La questione è estremamente interessante; anche se deriva da una dignitosa “battaglia” tra dentisti e produttori musicali, riveste una notevole rilevanza per la materia del diritto d’autore e andrà ad incidere sull’attività di migliaia di liberi professionisti, oltre che – in modo indiretto ed involontario – su tutti i loro clienti.

Si è arrivati fino alla Corte di Giustizia europea per stabilire – in modo inequivoco – che nessuna pretesa economica può essere esercitata dai produttori discografici per la musica diffusa all’interno degli studi professionali; può sembrare una ovvietà, una derivata e banale logica interpretativa, ma la vicenda di cui ci occupiamo ha una valenza notevole e potrà tracciare un “solco” nelle nuove frontiere delle comunicazioni in generale.

Con un’articolata quanto esauriente motivazione, la Corte di Giustizia ha precisato che la «comunicazione al pubblico», che dà diritto alla equa remunerazione da parte dei produttori, non comprende la diffusione gratuita di fonogrammi effettuata all’interno di uno studio odontoiatrico privato, esercente attività economica di tipo libero-professionale, a beneficio della relativa clientela e da questa fruita indipendentemente da un proprio atto di volontà. Siffatta diffusione non dà, pertanto, diritto alla percezione di un compenso in favore dei produttori fonografici.

Vediamo in sintesi in quali “ambiti giuridici” si è svolta la vicenda.

L’articolo 73, comma 1 della legge sul diritto d’autore riconosce al produttore di fonogrammi, nonché gli artisti interpreti e gli artisti esecutori che abbiano compiuto l’interpretazione o l’esecuzione fissata o riprodotta nei fonogrammi - indipendentemente dai diritti di distribuzione, noleggio e prestito loro spettanti – il diritto ad un compenso per l’utilizzazione a scopo di lucro dei fonogrammi a mezzo della cinematografia, della diffusione radiofonica e televisiva, ivi compresa la comunicazione al pubblico via satellite, nelle pubbliche feste danzanti, nei pubblici esercizi ed in occasione di qualsiasi altra pubblica utilizzazione dei fonogrammi stessi. L’esercizio di tale diritto spetta al produttore, il quale ripartisce il compenso con gli artisti interpreti o esecutori interessati.

Il successivo articolo 73 bis della stessa legge  riconosce altresì il diritto ad un equo compenso anche quando l’utilizzazione del fonogramma è effettuata a scopo non di lucro.

Sulla base di tali riconoscimenti normativi, la SCF (che svolge, in Italia e all’estero, attività di «collecting» quale mandataria per la gestione, la riscossione e la ripartizione dei diritti dei produttori fonografici consorziati), aveva avviato con l’Associazione Nazionale Dentisti Italiani una trattativa finalizzata alla stipula di un accordo collettivo per quantificare un equo compenso (ai sensi degli articoli 73 o 73 bis della legge del 1941), per ogni «comunicazione al pubblico» di fonogrammi, inclusa quella effettuata presso studi professionali privati.

Le trattative non hanno sortito gli esiti auspicati, pertanto la SCF ha ritenuto di convenire in giudizio un dentista - in una sorta di “causa pilota” - dinanzi al Tribunale di Torino, al fine di far accertare che la musica di sottofondo dallo stesso radiodiffusa nel proprio studio dentistico privato costituisse oggetto di protezione e che tale attività, costituendo «comunicazione al pubblico» ai sensi della legge sul diritto d’autore italiana  e della normativa europea, fosse assoggettabile alla corresponsione di un equo compenso.

Il Tribunale di Torino rigettava le domande della SCF, escludendo che nel caso in esame

- sussistesse “comunicazione a scopo di lucro”

- la situazione determinata dalla diffusione di musica in uno studio professionale privato, poiché non incidente nella scelta operata dai pazienti del dentista, rientrasse tra le fattispecie previste dall’art. 73 bis.

In sostanza, secondo il Tribunale di Torino, lo studio medico dentistico è un luogo privato e, come tale, non assimilabile ad un luogo pubblico o aperto al pubblico, atteso che i pazienti non possono considerarsi come “pubblico indifferenziato”; gli stessi, singolarmente individuati, possono avere accesso nello studio privato previo appuntamento e, comunque, su consenso del dentista.

La SCF non si è arresa e ha proposto appello avverso tale sentenza; la Corte d’appello di Torino investita della questione, al fine di fugare definitivamente ogni dubbio sul “se” la diffusione di fonogrammi all’interno di studi di liberi professionisti sia inclusa nella nozione di «comunicazione al pubblico», ha sospeso il giudizio e sottoposto alla Corte di Giustizia europea alcune questioni pregiudiziali. Ciò che rilevava maggiormente per la Corte torinese era definire

- se le rispettive nozioni di “comunicazione al pubblico” contenute nei testi di diritto convenzionale coincidano con quelle comunitarie, e in caso negativo quale fonte debba prevalere;

- se la diffusione gratuita di fonogrammi effettuata all’interno di studi odontoiatrici privati esercenti attività economica di tipo libero-professionale, a beneficio della relativa clientela e da questa fruita indipendentemente da un proprio atto di volontà, costituisca “comunicazione al pubblico”, ovvero “messa a disposizione del pubblico” ai fini dell’applicazione del principio contenuto nella direttiva  comunitaria;

- se tale attività di diffusione dia diritto alla percezione di un compenso in favore dei produttori fonografici.

La Corte di Giustizia, dopo aver richiamato in modo estremamente dettagliato e minuzioso norme e principî (sia italiani che comunitari), ha pregevolmente affrontato la questione muovendo proprio dal “ruolo imprescindibile dell’utente”, del quale si era già occupata quando ha dovuto precisare alcuni elementi intrinseci nella nozione di “pubblico”.

Questo concetto, ad avviso della Corte, è relativo ad un numero indeterminato di destinatari potenziali; e comprende, peraltro, un numero di persone piuttosto considerevole.

Dovendo precisare quando sussista «comunicazione al pubblico» in considerazione del carattere «indeterminato» del pubblico, la Corte aveva già precisato che la situazione si determina se si riesce a «rendere un’opera (…) percepibile in modo adeguato dalla gente in generale, vale a dire senza limitazioni ad individui specifici appartenenti ad un gruppo privato».

Relativamente, poi, al criterio attinente ad un «numero di persone piuttosto considerevole», al fine di determinare tale numero la Corte ha tenuto conto degli effetti cumulativi che derivano dal fatto di mettere a disposizione opere presso destinatari potenziali; precisando che sotto questo profilo è rilevante non soltanto sapere quante persone abbiano accesso contemporaneamente alla medesima opera, ma altresì quante fra di esse abbiano accesso alla stessa in successione.

In terzo luogo, la Corte ha dichiarato che il carattere lucrativo di una comunicazione al pubblico non è privo di rilevanza. Siffatta conclusione vale a maggior ragione in presenza del diritto ad un’equa remunerazione, alla luce della natura essenzialmente economica di tale diritto.

In modo più specifico, la Corte aveva già affermato che l’intervento effettuato dal gestore di un albergo, che dà accesso a un’opera radiodiffusa ai suoi clienti, deve essere considerato come una prestazione di servizi supplementare fornita al fine di trarne un certo utile, nella misura in cui l’offerta di questo servizio influisce sulla categoria dell’albergo e quindi sul prezzo delle camere. In modo analogo la Corte aveva giudicato che la trasmissione di opere radiodiffuse da parte del gestore di un bar-ristorante è effettuata allo scopo - ed è idonea - ad incidere sulla frequentazione del locale e, in fin dei conti, sui risultati economici dello stesso.

La Corte, quindi, ha dato per sottinteso che il pubblico oggetto della comunicazione, da un lato, costituisce ciò a cui mira l’utente e, dall’altro, è ricettivo, in un modo o nell’altro, alla comunicazione di quest’ultimo, e non è «intercettato» casualmente.

Pertanto, proprio alla luce di tali criteri, che la Corte ha valutato se un dentista che diffonde fonogrammi in presenza dei propri pazienti, come musica di sottofondo, effettui un atto di comunicazione al pubblico, ai sensi delle nome che tutelano i produttori e gli interpreti e/io esecutori.

Ed ha detto “NO”:

- i pazienti di un dentista, pur trovandosi all’interno della zona di copertura del segnale recante i fonogrammi, possono fruire di questi ultimi unicamente grazie al deliberato intervento del dentista

- i clienti di un dentista formano un complesso di persone la cui composizione è in larga misura stabile e che, pertanto, costituiscono un insieme di destinatari potenziali determinato (non si tratta di «gente in generale»);

- riguardo all’importanza del numero delle persone per le quali il dentista rende udibile il fonogramma diffuso, la Corte ha precisato che tale pluralità di persone è scarsamente consistente, se non persino insignificante, dal momento che l’insieme di persone simultaneamente presenti nel suo studio è, in generale, alquanto ristretto;

- un dentista che diffonde fonogrammi in presenza dei suoi pazienti, quale musica di sottofondo, non può ragionevolmente aspettarsi un ampliamento, unicamente in virtù di tale diffusione, della clientela del proprio studio, né aumentare il prezzo delle cure prestate. Ne consegue che siffatta diffusione non è idonea, di per sé, ad incidere sugli introiti di tale professionista;

- dal complesso delle suesposte considerazioni discende che un dentista che diffonde gratuitamente fonogrammi nel suo studio a favore dei suoi clienti non effettua una «comunicazione al pubblico» assoggettabile alla disciplina in materia di diritti connessi.

I dentisti hanno vinto, dunque; a differenza degli albergatori, dei ristoratori e dei gestori di altri esercizi pubblici. E di questa vittoria beneficeranno, indubbiamente, tutti i professionisti che scelgano di diffondere “musica di sottofondo” nei loro studi privati.

Si può legittimamente ritenere, tuttavia, che questa sentenza costituisca un solido precedente anche in relazione ad altre forme di “comunicazione al pubblico”; il principio enunciato dalla Corte di Giustizia, infatti, potrà essere invocato per le innumerevoli modalità di trasmissione di dati diverse dalla musica ed astrattamente tutelate dalle norme in materia di diritto d’autore.
 

  Italo Mastrolia
avvocato in Roma