L’obiettivo del Legislatore è stato quello di restituire centralità al codice di procedura civile, eliminando molteplici riti disciplinati in modo differente ed autonomo da singole Leggi speciali prive di un disegno organico e costituenti causa di rilevanti difficoltà interpretative per tutti gli operatori del diritto, per l’impiego di una terminologia incoerente ed una delle cause principali della lunga durata dei giudizi civili. In questa direzione si è inteso fornire agli interpreti un unico testo legislativo in cui rinvenire agevolmente tutte le norme che disciplinano ciascun procedimento speciale, garantendo così coerenza al sistema processuale e riducendo le diseconomie e l’eccessiva parcellizzazione dei modelli processuali esistenti.
Eliminate le differenze di regolamentazione non giustificate da effettive esigenze, uniformati i passaggi procedurali per consentire una migliore organizzazione del lavoro degli uffici giudiziari, scritte regole più chiare e con terminologia uniforme per ridurre al minimo i dubbi interpretativi, gran parte delle controversie regolate da speciali disposizioni procedurali è stata, dunque, ricondotta ai tre possibili schemi formali indicati dal codice di procedura civile.
La riconduzione è avvenuta, secondo le indicazioni contenute nella delega, privilegiando il modello processuale del rito del lavoro per i procedimenti in cui si rivelavano prevalenti i caratteri della concentrazione delle attività processuali, ovvero nei quali erano previsti ampi poteri di istruzione d’ufficio. Sono stati ricondotti, invece, al modello del procedimento sommario di cognizione, inteso come giudizio a cognizione piena, sia pure caratterizzato da una minore formalità e da tempi accelerati rispetto a quello ordinario, i procedimenti speciali connotati da un’accentuata semplificazione della trattazione o dell’istruzione della causa, rivelata, nella maggior parte dei casi, dal richiamo della procedura camerale disciplinata dagli artt. 737 ss. c.p.c. Per i procedimenti nei quali, viceversa, non è stato dato rinvenire alcuno dei predetti caratteri si è operata una riconduzione, come criterio di semplificazione residuale, al rito ordinario di cognizione, disciplinato dal Libro II, Titolo IV, Capo I, c.p.c.
Le nuove norme, in base ad un’apposita disciplina transitoria, si applicano ai soli procedimenti instaurati successivamente alla data di entrata in vigore del Decreto di Riforma. Allo scopo di evitare incertezze interpretative in merito all’efficacia delle disposizioni abrogative, viene espressamente sancita l’ultrattività delle norme abrogate o modificate dal Decreto in commento, le quali continueranno ad applicarsi in relazione a tutte le controversie pendenti alla data di entrata in vigore dello stesso.
Il Ministro della Giustizia, Palma, nella conferenza stampa in cui ha reso noto il varo definitivo del Provvedimento, ha preannunciato che sono in via di definizione gli ultimi tasselli normativi che ancora mancano per completare la semplificazione del processo civile e sui quali il Governo non è potuto intervenire direttamente perché non ricompresi nella delega del Decreto Legislativo. Si tratta, in particolare, delle norme sulle procedure fallimentari, sui procedimenti relativi ai titoli di credito e alla proprietà industriale e in materia di famiglia.