Premesso che l’art. 555 c.p.c., che disciplina la forma del pignoramento, fa espressamente riferimento, non solo ai beni immobili, ma anche ai diritti immobiliari (prescrive, infatti, che “l’atto di pignoramento deve indicare esattamente i beni ed i diritti immobiliari che si intendono sottoporre ad esecuzione”), non può che essere affermativa la risposta alla prima domanda del quesito.
Pertanto, il livello, così come l’usufrutto, l’enfiteusi, la superficie, la nuda proprietà, può certamente essere oggetto di espropriazione forzata.
Ora, nell’ambito di una esecuzione immobiliare, può sorgere il problema di stabilire quale sia la natura giuridica del livello (emergente dall’atto di provenienza o dai certificati ipotecari).
Sul punto, è opinione comune che il livello è in buona sostanza riconducibile ad un canone enfiteutico, ed è a tale istituto che dobbiamo far riferimento per esaminare le problematiche che possono sorgere nel corso del processo esecutivo.
In particolare, sono due le questioni rilevanti che possono presentarsi:
a) pignoramento del diritto di enfiteusi, in presenza di elementi processuali che facciano ritenere matura l’usucapione della piena proprietà;
b) pignoramento della piena proprietà, con certificazione notarile o altri dati dai quali si evinca che il diritto originariamente in capo all’esecutato o ai suoi danti causa fosse quello di enfiteusi (o utile dominio).
La prima ipotesi non pone particolari problemi, atteso che il diritto oggetto di pignoramento è l’enfiteusi e non potrà procedersi ad alcuna modificazione dello stesso, a meno che il creditore procedente non ritenga di rinnovare il pignoramento; le circostanze di fatto emergenti dal fascicolo potranno costituire elementi rilevanti ai fini della determinazione della base d’asta.
Diversa è invece la seconda ipotesi, in cui il diritto indicato nel verbale di pignoramento è la piena proprietà, ma emerge da uno o più elementi processuali la chiara qualificazione come enfiteusi, ovvero la verifica della originaria natura di enfiteusi a cui si aggiungono degli elementi che inducano a ritenere possibile che sia maturata l’usucapione.
Qualora il diritto esistente in capo all’esecutato sia pacificamente quello di enfiteusi, ed il pignoramento abbia riguardato la piena proprietà per un mero errore del creditore procedente, lo stesso potrà essere segnalato al G.E., il quale opportunamente sentirà le parti. Verosimilmente il creditore procedente dovrebbe chiedere al giudice di emettere un provvedimento di limitazione dell’espropriazione, restringendo in senso qualitativo l’oggetto dell’esecuzione forzata (Si potrebbe anche affermare che il G.E., sentite le parti, possa emettere un tale provvedimento in assenza della istanza del creditore procedente, esercitando i poteri di cui al combinato disposto degli artt. 558 e 496 c.p.c., ma vi sono dei dubbi al riguardo, atteso che, nel caso di specie, non si tratta di riduzione quantitativa, ma di modifica qualitativa del diritto oggetto di esecuzione, non espressamente prevista dal codice di rito).
Nel caso in cui, invece, oggetto di espropriazione sia la piena proprietà, ma emergono da un lato elementi per ritenere che quello esistente in capo all’esecutato fosse originariamente un più limitato dominio enfiteutico, e dall’altro elementi che rendano ipotizzabile l’avvenuto verificarsi di una fattispecie di usucapione, occorre una valutazione da parte del G.E.
Ovviamente, nell’ipotesi predetta, si è assolutamente fuori da un giudizio ordinario di cognizione, a meno che l’eventuale titolare del dominio diretto (ossia il soggetto passivo dell’usucapione) non ritenga di far valere il proprio diritto ai sensi dell’art. 619 c.p.c. (ovvero si insaturi altrimenti un ordinario giudizio di cognizione); inoltre, se pare senza dubbio corretto che il G.E. si avvalga della possibilità di provocare il contraddittorio tra le parti costituite sulla corretta condotta da seguire, eventualmente convocando anche il direttario (o suo avente causa), deve ritenersi, da un lato, che la convocazione di quest’ultimo non sia assolutamente necessaria per il G.E., atteso che il direttario non è parte del procedimento esecutivo, e dall’altro che le valutazioni che il giudice compia, anche nel contraddittorio delle parti, abbiano unicamente finalità di stabilire quale diritto debba essere posto in vendita, ossia, più tecnicamente, di valutare se debba essere emesso un provvedimento di limitazione dell’espropriazione al solo diritto di enfiteusi o se si possa continuare nella vendita forzata della piena proprietà; il tutto escludendo che il G.E. possa compiere alcun accertamento, né a cognizione piena, né a cognizione sommaria, data la natura del procedimento esecutivo, con la conseguenza che qualsiasi convincimento si formi il giudice, non sarà opponibile al direttario (anche se esso sia stato sentito dal G.E.), né potrà costituire elemento decisivo per la tutela della posizione dell’aggiudicatario.
Nell’ipotesi in esame, spetterà al G.E. stabilire se possa essere offerto ai potenziali acquirenti il diritto di piena proprietà o se si debba limitare l’esecuzione all’enfiteusi. Sarà opportuno che nell’avviso di vendita venga riportata la menzione dell’avvenuta rilevazione del livello nelle ispezioni ipotecarie, al fine di rendere edotto l’offerente della particolarità del caso.
Avv. Alan Binda (Foro di Lecco)