L'art. 5 del decreto legislativo 04.03.2010 n.28, tra sentenza della Costituzionale del 24.10/06.12.2012 n. 272 ed ultima novella introdotta dal decreto legge 21.06.2013 n.69, stabilisce che chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia in materia di CONDOMINIO, DIRITTI REALI, DIVISIONE, SUCCESSIONI EREDITARIE, PATTI DI FAMIGLIA, LOCAZIONE, COMODATO, AFFITTO DI AZIENDE, RISARCIMENTO DEL DANNO DERIVANTE DA RESPONSABILITA' MEDICA e da DIFFAMAZIONE CON IL MEZZO DELLA STAMPA o CON ALTRO MEZZO DI PUBBLICITA', CONTRATTI ASSICURATIVI, BANCARI E FINANZIARI, è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione.La norma, per tutte le materie indicate, costringe i cittadini a dover necessariamente chiedere giustizia attraverso lo strumento della mediazione che è condizione di procedibilità, cioè in sostanza non consente di intraprendere le normali azioni giudiziarie e, se intraprese, vengono sospese per consentire tale rimedio obbligatorio.Agli avvocati è stato affidato l'onere di comunicare al cliente l'esistenza di tale strumento.All'avvocato, cioè, è stato affidato il compito di somministrare al cliente un palliativo nel senso che, una volta spiegata la procedura, ove quest'ultimo non intenda esercitare il tentativo di mediazione, lo dovrà obbligatoriamente espletare.Forse il Ministro e chi si è occupato dell'introduzione forzata di tale strumento dovrebbe considerare il ruolo dell'avvocatura non quale fomentatrice bensì quale attenuatrice di contenzioso, perchè normalmente, prima di arrivare in giudizio, gli avvocati percorrono sempre la strada della soluzione mediata per evitare la controversia.Le statistiche ministeriali, infatti, contengono dati del contenzioso e non forniscono quelli delle soluzioni stragiudiziali delle controversie pre e post contenzioso. Nè, a mio parere, la "concessione" della assistenza tecnica nel corso del procedimento conciliativo o la possibilità agli avvocati di essere mediatori a prescindere, possono essere considerati passi in avanti per l'avvocatura chiamata, nel caso di specie, a lottare per gli interessi dell'utenza e non di se stessa.Nè ancora mi sembra corretto e leale barattare quattro anni di imposizione di uno strumento culturalmente sconosciuto nel nostro paese, mentre sarebbe stato utile il contrario, ossia prevedere un lasso di tempo congruo per diffondere attraverso i giusti canali informativi le potenzialità e gli aspetti positivi di tale procedimento che rischia di essere, come lo è stato in questo nel periodo in cui è stato applicato fino alla pronuncia della Corte Costituzionale, una formalità da espletare per poi intraprendere le vie giudiziarie e, quindi, una perdita di tempo.E' inutile rammentare il fallimento del tentativo obbligatorio nelle materie di lavoro e di locazione o quello in materia societaria.Un periodo di transizione poteva servire anche a rendere più snello uno strumento del genere che, a mio sommesso parere, se proprio vuole accedere ad un'assistenza tecnica qualificata e percorrere le vie della negoziazione assistita, dovrebbe prescindere dagli organismi di conciliazione e puntare sul ruolo dei professionisti.Ciò affinchè la mediazione sia una risorsa per i cittadini piuttosto che per gli organismi di mediazione di qualsivoglia natura.