Presidente Avv. Anna Egidia Catenaro
Segretario Avv. Luigi Ferrara

Ill.mi Senatori della Repubblica Italia
Ill.mi Presidente e Componenti la Commissione Igiene e Sanità
L’Associazione Avvocatura in Missione a seguito del Convegno tenutosi presso l’Aula dei Gruppi della Camera dei deputati il 26.9.2017 avente ad oggetto: Il consenso informato tra responsabilità del medico e l’autonomia decisionale del paziente nel disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati il 20 aprile 2017, intende sottoporre alle S.V.Ill.me le seguenti osservazioni e criticitá emerse su punti salienti della legge:
  • 1. Art 1 comma 5 sulla equiparazione tra trattamenti sanitari e nutrizione ed idratazione artificiale.
Tale equiparazione è censurabile sia dal punto di vista etico, sia dal punto di vista della deontologia del medico. Infatti, detti trattamenti sono deontologicamente ed eticamente dovuti come forma di sostegno vitale; negarle introduce forme di eutanasia, posto che esse hanno l'obiettivo di alleviare la sofferenza fino alla fine della vita. Inoltre, secondo il comune sentire, l’alimentazione e idratazione artificiale mediante naso-gastrico, in nessun caso può considerarsi una terapia, valga per tutti l’esempio del dare il latte al neonato con l’ausilio del biberon.
Catalogare la nutrizione artificiale come trattamento sanitario con possibilità di essere incluso nella DAT significa legalizzare uno strumento di morte, basti pensare al caso di un banale incidente stradale per cui vi è la necessità di alimentazione e idratazione artificiale per qualche giorno. Nel caso in cui il soggetto avesse precedentemente sottoscritto una Dat, dovrebbe essere lasciato morire di fame e di sete, anche nel caso in cui l’infortunio fisico si potesse risolvere con pochi giorni di ricovero ospedaliero.
La noma appare pertanto illogica, irrazionale, irragionevole,scientificamente opponibile e darebbe adito a svariatissimo contenzioso.
  • 2. L’art. 3 Introduce una discriminazione dei minori e diversamente abili.
Così come contemplato l’art.3 apre ad una grave discriminazione delle persone diversamente abili o di minori con handicap ed introduce un concetto: indegnità o inutilità del vivere nel caso in cui una persona non ha una ”vita piena” secondo standard di una società postmoderna.
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Vita ritenuta degna o vita da bruciare. Chi lo può stabilire?Un Tribunale? Un amministratore di sostegno, che non ha alcun legame di sangue con la persona che invece dovrebbe essere soggetto da tutelare?
Questo indirizzo fa pensare alla teoria dello “specismo” termine inventato dal filosofo Peter Singer, cioè “razzismo dell’umanità verso le altre creature”. Fautore della tesi dell’infanticidio dei bambini handicappati, infanticidio che sarebbe necessario nella logica costi/benefici (Quanti Charlie avremo anche in Italia? Se la scelta di vita o morte di una persona disabile è rimessa alla decisone di un amministratore di sostegno e giudice tutelare?)
Si vuole andare verso la selezione del genere umano? Lo scenario che si para davanti è la distruzione del favor vitae.
Inoltre vi è da aggiungere che vi sono tanti diversamente abili con problemi cognitivi, con quozienti d'intelligenza al di sotto della norma, che non sono dichiarati incapaci d’intendere e di volere, questi soggetti non possono avere e non hanno quella consapevolezza che consente loro di firmare il "consenso informato" che autorizza il medico a sospendere i trattamenti sanitari a garanzia della vita. Le capacità cognitive limitate impediscono ragionamenti logici astratti volti ad ipotizzare eventi futuri nella giusta conseguenzialità.
Già per un adulto normodotato è irragionevole fargli firmare una rinuncia ad interventi sanitari salva vita in condizioni lontane dall'evento reale, a maggior ragione per i moltissimi diversamente abili che non sono dichiarati "incapaci di intendere e di volere" eppure le loro facoltà mentali sono limitate, la loro autosufficienza è limitata, l'autonomia personale e sociale insufficienti rispetto alla norma.
In generale, i disabili con problemi di anosognosia di varia entità non possono avere la consapevolezza e firmare un consenso informato! Chi li tutelerebbe dal firmare un consenso che non sono in grado di comprendere appieno? Tale noma appare quindi ampiamente impugnabile per illegittimità per discriminazione delle persone diversamente abili.
3. Sull’art. 4 Disposizioni anticipate di trattamento.
I lavori del convegno hanno evidenziato le conseguenze della genericità del consenso, laddove essa abbia ad oggetto un evento futuro, non determinato e non prevedibile aggravate nell’ipotesi di sopravvenienza di nuova cura.
La premessa di questa legge è che il paziente sappia chiaramente e in maniera specifica il trattamento che può essere intrapreso su di lui in caso di malattia,l’evoluzione della malattia, i rischi, le possibilità di guarigione ed anche le possibilità di sofferenza. Questo è il Consenso Informato.
Il Consenso invece riferito ex art. 4 ad un evento futuro e incerto e non determinato, non prevedibile né dal soggetto che esprime una Dat , né dallo Stato o Enti ospedalieri è affetto da inesistenza o quanto meno nullità insanabile per difetto di consenso specifico, nonché nullità per indeterminatezza dell’oggetto e per illiceità, come vedremo in appresso.
a) Sulla genericità.
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Nel momento in cui si consente una disposizione anticipata di trattamento viene a mancare ab origine il consenso, in quanto la mancanza di attualità non consente una piena consapevolezza, né conoscenza di cosa possa accadere, nel tempo, nel campo medico scientifico, in quanto potrebbe accadere la scoperta di una cura nuova che potrebbe salvare la vita. Il consenso manca di una volontà specifica,è talmente generico che non se ne conosce il contenuto.
La genericità porta, ancora,alla nullità del consenso in quanto non sono previsti casi specifici, nè tabelle di riferimento su cui si dona il consenso. Mancando una tabella che tipicizzi i casi: in caso di incidente faccio così, in caso di tumore faccio così , in caso di raffreddore faccio cosi ci troviamo di fronte ad una legge generica ed una legge generica è una non legge; una legge che non tipicizza i casi e che lascia ampio margine di manovra e di discrezionalità è una non legge.
Si regolamenta tutto per non regolamentare il nulla perché è inficiato dalla inesistenza del consenso del paziente. Nessuna interpretazione autentica potrebbe aver luogo sul contenuto del consenso proprio perché generico.
Tutto questo aprirebbe ad una vasta rete di contenziosi e soprattutto a richieste risarcitorie nei confronti dello Stato e dei medici.
b) Sull’ indeterminatezza
La Dat non prevedendo un oggetto certo e determinato è nullo per indeterminatezza dell’oggetto. Come qualsiasi altro contratto. (V. sentenza n. 19731 del 19 settembre 2014 si è chiarito che se il paziente non è stato messo al corrente dei rischi, il consenso informato non è valido", il c.d. "consenso informato", non è solo un obbligo o un dovere che attiene alla buona fede nella formazione del contratto,è elemento indispensabile per la validità del contratto stesso, che richiede un consenso consapevole del paziente, nonché elemento costitutivo della "protezione" garantita a livello costituzionale e dalle altre norme di diritto positivo, tese "ad aumentare le garanzie a favore dei consumatori del bene della salute". Orientamento pressoché unanime, sancito anche dalle Sezioni Unite: Cass. SS. UU. n. 26973/2008, Cass. n. 20984/2012 e Cass. n. 19220/2013).
Inoltre sentenza Cass. n°00104 del 4 gennaio 2017 “Se l’oggetto non è determinabile ex sé, il compromesso è nullo” dell’oggetto è (ex artt. 1325, n. 3 e 1346, cod. civ.) rigorosamente necessaria nei negozi a forma vincolata. Di conseguenza la Dat è nulla in quanto manca dei requisiti essenziali (art. 1418)
c) Sull’illiceità dell’oggetto
Inoltre vi è nullità del consenso per illiceità, nullità derivante dalla violazione di leggi ed obblighi imposti dalla legge.
La vita è un diritto inviolabile ed indisponibile per cui qualsiasi contratto o disposizione avente ad oggetto la disponibilità e la violazione della vita e della salute è illecito.
Se da un lato vi è l’Art. 32 della Cost. che prevede il riconoscimento costituzionale dell’impossibilità di somministrare al paziente trattamenti terapeutici contro la sua volontà, si deve tuttavia ricordare che quello della libertà di autodeterminarsi, non è affatto l’unico principio costituzionale, anzi, ve n’è uno più importante: quello dell’indisponibilità della vita, ovvero
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dell’impossibilità da parte di chicchessia di prestabilire il come e il quando della propria morte. Lo riconoscono senza difficoltà anche i più laici cultori del diritto, basti pensare all’ex Presidente della Corte Costituzionale Gustavo Zagrebelsky il quale ebbe a riconoscere come il nostro ordinamento giuridico sia ”ispirato, nel suo complesso, al principio di indisponibilità della vita” (Repubblica 19/03/2007). Infatti il nostro ordinamento considera il bene “vita” bene indisponibile ex artt. 579 c.p., 580 c.p. e 5 c.c.
4. Obiezione di coscienza
Ci troviamo di fronte ad una Dat che non prevede una mera dichiarazione su cui il paziente potrebbe poi colloquiare con il medico in caso di bisogno, ma trattasi, come si legge nel corpo della legge, di vera e propria “Disposizione”, questa risulta essere vincolante per medici ed infermieri. La legge nulla dice e quindi non è prevista alcuna forma di obiezione di coscienza. Pertanto medici e operatori sanitari, non potendo usufruire della possibilità di obiezione di coscienza, saranno costretti non solo ad abbandonare la loro scienza e la loro vocazione a salvare vite umane, ma anche la loro coscienza.
5. Sull’ Art.4 comma 6 Forma della dat e della revoca
Si ravvisa una sproporzione tra la totale libertà di forma nella sottoscrizione della dat ( atto pubblico, scrittura privata) e la revoca del consenso per la quale si prevede un maggior rigore con la presenza di 2 testimoni.
Nel sottoscrivere la dat la legge non prevede alcuna protezione della persona, alcuna garanzia di esatta informazione prima della sottoscrizione, non è previsto alcun controllo o forma per ricevere una puntuale informazione mentre per la revoca è prevista una forma aggravata con la presenza di due testi, non contemplando la legge invece la difficoltà concreta che la persona avrà nell’ esprimere una revoca; infatti, se non ha nominato un fiduciario e sarà in condizioni gravi tanto da non potersi esprimere, sarà impossibile una dichiarazione di revoca.
Inoltre tale legge appare lontana da una visione reale. La paura della morte, durante l'arco della vita, viene percepita diversamente nei vari cicli d'età. I bambini e gli adolescenti conoscono la morte ma non hanno una cognizione di essa come un adulto oltre i 50 anni.
L'avvicinarsi alla senilità cambia la percezione della morte. Mentre i giovani, e anche gli adulti nello splendore della loro esistenza, non tengono in considerazione la morte, anzi spesso vivono momenti in modo "spericolato", la persona oltre i 50 anni e l'anziano evitano di provocare eventi "pericolosi" visto che le forze fisiche sono meno prestanti.
Queste condizioni psicologiche legate ai vari aspetti dei cicli di vita dimostrano l'assurdità della proposta DAT, perché nessuno potrà mai prevedere lo stato d'animo nel momento della necessità di cure intensive che sono l'unica speranza di sopravvivenza.
Chi si trova di fronte alla morte vive una condizione unica, questo momento esistenziale estremo non è prevedibile, ipotizzabile e pertanto nessuna persona normodotata può ragionare con cognizione di causa su un evento del genere.
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Nessuna persona, a meno che non abbia tendenze al suicidio, sia in stato di depressione o stato alterato di coscienza, intenzionalmente sceglie la morte. L'istinto di vita spinge alla lotta, alla sopravvivenza e mai alla soppressione dell'essere.
Non si può ipotizzare ciò che non si conosce e per tanto nessuno può, a priori, essere consapevole sul tipo di trattamento sanitario da scegliere in situazioni estreme di vita o di morte!
6. Lo scenario che si para davanti è la distruzione del favor vitae.
Lo Stato chiamato a tutelare i cittadini e la loro vita, che dovrebbe porre in essere strumenti di solidarietà e creare mezzi che possano aiutare i suoi cittadini a situazioni migliori di vita, mediante questa legge apre ad un omicidio di Stato perché prevede, per quanti verranno ritenuti inutili o indegni di vivere, per quanti depressi o non realizzati o privi di sostegni economici e familiari, una via d’uscita che è la morte. Se non con parole chiare ma dal contenuto della legge, appare evidente che si intende legiferare un’eutanasia passiva.
Si ravvisa quindi una violazione della Costituzione e norme di legge che tutelano il bene della vita e conflitti con norme penali.
Gli Artt. 575, 579, 580 c.p. vietano, infatti, ogni forma di eutanasia anche attraverso condotte omissive e ogni forma di aiuto al suicidio.
E’ eutanasia ogni “Azione o omissione, che di natura sua, o nelle intenzioni, procura la morte, allo scopo di eliminare ogni dolore” (Evangelium Vitae, 25/03/95 di Giovanni Paolo II)
Alla luce di quanto sopra si conclude:
Ill.mi Senatori, questa proposta di legge oltre ad essere contraria a quella legge naturale scritta nel cuore di ogni uomo risulta essere dal punto di vista giuridico irragionevole,illogica, violerebbe il principio costituzionale dell’indisponibilità della vita ed aprirebbe ad una serie infinita di casi giudiziari con richieste risarcitorie proprio a danno dello Stato; pertanto, si
Chiede
che le S.V.Ill.me, nell’uso della diligenza e sapienza necessaria, NON Approvino la proposta di legge n. 2801 approvato alla Camera dei Deputati il 20 aprile 2017 “Norme in materia di consenso informato e di disposizione anticipate di trattamento”.
Con Osservanza,
Roma, lì 2 ottobre 2017
Associazione Avvocatura in Missione
Presidente
Avv. Anna Egidia Catenaro
Associazione Avvocatura in Missione
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