Con la circolare n. 149 della fine di dicembre 2012  l’INPS modificava i criteri di calcolo del presupposto reddituale per la concessione della pensione agli invalidi civili al 100%, non più sul reddito personale dell’invalido beneficiario, ma sommando anche i redditi del coniuge. La tempistica dell’intervento è stata del tutto inopportuna visto che siamo ormai in clima preelettorale, però non si può dire che non vi fossero i presupposti per una modifica della prassi sino ad ora seguita.

Se per l’invalidità civile parziale il problema non si pone in quanto si fa riferimento esclusivamente al reddito dell’invalido, l’ambigua formulazione legislativa  di cui alla legge 33/80 sui redditi per l’invalidità totale pone effettivamente la questione del cumulo. Per decenni si è tenuto conto solo del reddito del richiedente sia con riferimento ad una specifica circolare del ministero dell’Interno (circ. n. 25287 del marzo 1981) sia in rapporto ad un precedente pronunciamento della Cassazione in vero non del tutto chiaro.

La Cassazione, però nel 2011 cambiava il proprio orientamento e con sentenza 4677 stabiliva che in caso di inabilità totale, per ottenere la provvidenza assistenziale si doveva tener conto anche dei redditi del coniuge effettuando il cumulo.

Semplificando, il contenuto della sentenza in parola si basa su tre elementi:

1.   Il testo letterale della legge

2.   La normativa di riferimento ante e post L. 33/80

3.   Il contesto reddituale per prestazioni assistenziali simili

Secondo la Suprema Corte la norma va interpretata secondo due percorsi diversi ove per l’invalidità civile parziale si fa riferimento al reddito del richiedente ( basso) mentre per quella totale è necessario valutare i redditi comulati con il coniuge (relativamente alto) . La Corte ritiene, tra l’altro, che l’elevazione del limite di reddito per gli invalidi civili assoluti per un valore più del doppio rispetto all’invalidità parziale va chiaramente riferito al reddito cumulato. Infatti l’intervento attuato dal legislatore con l’art.14 della legge 33/80, in coerenza con la precedente normativa,  non può che far riferimento alla regola del cumulo. L’approvazione di ordini del giorno da parte del legislatore dell’epoca  che impegnavano il governo ad una diversa interpretazione non si sono trasformati in provvedimenti legislativi e risultano pertanto privi di decisività.

A seguito di un forte intervento sindacale e politico (le elezioni sono vicine) l’INPS ha dovuto fare retromarcia ritirando dopo solo 15 giorni la circolare 149 emessa alla fine di dicembre. Il problema comunque si riproporrà nella prossima legislatura in quanto, contrariamente a quanto sostenuto dalle organizzazioni sindacali, l’interpretazione data dalla Cassazione sembra  conforme al dettato della legge 33/80 e quindi o si cambia la norma oppure si applica il cumulo.

Sempre a mio modesto parere sarebbe opportuno rivisitare tutta la normativa in materia di assistenza in generale e di invalidità civile in particolare. Non è possibile che il legislatore introduca in continuazione norme che modificano commi o punti di articoli di leggi precedenti determinando in tal modo confusione normativa e di conseguenza anche contrasti giurisprudenziali.

Un intervento legislativo dovrebbe essere ispirato al principio di concedere assistenza nelle situazioni di effettivo bisogno nel contesto di una valutazione complessiva dei redditi famigliari, ciò vale sia  per il diritto all’assegno assistenziale che per quanto riguarda l’assegno di accompagnamento. Quest’ultimo, di cui si è fatto negli ultimi decenni ampio abuso, viene corrisposto a prescindere da qualsiasi reddito personale o familiare, ne consegue che anche persone con alti redditi possono beneficiare di una sussistenza a carico dello Stato senza essere in una situazione di necessità.