Purtroppo si tratta dei casi in cui il lieto evento della nascita è collegato al verificarsi di eventi spiacevoli per la famiglia. Il congedo di paternità, la relativa indennità di paternità erogata dall’Inps per tutto il periodo di congedo, spetta ai lavoratori padri, siano essi dipendenti da aziende private, o da amministrazioni pubbliche e senza che la madre abbia la qualifica di lavoratrice, ma al solo verificarsi di alcuni eventi e condizioni, che sono le seguenti:

* La morte della madre del neonato;

* Grave infermità della madre;

* Abbandono del figlio da parte della madre;

* Affidamento esclusivo del bambino al padre.

Sono previsti per Legge 3 mesi di astensione e indennità di maternità.

In tutti questi casi la durata del congedo di paternità è pari al periodo di astensione obbligatoria post partum non fruito dalla madre. L’indennità spetta, come abbiamo detto, anche se la madre non è una lavoratrice, ovviamente il padre deve essere un lavoratore. Il diritto è però legato all’età del bambino, più precisamente spetta l’astensione e l’indennità fino al giorno del compimento del terzo mese di età del figlio neonato.

Il riconoscimento del congedo di paternità e le tutele per il padre - Gli eventi legati al riconoscimento del congedo di paternità sono di portata negativa rispetto alla nascita del bambino. Approfondendo l’aspetto relativo al riconoscimento del congedo al padre e le tutele ad esso spettanti nell’assenza da lavoro tutelata quale è il congedo di paternità. La morte della madre, evento decisamente tragico, comporta l’automatico riconoscimento del congedo di paternità e dell’indennità dell’Inps. Non sono rilevanti a tal fine le cause della morte, se legate al parto oppure no.

Nel caso di grave infermità della madre, la malattia deve essere valutata da un medico dell’Inps sulla base della documentazione sanitaria rilasciata dall’Asl territorialmente competente o da una struttura pubblica ospedaliera. La finalità di tale valutazione è quella di verificare l’impossibilità della madre di accudire il bambino neonato nel periodo di astensione obbligatoria dopo il parto. Il medico dell’Inps per tale valutazione può richiedere ulteriori destinazioni. Se la madre affetta da grave infermità è una lavoratrice, ha diritto alla percezione dell’indennità di malattia anche nel periodo durante il quale il padre del bambino appena nato percepisce l’indennità di paternità.

Abbandono del figlio. Quando l’abbandono da parte della madre avviene durante i tre mesi successivi al parto, la madre decade dal diritto alla percezione del congedo di maternità post partum, diritto che viene acquisito dal padre come indennità di paternità. La percezione dell’indennità e l’astensione sarà per il periodo restante, sempre fino al compimento di tre mesi di età del bambino.

Affidamento e adozione. In questi casi il congedo di paternità scatta se la madre adottiva o affidataria non abbia chiesto di avvalersi dell’astensione obbligatoria. Oppure, quando capita un evento come il decesso della donna o una situazione di grave infermità. In questo caso il congedo di paternità spetta per la parte residua non fruita dalla donna. Il diritto di fruire di un congedo non retribuito in sostituzione totale o parziale del congedo di maternità per il periodo di permanenza all’estero in caso di adozioni internazionali, è riconosciuto al padre se la madre non ne usufruisce. L’ente autorizzato che cura la procedura di adozione deve certificare la durata della permanenza all’estero.

Il divieto di licenziamento e diritto alla conservazione del posto. Al padre lavoratore dipendente che fruisce del congedo di paternità spettano tutti i diritti riconosciuti alla madre nel caso di astensione obbligatoria per congedo di maternità. Uno dei principali è quello relativo al divieto di licenziamento, che opera per tutta la durata del congedo e fino al compimento di un anno di età del bambino. E’ prevista la nullità del licenziamento, salvo che non sia stato intimato per giusta causa, giustificato motivo, cessazione dell’attività o decorso del termine di un contratto a tempo determinato.

Diritto alla conservazione del posto. Ovviamente, operando il divieto di licenziamento, il padre ha anche diritto alla conservazione del suo posto di lavoro. Il lavoratore ha diritto a rientrare nella stessa unità produttiva ove era occupato all’inizio del periodo di fruizione dell’astensione obbligatoria, oppure in un’altra unità, ma ubicata nello stesso comune. Tale diritto permane fino al compimento di un anno di vita del bambino. Ha diritto, ovviamente, ad essere adibito alle mansioni svolte prima del periodo di assenza o comunque a mansioni equivalenti.

Dimissioni del padre lavoratore. Per quanto riguarda la possibilità del lavoratore di richiedere le dimissioni dal lavoro, la Legge stabilisce che fino al compimento di un anno di età del bambino, l’eventuale dimissione deve essere convalidata preso il servizio ispettivo della Direzione Provinciale del Lavoro. Questo per scongiurare ipotesi di dimissioni con vizio di volontà.

La domanda e l’indennità di paternità. Il padre lavoratore dipendente che ha diritto al congedo di paternità e alla percezione dell’indennità dall’Inps, e voglia usufruirne, deve presentare apposita certificazione che attesta il possesso dei requisiti che gli danno diritto all’astensione. La certificazione va presentata sia al datore di lavoro che all’Inps. Nell’ipotesi di morte della madre, il richiedente deve produrre il relativo certificato di morte. In luogo di tale certificato, l’interessato può sottoscrivere dichiarazione sostitutiva di certificazione, se trattasi del decesso del coniuge, ovvero, dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, se trattasi di genitore non legato al richiedente da vincolo matrimoniale. Riguardo all’ipotesi di abbandono del figlio da parte della madre, occorre distinguere a seconda che la donna abbia riconosciuto o meno il bambino. In caso di mancato riconoscimento, il padre del neonato deve rendere dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà attestante il mancato riconoscimento del figlio da parte dell’altro genitore; dalla predetta dichiarazione deve, altresì, risultare che il figlio è soggetto alla potestà del richiedente e non è in affidamento presso terzi. In caso di abbandono successivo al riconoscimento, l’interessato, unitamente alla dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, deve presentare copia del Provvedimento con il quale il Giudice si è pronunciato in merito alla decadenza della potestà dell’altro genitore. In attesa di tale Provvedimento, può essere validamente presentata copia dell’istanza, inoltrata dal genitore interessato, diretta ad ottenere il Provvedimento. Nell’ipotesi di affidamento esclusivo del figlio, il padre interessato è tenuto a presentare copia del Provvedimento con il quale il Giudice ha disposto l’affidamento stesso.

Con particolare riguardo alla Sentenza di separazione, la circostanza che il figlio venga “genericamente” affidato al padre o alla madre non integra l’ipotesi dell’affidamento esclusivo. Occorre, infatti, accertare che l’affidamento sia disposto in favore di un “solo genitore”, cioè il padre in questo caso. In caso di grave infermità, fermo restando che la Legge non prevede ipotesi tipiche integranti la fattispecie in esame, né la necessaria ospedalizzazione della madre inferma, il padre che intenda fruire del congedo di paternità è tenuto, in ogni caso, a fornire specifica certificazione medica. Detta certificazione dovrà essere trasmessa ed esaminata dal medico della sede Inps, il quale dovrà valutare la compatibilità dell’infermità in rapporto all’assolvimento dei compiti di cura ed assistenza del neonato. In questi casi, certificati medici rientrano tra i documenti per i quali non può essere, ovviamente, presentata autocertificazione.

Calcolo dell’indennità di paternità. Per quanto riguarda la misura dell’indennità di paternità erogata dall’Inps, la normativa è la stessa prevista per l’indennità di maternità, con una prestazione dell’Inps pari all’80%. La percentuale si calcola sulla retribuzione giornaliera percepita dal lavoratore che può essere, secondo i vari casi, la retribuzione media convenzionale giornaliera o la retribuzione media globale giornaliera. I contratti collettivi nazionali possono prevedere un’integrazione nella misura del 100% della retribuzione normalmente spettante, quindi, con il 20% coperto direttamente dal datore di lavoro.