Il procedimento sommario di cognizione nella riforma del codice di procedura civile
Articoli 702 bis - 702 ter - 702 quater [1]


 

Considerazioni preliminari

Il “procedimento sommario di cognizione” è un modello processuale mutuato dal rito societario (cfr. art. 19 d. lgs. 17 gennaio 2003 n. 5), già previsto nella riforma proposta nel 2007 dal precedente Governo[2] ed ora modificato ed ampliato.

Nelle intenzioni del legislatore dovrebbe contribuire a rendere più celeri le definizioni di questioni non bisognevoli di complesse attività istruttorie (ovvero di “… un’istruttoria non sommaria …”, cfr. art. 702 ter comma 2° e 3°).

E’ difficile immaginare quale potrà essere l’effettiva utilizzazione di questo nuovo tipo di processo.

Occorrerà riscontrare … sul campo … il gradimento da parte dell’avvocatura e l’adesione da parte della magistratura; tanto più se si consideri l’esistenza di altre forme di tutele giudiziarie indirizzate o indirizzabili ad analoghe finalità, sol che se ne facesse e se ne consentisse effettiva e più diffusa applicazione.

Va tenuto conto, però, che, secondo la delega al governo (cfr. art. 54) in materia di “riduzione e semplificazione dei procedimenti civili”, il nuovo istituto, insieme al giudizio di cognizione ordinario ed al giudizio di lavoro, è destinato a diventare uno dei tre modelli processuali su cui dovrebbe essere strutturata la giustizia civile[3].

Nella versione originaria, il disegno di legge (n. 1441 bis, approvato dalla Camera il 2/10/2008) prevedeva che il procedimento dovesse essere limitato alle sole questioni concernenti “… condanna al pagamento di somme di denaro, anche se non liquide, ovvero alla consegna o al rilascio di cose …”.

Questa limitazione è stata, però, eliminata già dal successivo passaggio al Senato.

Il nuovo modello processuale, indipendentemente a) dalla natura e dal valore dell’oggetto e b) dalla complessità della decisione richiesta, potrà[4], quindi, essere utilizzato per tutte le questioni “… in cui il Tribunale giudica in composizione monocratica …” (cfr. art. 702 bis comma 1°) e, quindi, con le sole esclusioni:

1) di quelle non di competenza del giudice monocratico e di cui all’art. 50 bis (cfr. art. 702 ter)

2) di quelle assoggettate ad una specifica diversa tutela processuale (ad esempio, i procedimenti cautelari ed i procedimenti possessori, le controversie di lavoro e previdenziali)

3) di quelle per le quali risulta necessaria “… un’istruttoria non sommaria …” [5].

I testi delle singole norme non brillano per chiarezza, correttezza e coordinamento.

Già nel 1° comma dell’art. 702 bis si nota:

1) l’incongruenza dell’obbligo imposto al ricorrente di inserire “… l’avvertimento di cui al numero 7) del terzo comma dell’art. 163 …” in un atto (il ricorso) anteriore alla vocatio in jus;

2) il mancato coordinamento con il successivo comma 3° ove il termine assegnato al convenuto per la costituzione è di giorni dieci, mentre quello previsto nell’art. 163 n.7) e di giorni venti …[6];

3) nel comma 3° si legge che il giudice designato, fissata l’udienza di comparizione delle parti, deve provvedere ad assegnare “… il termine per la costituzione del convenuto, che deve avvenire non oltre dieci giorni prima dell’udienza …”, mentre sarebbe stato più chiaro scrivere “… assegnando al convenuto un termine per la costituzione di almeno giorni dieci prima dell’udienza …”, vedi art. 416).

Va poi rilevato che il giudice designato, mentre non può assegnare al convenuto un termine minore a dieci giorni, potrebbe, invece, assegnarne uno maggiore, purché la data dell’udienza di comparizione delle parti sia determinata in modo tale da consentire al ricorrente il rispetto della prescrizione secondo cui il ricorso-decreto deve essere “… notificato al convenuto almeno trenta giorni prima della data fissata per la sua costituzione …”.

Ed ancora, a differenza di quanto previsto dall’art. 702 ter comma 3° (trasformazione del rito sommario in rito ordinario nel caso in cui sia necessaria un’istruttoria non sommaria), ove la domanda sia ritenuta inizialmente non rientrante tra quelle indicate dall’art. 702 bis, “… il giudice, con ordinanza non impugnabile, la dichiara inammissibile …” (art. 702 ter comma 2°)[7].

Un’ampia gamma di problemi deriverà, infine, dal fatto che nella nuova normativa non è prevista una norma di chiusura, ad esempio, analoga a quella (art. 311) esistente per i giudizi innanzi al giudice di pace [8].


2 - Differenze con il giudizio ordinario di cognizione

Rispetto al giudizio ordinario, il nuovo procedimento sommario di cognizione si caratterizza:

1) per la modalità di inizio: con ricorso, invece che con atto di citazione;

2) per tempi più ridotti tra la vocatio in jus e la prima udienza: minimo quaranta giorni, rispetto ai novanta giorni previsti dall’art. 163 bis;

3) per l’informalità dell’istruttoria;

4) per inesistenza (solo eventuale ?!) di scansioni temporali relative a memorie istruttorie, precisazione conclusioni, comparse conclusionali, repliche;

5) per la decisione con ordinanza (v. art. 134) e non con sentenza;

6) per il passaggio in giudicato dell’ordinanza se non appellata entro il termine di giorni trenta dalla “comunicazione” ovvero dalla notificazione.

Va notato, in particolare, che l’ordinamento processuale così come si verrà a strutturare, mentre prevede che dal procedimento sommario di cognizione si possa passare a quello ordinario, non è prevista l’ipotesi inversa anche se frequentemente ipotizzabile.


3 - Differenze con gli strumenti processuali previsti dagli artt. 186 bis, ter e quater e dall’art. 281 sexies

E’ vero che le cosiddette condanne anticipate prevedono l’esistenza di un ordinario giudizio di cognizione ed un’ordinaria attività istruttoria, ma è, altresì, vero che quanto disposto dalle normative richiamate si avvicina moltissimo al nuovo istituto processuale, soprattutto nel perseguimento della soddisfazione delle istanze di giustizia in tempi ridotti e con contestuale deflazione dei carichi giudiziari [9].

Va preso atto, però, che gli istituti previsti dagli artt. 186 bis, ter e quater risultano quasi del tutto desueti.

Così come desueto risulta l’istituto disciplinato dall’art. 281 sexies, anche per un incomprensibile (?!) ostracismo soprattutto da parte dei magistrati.


4 - Differenze con il procedimento di ingiunzione

Mentre nel procedimento di ingiunzione il contraddittorio risulta soltanto eventuale e differito, nel nuovo istituto processuale il contraddittorio è connaturato.

Nel procedimento di ingiunzione, inoltre, la prova (scritta) deve essere esclusivamente precostituita e non da formare (in tutto o in parte) come nel nuovo istituto.

Nel procedimento di ingiunzione il decreto di rigetto ex art. 640, pur non pregiudicando la riproponibilità del procedimento ovvero il ricorso ad un giudizio ordinario, non è suscettibile di impugnazione, mentre l’ordinanza conclusiva del nuovo istituto è appellabile sia in caso di accoglimento della domanda che in caso di rigetto.

Per alcuni aspetti, il nuovo istituto si rivela destinato ad essere utilizzato in maniera residuale rispetto a quello per ingiunzione, nel senso che vi si ricorrerà là dove la prova scritta non appare sufficiente per ottenere un’ingiunzione ovvero quando, oltre al diritto fondato su prova scritta, se ne voglia azionare un altro (ad esempio il risarcimento del maggior danno ex art. 1224 c.c.) per il quale la prova è da formare.


5 - Decadenze e preclusioni

Le disposizioni che regolano il contenuto del ricorso e della comparsa di risposta non sanzionano con decadenze o preclusioni le mancate o incomplete produzioni documentali e richieste istruttorie: entrambe le parti, pertanto, potranno produrre documenti e richiedere prove all’udienza di comparizione.

Il solo convenuto dovrà, a pena di decadenza e nella comparsa da depositare dieci giorni prima dell’udienza di comparizione:

1) proporre le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio;

2) spiegare domanda riconvenzionale;

3) chiedere lo spostamento dell’udienza di comparizione per poter effettuare la chiamata di un terzo; questa facoltà, però, è stata limitata soltanto all’ipotesi in cui il convenuto assuma l’esistenza di un rapporto di garanzia con il terzo;

4) eccepire l’incompetenza del giudice adito per materia, valore o territorio a sensi del modificato art. 38.

Le eventuali contromosse del ricorrente dovranno, evidentemente, essere proposte, a pena di preclusione, nell’udienza di comparizione ovvero nel termine assegnando dal giudice, non risultando questa potestà esclusa.


6 - Mezzi istruttori

A sensi dell’art. 702 ter comma 5°, il giudice, al termine della prima udienza, dopo aver sentito le parti e dopo aver escluso la necessità di procedere ad “… un’istruttoria non sommaria …” (cfr. comma 3°)[10], procede “… nel modo che ritiene più opportuno, agli atti di istruzione rilevanti in relazione all’oggetto del provvedimento richiesto …”[11] .

Nel dettato normativo non si rinviene alcuna disposizione in ordine all’identificazione dei mezzi istruttori non sommari e rilevanti utilizzabili.

A questo fine ed innanzi tutto, bisogna riconoscere che tutti i mezzi istruttori previsti dai vigenti ordinamenti sostanziale e processuale sono richiedibili dalle parti ed ammissibili dal giudice, con il solo limite della non sommarietà e della rilevanza [12].

La sommarietà dei mezzi istruttori ammissibili potrebbe essere individuata nella preesistenza di situazioni di fatto già parzialmente provate e per le quali, pur nell’eventuale conflitto delle posizioni assunte da ciascuna delle parti, occorra l’acquisizione di elementi probatori soltanto integrativi e/o descrittivi.

Quanto alle modalità di assunzione degli “atti di istruzione” (702 ter comma 5°), il giudice è assolutamente libero di procedere “… nel modo che ritiene più opportuno …”, anche in termini temporali, fissando eventuali altre udienze oltre la prima.

La libertà del modo di procedere va riferita, però, esclusivamente alle modalità di assunzione dei mezzi di prova e non anche alle regole che attengono alla loro ammissibilità; così che, ad esempio, nel nuovo istituto il giudice non potrà consentire di provare con testimoni un contratto per cui la legge prescrive al forma scritta ad substantiam.

Si rileva che, a differenza di quanto previsto nei procedimenti cautelari (cfr art. 669 sexies 2° comma), nel nuovo istituto non v’è alcun riferimento alla facoltà del giudice di assumere “… sommarie informazioni …”.

Devesi, pertanto, ritenere 1) che gli “atti di istruzione” siano soltanto quelli tipici previsti degli ordinamenti sostanziali e processuali e 2) che le modalità di ammissione ed espletamento di ciascun atto istruttorio devono rispettare le discipline contenute negli stessi predetti ordinamenti: così che, ad esempio, i testimoni dovrebbero rendere preventivamente la dichiarazione di cui all’art. 251 c.p.c. ed il consulente dovrebbe prestare il giuramento di cui all’art. 193 c.p.c. [13].


7 - Disponibilità delle prove

La mancanza di una norma di rinvio alle disposizioni riguardanti il giudizio ordinario di cognizione non attribuisce al giudice poteri inquisitori e non lo esime, comunque, dal rispetto del generale principio di disponibilità della prova.

Anche nel nuovo istituto, pertanto, il giudice, a sensi dell’art. 115 (nella nuova versione introdotta dall’art. 45 comma 14°), salvi i casi in cui può disporre d’ufficio mezzi di prova, “… deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti … nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita …”.


8 - Appello

L’ordinanza conclusiva del giudizio instaurato nei modi di cui all’art. 702 bis può essere impugnata con appello, per come disposto dall’art. 702 quater[14] .

Data la formulazione della norma (il termine per la proposizione dell’impugnazione decorre oltre che dalla notificazione dell’ordinanza anche dalla comunicazione di quest’ultima) non v’è spazio per l’applicabilità del termine lungo di decadenza (ora semestrale a sensi del modificato art. 327). Il problema si potrebbe porre soltanto nella remota ipotesi in cui dovesse risultare omessa sia la comunicazione che la notificazione dell’ordinanza; in questo caso, però, l’ordinanza dovrebbe rimanere appellabile, salve restando sopravvenute ragioni di prescrizione del diritto oggetto della stessa ordinanza.

Non si rinvengono elementi idonei ad escludere la sospensione del termine durante il periodo feriale.

In tema di proponibilità di nuovi mezzi di prova e nuovi documenti se ne prevede l’ammissibilità a condizione che il Collegio li ritenga “rilevanti”.

Nel testo originario si usava l’aggettivo “indispensabili”, così come nell’omologo attuale art. 345 comma 3°.

Questa sostituzione sembra voler ampliare, rispetto a quanto accade nel giudizio a cognizione piena, l’ammissibilità di nuovi mezzi di prova e nuovi documenti nell’appello di cui all’art. 702 quater.

La Cassazione a Sezioni Unite (Cass. S.U. 20 aprile 2005 n. 8203) ha chiarito che, nel giudizio a cognizione piena, nonostante le già verificatesi preclusioni, sono “indispensabili” quelle prove (documentali e non) richieste dalle parti in quanto suscettibili di un’influenza causale più incisiva rispetto a quella che le prove, definite soltanto come “rilevanti” (cfr. art. 183 comma 7° ed art. 420 comma 5°), hanno sulla decisione finale del giudizio.

La mancanza di una norma di rinvio, non dovrebbe escludere l’applicabilità della disciplina generale dell’appello per analogia a sensi dell’art. 12 comma secondo disp. prel. [15].


9 - Appendice

Il nuovo modello processale potrebbe avere una consistente applicazione anche per la definizione delle questioni di incidentistica stradale.

Certamente sarà possibile far ricorso al procedimento sommario in tutte quelle fattispecie in cui non risulti necessario una complessa istruttoria sull’an debeatur.

1 - In questo ambito rientrano, innanzi tutto, le azioni concernenti il risarcimento del terzo trasportato per come disciplinato dall’art. 141 cod. ass., in virtù dell’espressa esclusione dell’onere dell’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro e sempreché il giudice adito ritenga che le attività istruttorie in tema di quantum siano espletabili in maniera sommaria.

2 - Risultano assoggettabili al nuovo modello processuale anche le azioni conseguenti a sinistri per i quali il modulo della denuncia (cfr. art. 143 comma 2° cod.ass.) sia stato firmato congiuntamente da entrambi i conducenti coinvolti nel sinistro, dovendosi presumere “… salva prova contraria da parte dell’impresa di assicurazione, che il sinistro si sia verificato nelle circostanze, con le modalità e con le conseguenze risultanti dal modulo stesso …”.

3 - Le azioni di cui agli artt. 148 (azione diretta) e 149 (indennizzo diretto) del cod.ass. potranno essere proposte con il nuovo modulo processuale sempreché ricorra il presupposto della sufficienza di una istruttoria formale.

4 - Per le azioni (art. 283 cod.ass.) in cui sia coinvolto il Fondo di garanzia per le vittime della strada rimane ferma l’utilizzazione del nuovo modello sempre a condizione che l’istruttoria possa essere espletata in maniera sommaria.

In particolare, si rileva che il ricorso alla procedimento sommario di cognizione da parte dei danneggiati in sinistri stradali pone in difficoltà le parti convenute (ed i loro difensori …).

Le parti convenute, infatti, avranno a loro disposizione un termine minimo di giorni trenta (intercorrente tra la data di notificazione del ricorso-decreto e la data di giorni dieci prima dell’udienza di comparizione delle parti) al fine a) di acquisire le prove ritenute necessarie per una compiuta difesa, b) di conferire uno specifico mandato defensionale e c) di costituirsi nel procedimento senza incorrere in preclusioni e/o decadenze.

[1] Le tre norme sono state introdotte dalla legge 18 giugno 2009 n. 69, pubblicata in G.U. n. 140 del 19/6/2009 - suppl. ord. n. 95, in vigore dal 4 luglio 2009.

[2] Si veda art. 46 della cosiddetta “riforma Mastella”.

[3] E’ da notare che nel testo della delega, a differenza di quanto ora previsto dall’art. 702 ter comma 3°, è prevista l’esclusione della “… possibilità di conversione nel rito ordinario …” …!

[4] La parte interessata conserva inalterata la facoltà di scegliere in via alternativa il ricorso al nuovo istituto, al procedimento di cognizione ordinario o ad altri procedimenti (ad es. a quello monitorio).

[5] Per come già accennato, nella delega al governo per l’ulteriore riforma del giudizio civile è previsto che, ove non sussistano i presupposti per la prosecuzione del procedimento sommario, resta esclusa “… la possibilità di conversione nel rito ordinario …”.

[6] L’avvertimento dovrà necessariamente essere così modificato “… con invito al convenuto a costituirsi nel termine di non oltre dieci giorni prima dell’udienza che verrà fissata dal Giudice designato a sensi dell’art. 702 bis comma 3° e a comparire in tale udienza dinnanzi lo stesso Giudic, con l’avvertimento che la costituzione oltre detto termine implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167…”.

[7] La sanzione dell’inammissibilità appare eccessiva; sarebbe stato più equo, anche in termini di economia processuale, richiamare quanto previsto dall’art. 44 (incontestabilità della decisione assunta con ordinanza, se non reclamata, riassumibilità del procedimento ex art. 50 innanzi il giudice dichiarato competente); tanto più che la fattispecie in esame risulta già disciplinata dall’art. 281 octies …! E’ concretamente ipotizzabile una q.l.c. derivante dalla ingiustificata limitazione all’accesso della giustizia e dalla diversa disciplina di situazioni simili.

[8] Il problema non esiste nel rito societario, in quanto, almeno in tema di appello, il 4° comma dell’art. 19 d.lgs. n. 5 del 2003 rinvia al successivo art. 20 e questo, a sua volta, al comma 2° rinvia agli artt. 341 e segg. C.p.c. “… in quanto compatibili …”.

[9] Il raggiungimento di questi obiettivi di celerità e deflazione potrebbero essere facilitati, ove si facesse un più largo uso, nel giudizio ordinario di cognizione, della riduzione dei termini di comparizione previsto dall’art. 163 bis comma 2°.

[10] Si veda nota 3.

[11] Non si ritiene possibile l’applicazione del nuovo art. 81 bis disp.att. c.p.c. che introduce il “calendario del processo”.

[12] Già nel 1999 e con riferimento ai procedimenti cautelari, si osservava che “… nell’ambito della nozione del modo di procedere agli atti di istruzione non possa farsi rientrare l’individuazione di limiti di ammissibilità delle prove tipiche, conosciute dal nostro ordinamento processuale, diversi ed in particolare di contenuto ridotto rispetto a quelli stabiliti di norma per la cognizione piena …”; così Frasca Raffaele, Il procedimento, in Quaderni del C.S.M. 1999, pag. 97. La Corte Costituzionale (cfr. sentenza 2 aprile 1999 n.121), in tema di procedimenti cautelari (anche questi caratterizzati da sommarietà dell’istruttoria), ha riconosciuto che “… la consulenza tecnica d'ufficio, quale espressione del potere del giudice cui è rimessa la facoltà di valutarne la necessità o l'opportunità, è strumento spesso indispensabile per l'esercizio della giurisdizione, allorquando occorra attingere a conoscenze scientifiche per dirimere le controversie che il giudice è chiamato a decidere, richiedendosi tuttavia, a norma dell'art. 669 sexies c.p.c., l'esistenza di un rapporto di congruenza fra gli accertamenti peritali ed i casi concreti oggetto di giudizio …”.

[13] Secondo Cass. pen., sez. fer., 7 settembre 2001 n. 42898 “Le dichiarazioni assunte dal giudice nel procedimento cautelare civile, ai sensi dell'art. 669 sexies c.p.c., hanno natura di testimonianza e, pertanto, la loro eventuale falsità integra gli estremi del reato di falsa testimonianza previsto dall'art. 372 c.p., pur quando non siano state osservate le formalità dettate dagli art. 244, 251 e 252 c.p.c. per l'assunzione della prova testimoniale, con riguardo, rispettivamente, alla deduzione di detta prova, al giuramento ed alla compiuta identificazione del testimone.“.

[14] Non si rinvengono elementi per determinare con certezza se l’impugnazione si debba proporre con ricorso o con citazione: la prima soluzione dovrebbe essere quella più coerente con la ratio del nuovo istituto; in questo senso si vedano, soltanto ad esempio, Cass. 18 agosto 2006 n. 18201, Corte Appello Milano 4 febbraio 2006, Cass. 14 gennaio 2005 n. 682.

[15] Si veda nota 4.