L’articolo 316 c.p.p. prevede che se vi è fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie del pagamento della pena pecuniaria, delle spese del procedimento, o di ogni altra somma dovuta all’Erario dello Stato, il PM in ogni stato e grado del processo di merito possa chiedere il sequestro conservativo dei beni mobili o immobili dell’imputato o delle somme o cose a lui dovute, nei limiti in cui la legge ne consente il pignoramento.
L’art. 317 c.p.p. , il quale disciplina la forma del provvedimento di sequestro conservativo e la competenza, al comma 4 prevede che: “Gli effetti del sequestro cessano quando la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere non è più soggetta a impugnazione”.
In tal modo il codice di rito appare aver sottoposto al solo passaggio in giudicato di una sentenza assolutoria l’ipotesi di revoca del provvedimento di sequestro conservativo.
Effettuando un’interpretazione letterale del disposto sopra citato, la giurisprudenza di legittimità, peraltro in maniera costante nel corso degli anni, ha affermato come non fosse possibile, ed anzi fosse abnorme, il provvedimento di revoca del sequestro conservativo antecedente al passaggio in giudicato della sentenza di proscioglimento o assoluzione.
Una tale interpretazione appariva evidentemente asimmetrica rispetto al sistema delle misure cautelari reali nel processo penale, sempre revocabili e modificabili dal Giudice procedente, sulla base degli accertamenti emergenti dal processo stesso.
A fronte di tale interpretazione meramente letterale del disposto di cui agli art. 316 e 317 c.p.p. altra ed isolata giurisprudenza ha effettuato diversa analisi di tipo sistematico di tutte le disposizioni che regolano la materia cautelare reale nel processo penale, al fine di correggere appunto tali asimmetrie..
La Suprema Corte di Cassazione intervenuta in casi limite, proprio su tale punto, ha avuto modo di precisare che “E’ vero che ai sensi dell’art. 317 c.p.p. comma 4, gli effetti del sequestro conservativo cessano solo a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di proscioglimento, ma è altresì vero che tale disposizione è ispirata dalla ragionevole opportunità di mantenere le garanzie di cui all’art. 316 c.p.p., commi 1 e 2 in presenza del fumus boni iuris e periculum in mora sino alla definizione del processo ed evitare, in caso di riforma della prima sentenza, che eventuali richieste di pagamento da parte dello Stato o delle parti civili divengano concretamente non eseguibili. Se è questa la ratio della disposizione, si deve concludere che la mancata previsione della revoca del provvedimento impositivo non può significare che ove si sia omesso di attivare gli ordinari strumenti di gravame, non sia possibile richiedere la caducazione del provvedimento stesso; e ciò tanto più quando ci si trovi in presenza di una sentenza di assoluzione, sia pur definitiva, in grado di proiettare direttamente i suoi effetti sulla misura in contestazione. La misura cautelare de qua, come è stato più volte affermato da questa Corte, è infatti contrassegnata da una coessenziale strumentalità che la rende operante sul piano della giuridica esistenza solo in quanto tale strumentalità sia sorretta, non soltanto da un’attuale esigenza cautelare, ma anche (e soprattutto) dalla sussistenza dei presupposti condizionanti la sua validità.” (Cfr. Cass. Pen. Sez. II 10.01.2007 nr. 7226, in tal senso anche Sez. VI nr. 1778 19.05.1998, Sez. Vi nr. 13624 25.02.2003, Sez. II nr. 7226 del 10.01.2007.)
Inoltre la Suprema Corte ha precisato che in capo al Giudice procedente, ovvero quello che ha la materiale disponibilità del fascicolo al momento della proposizione della domanda, , incombe un dovere di verifica deli rispetto dei limiti previsti dalla legge per il mantenimento del sequestro.
Il giudice del sequestro conservativo, infatti, deve sempre valutare che il vincolo sia mantenuto nei limiti in cui la legge lo consente e verificare la ragionevole proporzionalità fra i crediti da garantire ed ammontare del debito, dovendo ritenersi applicabile anche nel procedimento penale l’art. 496 c.p.p., che consente al giudice, ove risulti l’esorbitanza dei beni originariamente staggiti rispetto all’ammontare del credito la riduzione del pignoramento…E dunque compito del giudice penale che dispone il sequestro conservativo valutare che il vincolo mantenuto nei limiti in cui la legge lo consente e verificare la ragionevole proporzionalità fra i crediti da garantire e l’ammontare del debito, fermo restando che spetta all’interessato che denunci la sproporzione dare la prova del proprio assunto ( Cfr. Cass. Pen. Sez.  IV 9851/2015).
Appare dirimente quindi l’interpretazione sistematica di altre disposizioni del codice di rito in tema di misure reali, le quali se applicate anche nell’ambito del sequestro conservativo, consento di evitare il verificarsi di situazioni paradossali, di interminabili attese di imputati assolti, ma le cui sentenze ancora non sono passate in giudicato, a causa delle lungaggini giudiziarie.