione per cui il pagamento è dovuto, ossia, a seconda delle diverse categorie di contratti, il trasferimento di proprietà, la consegna dei beni mobili materiali, l’attribuzione dell’uso di un bene, la prestazione di un servizio etc..

Questo sistema è stato completamente stravolto nel Regolamento Roma I che, invece di partire da un criterio generale, prevede una serie di criteri per determinare la legge applicabile ai diversi contratti, nello specifico si prevede quanto segue:

ü       Il contratto di vendita di beni è disciplinato dalla legge del paese nel quale il venditore ha la residenza abituale,

ü       Il contratto di prestazione di servizi è disciplinato dalla legge del paese nel quale il prestatore di servizi ha la residenza abituale;

ü       Il contratto avente per oggetto un diritto reale immobiliare o la locazione di un’immobile è disciplinato dalla legge del paese in cui l’immobile è situato;

ü       In deroga alla previsione sopracitata nell’ipotesi di locazione ad uso abitativo temporanea per un periodo non superiore ai sei mesi consecutivi è disciplinata dalla legge del paese nel quale il proprietario ha la residenza abituale, purché il locatario sia una persona fisica e abbia la sua residenza abituale nello stesso paese;

ü       Il contratto di affiliazione (franchising) è disciplinato dalla legge del paese nel quale l’affiliato ha la residenza abituale;

ü       Il contratto di distribuzione è disciplinato dalla legge del paese nel quale il distributore ha la residenza abituale.

Solo in via sussidiaria, ove non siano applicabili i criteri specificamente elencati, si utilizzerà il criterio della residenza abituale della parte che deve effettuare la prestazione caratteristica. Ed infine, ove nessuno di tali criteri permetta di determinare la legge applicabile, si farà riferimento alla legge del paese con il quale il contratto presenta il collegamento più stretto.

 In questo modo dovrebbe, in teoria, essere risolto il problema della determinazione della legge applicabile al contratto di concessione di vendita o distribuzione. Tuttavia, in mancanza di una definizione unitaria di contratto di distribuzione non è escluso che la giurisprudenza continui a qualificare tale contratto come compravendita, almeno fino a quanto la Corte di giustizia europea non chiarisca tale nozione.

Altra novità del regolamento Roma I è la previsione della legge applicabile in distinti articoli, rispetto a quello generale, per alcune tipologie contrattuali, quali per esempio il contratto di trasporto dove viene innanzitutto distinto il trasporto merci dal trasporto passeggeri. Nel primo caso vige il principio della libertà di scelta della legge applicabile, in mancanza si applicherà la legge del paese di residenza del vettore, a condizione che il luogo di ricezione o di consegna o la residenza abituale del mittente siano anch’essi situati in tale paese. Se tali condizioni non sono soddisfatte si applica la legge del paese in cui si trova il luogo di consegna convenuto dalle parti.

Mentre in caso di trasporto di passeggeri vi è una forte limitazione della scelta sulla legge applicabile, infatti il paragrafo 3 dell’art 5 recita “le parti possono scegliere come legge applicabile al contratto solo la legge del paese in cui:

·         il passeggero ha la residenza abituale, o

·         il vettore ha la residenza abituale; o

·         il vettore ha la sua amministrazione centrale, o

·         è situato il luogo di partenza, o

·         è situato il luogo di distribuzione.

In mancanza di scelta della legge si applicherà quella di residenza del passeggero, purché il luogo di partenza o di destinazione sia situato in tale paese. Se tali condizioni non sono soddisfatte, si applica la legge del paese in cui il vettore ha la residenza abituale.

Come il lettore potrà notare, vi è un’importante distinzione tra il trasporto di merci e di passeggeri che prima non era contemplato nella convenzione di Roma 1980.

 

Altra problematica è costituita dall’ipotesi di esclusione o meno di alcune norme imperative previste dagli ordinamenti. La convenzione di Roma prevede tre ipotesi in cui anche norme aventi carattere imperativo, unicamente a livello interno, debbono essere rispettate nonostante il contratto sia sottoposto alla legge di un altro Stato: si tratta di contratti “interni”, ciò significa che, ove le parti sottopongano ad una legge straniera un contratto che appare per il resto meramente interno, il richiamo della legge straniera sarà efficace, però non potrà pregiudicare l’applicazione delle norme imperative del paese a cui si riferiscono tutti gli altri dati di fatto rilevanti. La norma ha lo scopo di impedire che le parti utilizzino la libertà si scelta della legge applicabile per sottrarsi alla loro legge nazionale in presenza di situazioni non realmente “internazionali”. Su questo punto il Regolamento Roma I ha previsto un’estensione del principio sopra indicato a livello comunitario ciò significa che due contraenti dell’Unione Europea, che sottopongano un contratto privo di collegamenti con paesi extra-comunitari, alla legge di un paese terzo, dovranno comunque rispettare le norme imperative di diritto comunitario. Viene, inoltre, chiarito che nel caso in cui si tratti di norme trasposte negli ordinamenti nazionali (come quelle oggetto di direttive comunitarie) la norma nazionale imperativa da considerare sarà quella del foro. Per chiarire la problematica è il caso di fare un esempio pratico. Un preponente italiano ed agente francese sottopongono il contratto relativo alla promozione delle vendite in Francia (che non prevedeva collegamenti con paesi extraeuropei) alla legge australiana (onde eludere l’applicazione delle norme europee in materia di indennità) e stabiliscano il foro competente in Italia. In questo caso il giudice Italiano applicherà le norme imperative della direttiva europea sugli agenti di commercio, ed in particolare la norma italiana che da attuazione alla direttiva.

Abbiamo fin qui analizzato le norme di carattere internazionale e i principi che disciplinano il momento fondamentale della scelta della legge applicabile al contratto internazionale. Abbiamo anche ricordato a più riprese nei vari approfondimenti quanto sia importante ai fini di una risoluzione rapida e poco dispendiosa la scelta anticipata della legge applicabile al contratto. Ora passiamo ad analizzare i criteri utilizzabili ai fini della scelta della legge applicabile. In una prima parte analizzeremo le principali “alternative” che un operatore italiano potrebbe incontrare, cercando di visualizzare i vantaggi e gli svantaggi di una determinata scelta alla luce delle nuovi regolamenti europei.

Le principali opzione che un operatore italiano deve tener presenti sono le seguenti:

l’applicazione della legge italiana; l’applicazione della legge di controparte; l’applicazione della legge di un paese terzo; l’applicazione di più leggi straniere (depecage); l’applicazioni di norme unitarie come ad esempio lex mercatoria rinuncia a qualsiasi scelta.  

Di seguito analizzeremo una delle ipotesi elencate.

La scelta della legge italiana è indubbiamente molto più semplice per l’operatore nazionale, in primo luogo perché si conosce la normativa del proprio paese, in secondo luogo perché, se si adisce il giudice italiano, si faciliterà notevolmente la gestione di un’eventuale procedura sia in termini di inquadramento della fattispecie che sull’onere della prova. Proprio la semplicità che accompagna l’operatore nella scelta della propria legge nazionale porta ad una assenza dello stesso di un sufficiente livello di criticità nel visualizzare vantaggi e svantaggi di tale scelta.

Ad esempio vi possono essere delle situazioni in cui la sottoposizione del contratto alla legge di controparte si impone nei fatti in quanto presenta un collegamento più stretto. Pensiamo alla costituzione di una società di un paese straniero, essa sarà inevitabilmente assoggettata alla legge di tale paese.

Altra ipotesi problematica si verifica nel caso in cui la legge del paese di controparte impone in ogni caso il rispetto di determinate diposizioni del proprio ordinamento, quale che sia la legge applicabile al contratto. In questo caso l’operatore italiano dovrà porsi il seguente quesito: scegliere la legge italiana mi consente di escludere efficacemente la norme di applicazione necessaria del paese di controparte? Se la risposta a questo quesito sarà negativa è consigliabile rinunciare all’applicazione della legge italiana in favore di quella di controparte anche se è in parte arginabile il problema a seconda che venga adito il giudice italiano o quello straniero. Il giudice di controparte dovrà sempre rispettare le norme di applicazione necessaria del proprio paese mentre tale obbligo non è sempre così scontato nei confronti del giudice italiano. Riassumendo si deve comprendere se, in base alla propria strategia difensiva od offensiva, quale sia il foro e la legge applicabile più conveniente.

In sintesi proponiamo ora un esempio di strategia offensiva ed una difensiva. Per la prima ipotesi utilizzeremo il contratto di licenza di know-how tra un’azienda italiana (concedente) ed una straniera (licenziatario). Supponiamo che nel paese dell’azienda licenziataria viga una norma speciale che sottopone i contratti di licenza di know-how a particolari atti governativi. A prima vista sembra più conveniente al concedente italiano subordinare il contratto alla legge italiana ma, così non è. Nell’ipotesi in cui il licenziatario non abbia più intenzione di adempiere al proprio obbligo di pagamento delle royalties il concedente italiano avrà maggiore certezza di recuperare il proprio credito se avrà seguito le direttive e subordinato l’efficacia del contratto alla legge del licenziatario.

Diversamente è l’ipotesi di una strategia difensiva supponiamo in un rapporto di agenzia con una persona straniera dove è elevato il rischio di richieste di indennità di fine rapporto o simili da parte dell’agente. In questo caso è più facile per l’azienda italiana tutelarsi sottoponendo il contratto alla propria legge nazionale e scegliendo il foro italiano.