Il D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito con modifiche in Legge 06.08.2015, n. 132, ha, tra le altre cose, innovato nuovamente la disciplina delle attestazioni di conformità nel Processo Civile Telematico, confondendo non poco le idee degli operatori giuridici dei Fori italiani.
In particolare, le novelle legislative degli ultimi dodici mesi hanno abituato avvocati e magistrati a confrontarsi con le nozioni di documento, copia e duplicato informatici, regolate dal D.Lgs. n. 82/2005 (Codice dell'Amministrazione Digitale) e divenute centrali nell'attuazione della giustizia digitale, su cui pare opportuno fare chiarezza.
Il citato Codice definisce il documento informatico come “la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti” (art. 1, lett. p), sancendo, inoltre, la possibilità che dello stesso si abbiano copie informatiche (art. 1, lett. i-bis, i-ter e i-quater) e duplicati informatici (art. 1, lett. i-quinquies).
Il Codice, pertanto, distingue tre tipologie di copia informatica.
La copia informatica di documento analogico (lett. i-bis) è descritta come il “documento informatico avente contenuto identico a quello del documento analogico da cui è tratto”: consiste nella riproduzione del solo contenuto, riscritto manualmente o acquisito con procedura OCR (il risultato sarà, quindi, un testo selezionabile).
La copia per immagine su supporto informatico di documento analogico (lett. i-ter) è, invece, “il documento informatico avente contenuto e forma identici a quelli del documento analogico da cui è tratto”: trattasi solitamente della acquisizione tramite scanner di un'immagine del documento o la fotografia digitale del documento.
La copia informatica di documento informatico (lett. i-quater), poi, è qualificata come “il documento informatico avente contenuto identico a quello del documento da cui è tratto su supporto informatico con diversa sequenza di valori binari”. Si avrà, in tal caso, identità di contenuto, ma non di forma, testimoniata dalla diversa sequenza di bit. L'ipotesi tipica è la conversione di un file di testo (doc, odt) in un file PDF: operazione che costituisce la regola nel Processo Telematico, in cui l'atto processuale, a norma dell'art. 12 del Provvedimento Responsabile DGSIA del 16.04.2014, è in formato PDF ed ottenuto da una trasformazione di un documento testuale, senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti.
Infine, l'articolo 1 del Codice individua il duplicato informatico nel “documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario”: si tratta dell'ipotesi di riversamento diretto di un file, esattamente identico non solo in contenuto e forma, ma anche sotto il profilo della sequenza binaria che lo descrive all'interno dell'elaboratore.
La disciplina e l'infrastruttura del Processo Telematico fanno largo uso di questi concetti.
L'articolo 16bis, comma 9bis, del D.L. 18.10.2012, n. 179 infatti, dispone che “Le copie informaticheanche per immagine, di atti processuali di parte e degli ausiliari del giudice nonché dei provvedimenti di quest'ultimo, presenti nei fascicoli informatici o trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche dei procedimenti indicati nel presente articolo, equivalgono all'originale anche se prive della firma digitale del cancelliere di attestazione di conformità all'originale. Il difensore, il dipendente di cui si avvale la pubblica amministrazione per stare in giudizio personalmente, il consulente tecnico, il professionista delegato, il curatore ed il commissario giudiziale possono estrarre con modalità telematicheduplicaticopie analogiche o informatiche degli atti e dei provvedimenti di cui al periodo precedente ed attestare la conformità delle copie estratte ai corrispondenti atti contenuti nel fascicolo informatico. Le copie analogiche ed informatiche, anche per immagine, estratte dal fascicolo informatico e munite dell'attestazione di conformità a norma del presente comma, equivalgono all'originale. Il duplicato informatico di un documento informatico deve essere prodotto mediante processi e strumenti che assicurino che il documento informatico ottenuto sullo stesso sistema di memorizzazione o su un sistema diverso contenga la stessa sequenza di bit del documento informatico di origine. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano agli atti processuali che contengono provvedimenti giudiziali che autorizzano il prelievo di somme di denaro vincolate all'ordine del giudice”.
La disposizione appena menzionata regola, dunque, la natura dei file che è possibile scaricare dal fascicolo informatico, residente sul Punto d'Accesso. Struttura tecnologica-organizzativa che fornisce ai soggetti abilitati esterni al dominio giustizia i servizi di connessione al portale dei servizi telematici, secondo le regole tecnico-operative riportate nel presente decreto - Art. 2, comma 1, lett. c), D.M. 21 febbraio 2011, n. 44.
Invero, è noto che il soggetto abilitato esterno (avvocato, CTU) deposita il citato atto in PDF, firmandolo digitalmente con struttura CADES-BES (l'estensione del file cambia in pdf.p7m): ebbene, l'infrastruttura ministeriale esibisce due versioni del predetto file.
Da un lato, consente di scaricare un file PDF, munito lateralmente di una stringa che identifica il firmatario e di una coccarda (che graficamente agevolano la percezione della presenza di una firma digitale): è evidente che trattasi di una copia informatica di documento informatico, poiché l'originario atto in PDF depositato viene trasformato in un altro file PDF con delle informazioni aggiuntive (coccarda e stringa) e privo (dei dati) di firma digitale.
Dall'altro lato, consente di scaricare il duplicato informatico del medesimo atto: si avrà, quindi, lo stesso PDF firmato digitalmente depositato, con la stessa sequenza binaria.
Nel primo caso, sarà onere dei soggetti elencati nell'art. 16bis, co. 9bis, attestare la conformità della copia all'originale; nel secondo caso, ciò non si rende necessario, posto che sarebbe come avere in mano l'originale medesimo.
Medesima situazione si riscontra anche rispetto ai provvedimenti del magistrato, per i quali, tuttavia, si rende necessaria una precisazione: mentre i soggetti esterni hanno l'obbligo di depositare atti in formato PDF testuale, i provvedimenti giudiziali vengono caricati nel fascicolo talora come PDF testuali firmati digitalmente [Va, altresì, precisato che la firma digitale dei magistrati è “invisibile”, non si evince dall'estensione del file, per cui va verificata con attenzione.] talaltra come PDF c.d. immagine, scansione del provvedimento cartaceo sottoscritto a mano dal giudice.
Quest'ultima circostanza ha ingenerato diversi dubbi, in relazione al duplicato informatico, che questo scritto ha l'intento di dipanare.
Come già evidenziato dal Collega Maurizio Reale su queste pagine nel commento citato in apertura, l’intervento di riforma, ad opera del D.L. 27.06.2015, n. 83, ha introdotto nel D.L. 18.10.2012, n. 179, il nuovo articolo 16-undecies, rubricato “Modalità dell’attestazione di conformità”, a norma del quale:
“1. Quando l’attestazione di conformità prevista dalle disposizioni della presente sezione, dal codice di procedura civile e dalla legge 21 gennaio 1994, n. 53, si riferisce ad una copia analogica, l’attestazione stessa è apposta in calce o a margine della copia o su foglio separato, che sia però congiunto materialmente alla medesima.
2. Quando l’attestazione di conformità si riferisce ad una copia informatica, l’attestazione stessa e’ apposta nel medesimo documento informatico.
3. Nel caso previsto dal comma 2, l’attestazione di conformità può alternativamente essere apposta su un documento informatico separato e l’individuazione della copia cui si riferisce ha luogo esclusivamente secondo le modalità stabilite nelle specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia. Se la copia informatica e’ destinata alla notifica, l’attestazione di conformità e’ inserita nella relazione di notificazione.
3-bis. I soggetti di cui all’articolo 16-decies, comma 1, che compiono le attestazioni di conformità previste dalle disposizioni della presente sezione, dal codice di procedura civile e dalla legge 21 gennaio 1994, n. 53, sono considerati pubblici ufficiali ad ogni effetto”.
Una delle interpretazioni offerte all’indomani della pubblicazione ha evidenziato una problematica sottesa al comma 3, laddove prescrive che, in caso di attestazione redatta su documento separato, occorre riferirsi a modalità stabilite con provvedimento del Responsabile DGSIA presso il Ministero della Giustizia, allo stato non ancora emanato: ebbene, stabilendo l’ultimo inciso che, se la copia è destinata alla notifica, l’attestazione va inserita nella relata, sembra aver precluso il ricorso alle copie informatiche nelle notifiche via PEC ex lege 53 del 1994. Non sarebbe, infatti, possibile attestare alcunché in assenza delle specifiche tecniche da individuare col predetto provvedimento.
Motivo per cui i medesimi interpreti hanno precisato che può farsi uso esclusivamente dei duplicati informatici ai fini delle notifiche a mezzo PEC.
Ci si è, tuttavia, interrogati circa l’utilizzabilità del duplicato informatico di documenti che non nascono originariamente (nativamente) informatici, ossia tipicamente delle scansioni dei provvedimenti del giudice; taluni, invero, sostengono che possa farsi uso solo dei duplicati di quei provvedimenti ab initio informatici e firmati digitalmente dal giudice.
Non si ritiene di condividere tale assunto per le seguenti ragioni.
Come già rilevato supra, l’articolo 1, lett. i-quinquies, del Codice dell’Amministrazione Digitale definisce il duplicato informatico come “Il documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario”.
Di seguito, l’articolo 23-bis del Codice dell’Amministrazione Digitale statuisce che “I duplicati informatici hanno il medesimo valore giuridico, ad ogni effetto di legge, del documento informatico da cui sono tratti”.
Premesse tali nozioni, deve porsi di nuovo mente alla clausola di equivalenza dettata dall’articolo 16-bis, comma 9-bis, del D.L. 18.10.2012, n. 179, che - come visto poc'anzi – equipara le copie presenti nel fascicolo informatico agli originali.
Come si evince dalla lettura del testo normativo, il fascicolo telematico è popolato anche da copie informatiche per immagine (i.e. scansioni) di provvedimenti giudiziali redatti su carta, che, in virtù di tale comma, equivalgono all’originale anche se prive di attestazione di conformità del cancelliere (prima equivalenza).
Il difensore può estrarre duplicati di tali provvedimenti, i quali, ai sensi del combinato disposto degli articoli 1 e 23-bis del Codice dell’Amministrazione Digitale, hanno il medesimo valore del documento informatico da cui sono tratti, ossia in questo caso dalla copia informatica per immagine, la quale è a tutti gli effetti un documento informatico (seconda equivalenza).
Ne discende una doppia equivalenza, poiché, per proprietà transitiva, se la copia per immagine equivale all’originale cartaceo da cui è tratta e il duplicato informatico equivale alla suddetta copia per immagine, allora il duplicato equivale allo “originalissimo” cartaceo. Ciò corrisponde, peraltro, alla realtà, posto che (salvo rari errori di acquisizione o upload) è sufficiente per ogni soggetto abilitato esterno accedere in cancelleria, chiedere visione del provvedimento cartaceo e confrontarlo con quello caricato nel fascicolo telematico per accorgersi della loro identità, fattuale oltre che giuridica.
Non si rinviene, pertanto, motivo alcuno per escludere la possibilità di notificare i duplicati informatici presenti nei fascicoli telematici, senza distinzione di sorta tra tipologie non previste dalla disciplina legale.