E’ stato chiesto allo scrivente di dare parere sulla liceità della condotta commerciale che viene descritta appresso, nel contesto indicato.

(I nomi sono cambiati per proteggere la privacy).

L'azienda “Patron” è titolare di un software di gestione della clientela, ad uso di una propria rete di promotori finanziari (d’ora in poi “programma-base” ).

L'azienda “Minor” ha inventato e commercializzato (soprattutto presso la rete di promotori suddetta) un programma denominato “Flasherback” che, affiancandosi al “programma-base”,  consente l'esecuzione di "macro" o "scorciatoie", rendendo più efficiente il lavoro dei suoi promotori finanziari.

In particolare queste scorciatoie, consistenti nella gestione e traduzione di visualizzazioni del programma-base, consentono fra l’altro all'utente di esportare dati anagrafici in forma agevolata, con l'effetto finale di facilitare la creazione di una propria banca dati contenente i dati anagrafici delle aziende clienti, e le caratteristiche di ogni singola operazione compiuta dalle stesse. 

Risulta che questa esportazione di dati anagrafici sia operazione di per se’ effettuabile anche senza la scorciatoia, sebbene in forma più tortuosa e meno efficiente.

La creazione e detenzione di una propria banca dati anagrafica, da parte dei promotori finanziari, è sotto la responsabilità degli utenti di “Flasherback”.

ll quesito si sostanzia nell’interrogativo se vi possa essere violazione di know-how, di diritto d'autore, concorrenza sleale, o comunque qualsiasi altra forma di illecito civile penale, nel fatto di consentire la traduzione informatica e un miglior sfruttamento del programma-base. 

Si chiede inoltre se, nel caso di utilizzo improprio da parte del promotore finanziario, o contrattualmente scorretto, o penalisticamente rilevante, di tale banca dati, possa ravvisarsi una corresponsabilità extracontrattuale a carico della ditta “Minor”, di tipo agevolativo dell'illecito dell'utente.

Si presuppone che, diversamente da altra casistica più nota, l'azienda “Patron” non agisca in situazione di “posizione dominante” ai sensi delle normative europee.

Si presuppone inoltre, alla stregua di quanto descritto dal proponente il quesito, che l'affiancamento di un software proprio sul software “Patron”, da parte della “Minor”, produce un “ampliamento" della capacità di manovra dell'utente, senza alcun modo limitare o ridurre le funzionalità preesistenti.

Quindi potrebbe dirsi che l'azienda “Patron” viene anche avvantaggiata da "Flasherback", in quanto si tratta di software capace di aumentare l'efficienza dei promotori.


PARERE

Premessa

Innanzitutto, preme evidenziare che il software “Flasherback” pare possedere, stando alle caratteristiche descritte, sufficienti caratteri di originalità e creatività idonei a sostanziare un “diritto di esclusiva” a titolo di diritto d’autore. Esso infatti, pur risolvendosi nell’organizzazione di idee e nozioni anche semplici e già note, propone comunque una riorganizzazione personale e ideativamente autonoma di tali idee e nozioni[1].

S’intende che la “novità” e “originalità” del programma attiene all’attitudine ad una soluzione utile di problemi che si trova a fronteggiare l’utente, anche in presenza, nel mercato, di altre soluzioni equipollenti purché già oggetto di privativa[2]. L’importante è che vi sia un apporto nuovo che esprima una soluzione originale di un problema tecnico. Tale apporto può anche consistere nel semplice perfezionamento e rielaborazione di nozioni precedentemente note, sempre purché la rielaborazione abbia la caratteristica di un contributo intellettuale non alla portata di tutti, il risultato, non già ottenibile facilmente con altri mezzi già diffusi, si risolva obiettivamente in una concreta facilitazione dell’utente.

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Per inquadrare correttamente la fattispecie è bene prendere le mosse da alcune considerazioni.

Innanzitutto è rilevante il fatto che da parte dell'azienda “Minor” non si attuino modifiche del codice sorgente della “Patron”, ne’ si attui qualsivoglia forma di modifica del programma.

Appare altresì rilevante il fatto che lo sviluppo di “Flasherback" avvenga senza neppure accedere al linguaggio di programmazione del programma primario.

L'azione del softwarista della "Minor", durante la lavorazione, e durante le operazioni di accesso al programma-base, si limita a osservare e studiare alcune visualizzazioni dell’applicazione-base, allo scopo di realizzare una “interoperatività" con il proprio software "Flasherback".

Tale “studio”, diretto a consentire che un nuovo software possa “innestarsi” su altro software preesistente (insomma: affiancandolo),  è lecita, purché l’osservazione, lo studio, e la sottoposizione a prova del funzionamento del programma siano attuati durante operazioni di caricamento, visualizzazione, esecuzione, trasmissione o memorizzazione del programma (art.64 ter L.633/41).

Si nota incidentalmente, accedendo a una tesi invalsa, che il vocabolo "riproduzione" utilizzato dal legislatore in tale contesto, si riferisce promiscuamente sia alla duplicazione, sia al caricamento del software.

Peraltro, anche la “modifica” della forma del codice è lecita, qualora essa sia indispensabile per ottenere le informazioni necessarie per conseguire l'interoperabilità, con altri programmi, di un programma per elaboratore creato autonomamente.

A a sua volta questo principio soffre di alcuni limiti:

che le informazioni necessarie per conseguire l'interoperabilità non siano già facilmente e rapidamente accessibili all’utente, e che le predette attività siano limitate alle parti del programma originale necessarie per conseguire l'interoperabilità. Condizioni che nel caso di specie ci paiono osservate.

Tuttavia, quanto detto finora, va chiarito alla luce di un'importante precisazione: cioè che, colui che pretende di sviluppare un software interfacciandolo con una "piattaforma" preesistente, al fine di realizzare l'interoperatività con altro programma autonomo e di propria creazione, deve a sua volta essere licenziatario d'uso del software.

Allo stato dei fatti, si direbbe che l'unico elemento critico della posizione giuridica del richiedente il parere, consista proprio nel fatto che egli non è tecnicamente licenziatario del software; pertanto, all'atto dello studio e sviluppo del programma autonomo (Flasherback), egli non sarebbe legittimato ad accedervi, ne’ a titolo di “osservatore” o “studioso” distaccato che svolga solo operazioni di visualizzazione, ne’ a titolo di modificatore/compilatore/traduttore.  Parrebbe dunque che anche il mero “accesso” al software altrui, senza essersi prima dotati di licenza d'uso, costituisca “infringement” dell'altrui diritto.  In effetti, quando l'esame dell’altrui software è una conditio sine qua non per poter sviluppare il proprio, occorre comunque il presupposto legittimante a monte, cioè la titolarità di licenza d’uso.

D'altra parte, se la “Minor” sviluppa il proprio programma di importazione dati senza un accesso diretto al programma-base, ma adattando il proprio software sulla base delle indicazioni provenienti dal proprio cliente, licenziatario d’uso del programma-base, non si può verificare alcun “infringement”, dal momento che viene superato ogni rapporto, sia di studio sia di manipolazione, fra lo sviluppatore e il programma-base.   In questo senso, nella misura in cui il software “Flasherback” è frutto di lavorazione autonoma, con un mero adattamento ab externo sulla base delle indicazioni del singolo cliente, la mancanza di licenza non può essere di ostacolo allo sviluppo del softare interoperativo.

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Prendiamo l’ipotesi peggiore per valutare i possibili rischi legali.

Supponiamo quindi che anche l’esame “ab extra” del software della “Patron”, costituisca un caso di “utilizzo” non autorizzato.

C’è un illecito penale ?

Un’analisi della pur sovrabbondante casistica avuta in mente dal legislatore nazionale, consente di poter ragionevolmente escludere si attagli al caso di specie una fattispecie legale penale.

Al peggio teoricamente potrebbe arrivarsi, alla distruzione e rimozione dei supporti che vengano riscontrati in violazione del diritto d'autore. Ciò solo in sede civilistica, e ribadendo che ciò potrebbe avvenire solo dietro accanimento persecutorio della “Patron”, e comunque in uno scenario alquanto pessimistico, e solo dimostrando una partecipazione attiva della “Minor” nella fase di “esame” del prodotto-base.

In sede amministrativa, la sanzione per la lesione del software  è piuttosto elevata, e moltiplicabile (salvi gli effetti della “continuazione”) per ogni esemplare duplicato o riprodotto in violazione.

Senonché la sanzione amministrativa risulta esclusivamente collegata all'illecito penale: mancando l’uno, viene meno il presupposto per l'altra. Dunque nessun timore, neppure in astratto, di un aggravio sanzionatorio di tipo burocratico.

Rimane, in sede civile, l’ipotesi, a favore del soggetto che si ritiene leso, di un risarcimento dei danni.

Ricordiamo che il diritto al risarcimento dei danni presuppone la dimostrazione che si sia attuato, al momento della domanda, un danno patrimoniale effettivo.

In relazione a ciò, si osserva che l'eventuale “infringement” descritto avviene in un contesto commerciale tale da escludere qualsiasi concreto danno economico.

Infatti:

-        non c'è rapporto di concorrenza attuale fra i due soggetti in gioco in relazione all'attività di esportazione dati;

-        l'applicazione fatta da “Minor” non va a incidere sulle vendite della "Patron" (anzi, casomai le vendite saranno incentivate dalla presenza di un’implementazione che facilita l’uso del prodotto;

-        nessuna riduzione di immagine può accampare la “Patron”;

-        la “Patron” rimane libera di sviluppare propri software nella stessa direzione della “Minor”.

Oltre a ciò, in nessum modo la “Patron” potrebbe agire per inibire l’ulteriore commercializzazione del prodotto “Flasherback”, o la rimozione dei programmi già installati, in quanto, come già detto, la “Minor”, nella realizzazione di “Flasherback”, non ha avuto bisogno di accedere direttamente al programma-base, essendo sufficiente una mera operazione ab externo di adattamento del proprio programma alle particolari esigenze dell’utente. 

Rimane da esaminare se possa configurarsi una ipotetica corresponsabilità della “Minor” in eventuali operazioni commesse dai suoi clienti in violazione degli accordi contrattuali diritto d’autore di “Patron”.

La “Minor” è sicuramente esente da ogni possibile responsabilità nella misura in cui:

-        vincola contrattualmente il proprio acquirente ad utilizzare il software in modo legittimo e senza violazione dei diritti del terzo (tale circostanza non è necessariamente posta in forma esplicita nel contratto, ma la sua presenza aiuta a creare una presunzione di buona fede della “Minor”);

-        non cede “Flasherback” a utenti che le abbiano dichiarato la propria intenzione di utilizzare il software in modalità tale da configurare violazione del diritto di “Patron”, anche solo per violazione di pattuizioni contrattuali, sempre che esse siano conosciute dalla “Minor”;

-        non cede “Flasherback” a utenti che sappia essere in possesso del programma di “Patron” senza essere però provvisti di un diritto d’uso;

-        la lesione dei diritti (assoluti o contrattuali) della “Patron” sia conseguenza unica di una iniziativa propria dell’utente licenziatario.

E’ certo, in ogni caso, che la “Minor” non ha un “dovere di controllo” attivo: essa cioè non ha un obbligo di sincerarsi positivamente che il proprio licenziatario o acquirente non compia abusi nei confronti della casa-madre;  rimane, altrettanto certamente, l’obbligo generale di correttezza professionale (art.2598 n.3 c.c.), estrinsecantesi nell’evitare tutti quei comportamenti commerciali che in un determinato segmento di mercato sono qualificati come contrari alle normali prassi generalmente accettate, e siano idonei a danneggiare l’altrui azienda.

Ciò potrebbe avvenire, per esempio, quando la “Minor“ si accreditasse falsamente di essere licenziataria della “Patron”, o autorizzata a compiere determinate operazioni, o si accreditasse titolare del programma-base, o quando diffondesse informazioni che la “Patron” può ritenere legittimamente come “riservate”, o informazioni false idonee a screditarne i prodotti.

avv.Enrico Gorini

Rimini



[1] cfr. Cass.civ. 12/1/07, n. 581

[2] cfr. cass.24/11/86, in Foro it.87