La riforma rappresenta un’importante evoluzione nella storia della previdenza italiana: essa è infatti incentrata sullo sviluppo di un sistema pensionistico basato su due “pilastri”, di cui il primo è rappresentato dalla previdenza obbligatoria (erogata da Inps, Inpdap, Casse professionali ecc.) e assicura la pensione di base; il secondo, è rappresentato dalla previdenza complementare per l’erogazione di trattamenti pensionistici complementari del sistema obbligatorio al fine di assicurare più elevati livelli di copertura previdenziale. Al fine di consentire la formazione di una pensione complementare più significativa, dal 1° gennaio 2007 è entrato in vigore, con un anno di anticipo sul previsto, il D.Lgs. 252/2005 (Legge n. 296/2006, art. 1, commi 749-754), che trova la sua applicazione solo con riferimento ai lavoratori dipendenti.
Per il settore pubblico, invece, rimane in vigore il D.Lgs. n. 124/1993.
Al fine di consentire un avvio privo di incertezze sono stati varati due decreti del 30 gennaio 2007 attuativi di altrettante disposizioni contenute nella Finanziaria 2007:
• decreto attuativo del comma 757 dell’art. 1: detta le norme del Fondo tesoreria istituito presso l’ Inps;
• decreto attuativo del comma 765 dell’art. 1: viene istituito il fondo di pensione complementare residuale gestito presso l’Inps, e denominato FONDINPS.

Le forme pensionistiche complementari si distinguono in collettive ed individuali. Sono forme collettive:

a) Fondi preesistenti

A tali fondi fanno parte i soggetti iscritti (vecchi iscritti) ad una data precedente il 15 novembre 1992. Nascono da accordi aziendali o interaziendali e l’iscrizione può avvenire solo se il lavoratore è destinatario dell’accordo dal quale il fondo ha avuto origine. I fondi preesistenti hanno l’obbligo di adeguarsi entro il 31 maggio 2007 alla normativa degli altri fondi. I vecchi iscritti hanno la facoltà di chiedere il riscatto della posizione maturata interamente sotto forma di capitale mentre la norma attuale prevede che almeno il 50% della prestazione sia erogata come rendita.
L’ art. 23, c. 7, lett. c) del D. Lgs. n. 252/2005 dispone che , per quanto concerne il montante accumulato sino al 31 dicembre 2006, continua ad applicarsi la disciplina fiscale prevista fino a quella data , mentre per quello maturato a partire dal 1° gennaio 2007, il singolo iscritto ha la facoltà di optare per la nuova disciplina fiscale esercitando l’opzione in questo senso. La qualifica di vecchio iscritto permane anche se la posizione è stata trasferita.
Di converso va perduta se l’iscritto ha esercitato il riscatto della posizione.
b) Fondi chiusi

Sono riservati ai soggetti accomunati da determinati requisiti, quali l’essere destinatari dello stesso contratto collettivo di lavoro, di operare in un determinato territorio o regione, di appartenere ad uno specifico settore produttivo. I fondi chiusi nascono per effetto di un accordo tra lavoratori e datore di lavoro. “Chiusi” perché l’ adesione è riservata soltanto ai lavoratori individuati nell’accordo che è il negozio giuridico che esprime la volontà di dar vita ad un fondo pensione.
Non hanno la facoltà , a differenza dei fondi preesistenti, di gestire le proprie risorse direttamente, ma devono affidarsi a soggetti specializzati, quali sono banche, compagnie di assicurazione, le Sgr (Società di gestione del risparmio). Le risorse del fondo sono depositate presso la banca depositaria; le pensioni sono generalmente erogate da una compagnia di assicurazione.
Il fondo pensione negoziale è un soggetto giuridico autonomo dotato di organi propri: l’assemblea, gli organi di amministrazone e controllo, il responsabile del fondo che in genere coincide con il direttore generale.

c) Fondi aperti

I fondi aperti sono costituiti da alcuni tipi di società, assicurazioni, banche, Sgr. La gestione finanziaria del fondo aperto è svolta generalmente dalla stessa società che lo ha istituito.
Così come i fondi chiusi non hanno personalità giuridica, ma sono costituiti come patrimoni separati presso il gestore delle risorse il cui patrimonio è separato.
La differenza per il lavoratore è che l’adesione ad un fondo chiuso gli dà uno status di protagonista del fondo, nel senso che ha la possibilità di eleggere ma anche di essere eletto alle cariche sociali e quindi può partecipare alla vita del fondo. Un ulteriore differenza è rinvenibile nella modalità di adesione: mentre nei fondi chiusi è possibile soltanto l’adesione collettiva, al fondo aperto si può aderire sia su base individuale che collettiva: ciò potrebbe accadere quando non essendoci un accordo sulla destinazione del Tfr, un gruppo di lavoratori, con un accordo siglato anche dal datore di lavoro, può decidere di aderire in forma collettiva ad un fondo aperto concorrendo alla nomina dell’organo di sorveglianza del fondo.

Tra le forme pensionistiche individuali, oltre ai fondi aperti di adesione individuale, esistono anche i piani individuali pensionistici (Pip) o le forme individuali pensionistiche (Fip). Hanno lo scopo di trasformare contributi dell’ aderente ed eventualmente del datore ed Tfr in una rendita a partire dall’età in cui si matura il diritto alla pensione obbligatoria. La legge 47/2000 ha introdotto benefici fiscali sui premi versati dai sottoscrittori.
Sono forme pensionistiche che consentono una adesione anche a chi è fuori dal mercato del lavoro. Analogamente ai fondi pensione aperti, inoltre, è prevista la figura del responsabile.