La delicata questione degli incroci tra procedimento penale e processo tributario veniva affrontata dal legislatore del `29 scegliendo di subordinare, attraverso il sistema della "pregiudiziale tributaria" ex art. 21, comma 4, il procedimento penale alla definitivita` del contenuto dell`avviso di accertamento e, quindi, al giudicato formatosi nell`ambito del processo tributario.

L`introduzione della pregiudiziale era giustificata dalla Relazione di accompagnamento alla legge 7 gennaio 1929 n. 4 con l`esigenza di assicurare l`unita`, la certezza e la coerenza dell`accertamento giurisdizionale, pur qualificando il diritto penale tributario come diritto speciale. E l`istituto aveva senz`altro l`ulteriore merito di aver individuato un punto di equilibrio tra la tutela dell`interesse pubblico, contrassegnato dalla necessita` di rinviare i termini di prescrizione del reato fiscale, di escludere giudicati contraddittori e di sottrarre alla cognizione del giudice penale fattispecie a contenuto estimativo, e la tutela dell`interesse privato, incentrato sull`esigenza di uniformare la decorrenza dei termini prescrizionali e di evitare che il contribuente subisse eventuali denunce penali vessatorie ancor prima della definitivita` dell`accertamento tributario.

Per contro, pero`, il sistema della pregiudiziale si rivelo` di impedimento alla repressione del fenomeno crescente dell`evasione fiscale, perche` la pregiudizialita` dell`accertamento tributario - causa i lunghissimi tempi del relativo contenzioso - finiva per rallentare l`azione penale e rendere inefficace la sanzione (che, nella migliore delle ipotesi, veniva comminata solo al termine di un lunghissimo procedimento amministrativo). L`efficacia vincolante riconosciuta all`accertamento amministrativo nei confronti del giudice penale risultava, poi, certamente incompatibile con i principi costituzionali del libero convincimento (ex artt. 101 Cost., secondo cui "i giudici sono soggetti soltanto alla legge") e dell`obbligatorieta` dell`azione penale (ex art. 112 Cost., per cui "il Pubblico Ministero ha l`obbligo di esercitare l`azione penale").

Il codice di procedura penale del 1930 regolava i rapporti tra processo penale e processo tributario sulla base della prevalenza del primo rispetto al secondo.

La pendenza di un procedimento penale comportava, infatti, la sospensione necessaria del processo tributario avente ad oggetto i medesimi fatti materiali.

Inoltre, gli artt. 22, 23 e 24 comma 1 c.p.p. 1930 attribuivano al privato il potere di esperire l`azione civile in sede penale, attribuendone al giudice penale la cognizione.

Ai sensi degli artt. 25, 27 e 28 del vecchio codice di rito, per di piu`, si riconosceva alla sentenza penale un`assoluta efficacia nel giudizio tributario.

1.3 La legge 7 agosto 1982 n. 516 e il sistema del "doppio binario".

L`abbandono definitivo del sistema della pregiudiziale fu segnato dalla l. 7 agosto 1982 n. 516, con l`introduzione del principio secondo il quale il processo penale poteva avere inizio senza attendere il definitivo esito dell`accertamento dell`imposta evasa (c.d. principio del "doppio binario").

L`art. 12 della l. n. 516/1982 stabiliva che "in deroga a quanto disposto dall`articolo 3 del codice di procedura penale il processo tributario non puo` essere sospeso; tuttavia la sentenza irrevocabile di condanna o di proscioglimento pronunciata in seguito a giudizio relativo a reati previsti in materia di imposte sui redditi e di imposta sul valore aggiunto ha autorita` di cosa giudicata nel processo tributario per quanto concerne i fatti materiali che sono stati oggetto del giudizio penale". Era cosi` consacrato, per quel che concerne le relazioni tra giudizio tributario e processo penale, il principio dell`autonomia e della separazione delle giurisdizioni: il giudicato penale (la sentenza di condanna o di proscioglimento) avrebbe potuto avere autorita` nel processo tributario per quanto riguarda "i fatti materiali che sono stati oggetto del giudizio penale", senza pero` che il processo tributario fosse sospeso.