Sulla ormai celebre sentenza dello scorso febbraio (Cass. n. 3340/2015), con cui la Cassazione ha definitivamente escluso che Francesco De Gregori abbia plagiato la canzone “Zingara”, si è scritto e discusso molto; è ormai generalmente acquisito il concetto secondo cui, in tema di plagio di un’opera musicale, un frammento poetico-letterario di una canzone che venga ripreso in un’altra non costituisce di per sé plagio dell’opera se costituisce, in modo chiaro e netto, uno scarto semantico rispetto a quello che ha avuto nell’opera anteriore. Con questa sentenza, dai toni affascinanti e “poetici”, la Cassazione ha escluso il plagio per l’innesto di un “frammento” altrui nel nuovo testo poetico- letterario qualora lo stesso non conservi una identità di significato poetico-letterario del brano precedente.
A meno di un mese da quella sentenza, la Cassazione è tornata sul concetto di plagio letterario, anche se in tema di opere cinematografiche e teatrali; ed ha ribadito il medesimo sostanziale concetto:
Non sussiste il plagio allorché gli elementi di somiglianza esistenti tra due opere abbiano un carattere secondario e non essenziale (respinta, nella specie, la domanda avanzata da un attore che aveva chiamato in giudizio in giudizio la RAI ed una società cinematografica deducendo che un episodio di una serie televisiva da loro prodotto e trasmesso costituisse plagio di un'opera teatrale a lui scritta; la Corte ha rilevato che i testi delle due opere avevano come base la stessa idea ossia la storia di una coppia che non poteva avere figli, ma questa situazione non poteva considerarsi nuova e originale e, quindi, neanche suscettibile di protezione e in ogni caso, l'opera televisiva, pur riprendendo sia nella struttura narrativa e nei dettagli scenici il lavoro del ricorrente, non ne costituiva una derivazione)” (Cass. Civ., Sez. VI, 2 marzo 2015, n. 4216).
La Suprema Corte è tornata ad osservare che la creatività, nell'ambito delle opere dell'ingegno, non è costituita dall'idea di per sé, ma dalla forma della sua espressione, ovvero dalla sua soggettività, di modo che la stessa idea può essere alla base di diverse opere d'autore, come è ovvio nelle opere degli artisti, le quali tuttavia sono o possono essere diverse per la creatività soggettiva che ciascuno degli autori spende, e che, in quanto tale, rileva per l'ottenimento della protezione.
Sebbene la Cassazione abbia ribadito che “si ha violazione dell'esclusiva non solo quando l'opera è copiata integralmente (riproduzione abusiva in senso stretto), ma anche quando si ha contraffazione dell'opera precedente, contraffazione la quale implica delle differenze oltre che delle somiglianze”, ha precisato che, al fine di valutare se c'è o meno contraffazione, non è determinante - per negarla - l'esistenza di differenze di dettaglio: ciò che conta è se i tratti essenziali che caratterizzano l'opera anteriore siano riconoscibili nell'opera successiva (e richiama il proprio principio espresso con la sentenza n. 7077 del 1990).
Insomma, al pari della questione De Gregori – “Zingara”, anche per la vicenda relativa alle opere teatrali e cinematografiche la Cassazione si è attenuta ai suddetti principi; e, pur riconoscendo la sussistenza di elementi di somiglianza tra le due opere, ha escluso il plagio perché agli stessi  andava riconosciuto un carattere secondario e non essenziale.
La tendenza dei Giudici di legittimità è quella di arginare il facile riconoscimento del plagio a qualsivoglia ipotesi di somiglianza o, addirittura, di identica citazione di frammenti delle opere.
È un chiaro riconoscimento, ad avviso di chi scrive, di quanto sia ormai inevitabile -nei vari settori “creativi”- subire il condizionamento delle opere precedenti e cedere alla tentazione di attingere dalle stesse ‘frammenti’ o intuizioni; ma, anche in questa evoluzione interpretativa estensiva, sembra davvero che si conservi ancora ugualmente un’attenzione rigorosa per la tutela del diritto d’autore, proteggendo sempre l’essenza dell’opera.
Italo Mastrolia