La sentenza del Tribunale di Torre Annunziata in composizione monocratica pronunciata il 21 febbraio 2012 ha affrontato la questione relativa alla capacità probatoria degli screening dei metabolici, eseguiti mediante analisi di un campione di urine prelevato sull'imputato e da cui è emersa una positività per la cocaina ed i cannabinoidi.
Il test di screening urinario per la ricerca di stupefacenti aveva evidenziato solo che il prevenuto al momento della guida era “positivo” all’assunzione dio annabinoidi e cocaina: tale test però, da solo (cioè non integrato almeno con i risultati del “criterio clinico” di cui innanzi) non permette di fare diagnosi certa d’intossicazione acuta da sostanze stupefacenti con conseguenti alterazioni comportamentali psico-fisiche in atto, tali da pregiudicare l’idoneità del soggetto alla guida di autoveicoli. Tali alterazioni possono essere evidenziate solamente con un esame clinico accertato, da effettuare ovviamente solo dal Medico, unica figura professionale abilitata ad esprimere pareri di tale natura. La stessa visita medica specialistica o non, va comunque effettuata in tempi rapidissimi e congrui al momento dell’acquisizione dei dati forniti dal laboratorio di chimica analitica. La visita medica, ovviamente da effettuare presso struttura pubblica o almeno specificamente autorizzate, può, nel singolo caso, fornire anche precisi orientamenti circa la natura delle sostanze urinarie da ricercare prioritariamente oltre a valutare altresì la validità della metodica utilizzata, l’attendibilità dei risultati ottenuti e la loro significatività in relazione alla natura dei vari segni clinici, rilevabili con l’esame clinico correttamente condotto, ovviamente dopo aver minuziosamente raccolto una dettagliata anamnesi.Si deve aggiungere che, al fine di ottenere elementi realmente utili per la diagnosi d’intossicazione acuta, le analisi sulle urine e sui liquidi biologici devono essere eseguiti in precise condizioni e con metodologie approfondite, allo scopo di fornire garanzie di sensibilità, accuratezza e riproducibilità, riservando la possibilità di confronto con altre sostanze di  riferimento ( dette “standards”), oltre alla possibilità di eseguire i test di conferma ovviamente necessari per una diagnosi definitiva e precisa. 
La Letteratura Scientifica conferma, anche allo stato attuale che il materiale biologico di scelta per eseguire lo screening della droga da abuso resta comunque l’urina, la cui analisi presenta molti vantaggi, quali la semplicità di questo metodo non invasivo, la permanenza della sostanza ricercata in tempi piuttosto lunghi e la facilità del dosaggio in mezzo acquoso. Una certa problematica, però, deriva da alcuni “svantaggi”:1) I campioni di urine possono contenere sostanze interferenti con conseguente adulterazione;2) Non è facile determinare la reale dose assunta oppure l’effettivo arco di tempo intercorso tra l’assunzione della sostanza e tempo dell’indagine.
Rispetto all’assunzione di derivati della cannabis, va sottolineato che tra i cannabinoidi, maggiore interesse riveste il THC ( tetra idro – cannabinolo) che provoca effetti stupefacenti, mentre il CBN (cannabinolo) e il CBD (cannabidilolo) non possiedono azione psicoattiva. La marijuana ne contiene da 0 a 5% (quella albanese ne contiene dal 5 al 12%), mentre l’hashish ne contiene di più, dal 5 al 15%. L’olio di cannabis possiede dal 20 al 30% di THC: tale principio attivo viene liberato con il fumo (pirolisi). Le preparazioni di cannabis (marijuana ed hashish soprattutto) vengono dunque consumate fumando sigarette o ricorrendo a uso di pipe, cioè per vie inalatorie: gli effetti psicoattivi compaiono piuttosto rapidamente, generalmente durano poche ore (in media da 3 a 6 ore), variano da individuo ad individuo ed inoltre,dipendono dalla quantità di sostanza che si consuma. Sul piano strettamente clinico, l’uso di cannabinoidi comportala sensazioni di benessere ed euforia, con accelerazione dell’attività cardiaca e lieve ipotermia: si ha una sensazione di beata “ebbrezza”. 
L’abuso di cannabis può sviluppare progressivamente disturbi della sfera psichica (cosiddetta “sindrome motivazionale”)   alterazioni delle condizioni fisiche, quali: congiuntivite ipermica con la gola secca (sputo cotonoso), ipotensione ortostatica, riniti rinotuecleobronetiti, sindromi dispeptiche. Sul piano clinico- analitico, invece, si deve premettere che il thc- carbossilico, metabolita acido dei cannabinoidi, necessita di un lungo periodo di biotrasformazione e ciò comporta che il livello metabolico permane nell’organismo (e nei suoi liquidi metabolizzi), anche per molto tempo, infatti l’hashish è rilevabile, in sede di accertamento, entro 20-30 giorni nelle urine (cioè 3 o 4 settimane, riferendosi al fumo di una settimana) ed entro 5 o 6 ore solo nel sangue. La marijuana, invece, dopo essere stata fumata è rintracciabile nel sangue al massimo entro 4-6 ore ed entro  4-5 giorni nelle urine ( se si fa riferimento all’uso occasionale) oppure in tempi più lunghi, al pari dell’hashish, se ci si riferisce al fumo di una settimana. 
In ordine al consumo di cocaina, è opportuno ricordare alcune caratteristiche della sostanza. La cocaina è una sostanza stupefacente considerata un potente “stimolante” fisico e psichico di origine naturale, diventata oramai una droga di uso comune. Essa è un derivato dell’acido benzoico ed è un agente simpatico- mimetico. Dopo assunzione per via nasale, (sniffing) di 25-50 mg di sostanza il picco di massima concentrazione nel plasma sanguigno si raggiunge nell’arco di tempo dai 15 ai 60 minuti(45 minuti in media), mentre l’azione euforizzante si avverte già dopo 15 minuti. L’uso di cocaina favorisce il rilascio di neurotrasmettitori, quali la nor-adrenalina e la dopamina.
L’eccesso di adrenalina, che si verifica subito dopo l’uso di cocaina, comporta effetti cardiovascolari, quali aumenti della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca, oltre ad altri effetti, quali l’aumento della temperatura corporea e della frequenza del respiro, associati a midriasi e vasocostrizione (a livello miocardico, renale, intestinale, epatico).
L’aumentato rilascio di dopamina, invece, spiega l’insorgere degli effetti comportamentali determinato dall’assunzione di cocaina: aumento del tono psichico con intensa euforia e loquacità, incremento dell’attività mentale e del senso di autostima, tendenza all’iperattività, iperstimolazione sessuale, attenuazione del senso di affaticamento, netto miglioramento della lucidità mentale. Gli effetti acuti, che cominciano a manifestarsi presto, (cioè intorno ai 15 minuti dopo l’assunzione) usualmente si attenuano dopo  45-60 minuti dopo “sniffing” (inalazione per via nasale) e dopo 25-30 minuti dopo la somministrazione per via endovenosa: quest’ultima via di introduzione fa registrare il massimo effetto della cocaina dopo circa 7 minuti di distanza rispetto al bolo endovena del prodotto stupefacente. 
Sul piano clinico l’intossicazione acuta da cocaina non è facilmente distinguibile dall’intossicazione da amfetamina: essa, infatti, si manifesta con tremori, irritabilità, sudorazione profusa, confusione mentale ed episodi di allucinazioni sensorie. Tale intossicazione può anche portare a morte per depressione dell’attività del centro respiratorio.
Si ritiene che la dose letale minima (d.l.m.) sia uguale o superiore 1,2 grammi.
In occasione dei fatti per cui è processo al Sig. Simonetti sono state praticate solo analisi di urine che essendo un semplice “test chimico qualitativo” non inserito in un contesto clinico, indica solo la presenza delle droghe o di loro metaboliti nelle urine, ma non è  sufficiente per far formulare diagnosi certa di intossicazione acuta in atto da sostanze vietate. Da un campione urinario “positivo” non si può ben dedurre il tempo trascorso rispetto all’assunzione di  sostanze. Tale test di chimica analitica, tra l’altro non confermato da successivi e/o altri test, non può, in alcun modo nel caso de quo, essere indicativo di uno stato di alterazione psico-fisica in atto (tra l’altro nemmeno ricercato o evidenziato dal medico) tale da pregiudicare l’idoneità del dì soggetto alla guida di autoveicoli. Quindi, Giurisprudenza di legittimità e di merito hanno da tempo precisato quale sia l’elemento oggettivo del reato: “ la condotta tipica del reato previsto dall’art.187, commi primo e secondo, cod. strad. non è quella di chi guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti, bensì, quella di colui che guida in stato di alterazione psicofisica determinata da tale assunzione. Perché possa dunque affermarsi la responsabilità dell’agente non è sufficiente provare che, precedentemente al momento in cui lo stesso si è posto alla guida, assunto stupefacenti, ma altresì che egli guidava in stato di alterazione causato da tale assunzione”. (Cass. Pen. Sez IV, 8 luglio 2008, , n.33312).
In un obiter dictum, la Corte di Cassazione, ritiene “opzione scientifica non arbitraria” il fatto che la presenza del principio attivo stupefacente persista per un certo arco temporale, della durata anche di diversi giorni, dopo l’assunzione della sostanza; ragionando in astratto, la Corte afferma che ciò potrebbe non costituire prova certa al di là di ogni ragionevole dubbio di uno stato di alterazione da stupefacenti che costituisce i prorprium del reato di cui all’art.187 c.d.s. ( Corte di Cass. Sez IV penale Sentenza 9 luglio2009 n. 28219).
Nello specifico la presenza di dette sostanze rilevata nelle urine e nel sangue con le tecniche di screening va da circa 4 giorni per la cocaina e anche oltre i 20/30 giorni per i derivati della cannabis; dunque l’apparente positività rilevata supportata con analisi di conferma dell’effettivo livello, con tecniche di tipo cromatografico accoppiate alla spettrometria di massa (GC-MS/LC.MS.).
Emerge come l’accertamento compiuto sulle urine non è dirimente poiché decreta solo l’esito positivo o negativo dell’esame e essendo un test qualitativo, indica solo la presenza della droga o di un suo metabolita nelle urine e non indica o misura l’intossicazione. Per altro è opinione comune tra gli esperti che alcune sostanze e/o fattori, come errori tecnici e di procedura, possono interferire con il test falsandolo.
Nel caso in esame dunque è possibile affermare con altissima probabilità che l'imputato abbia fatto sì uso di cocaina e di cannabinoidi, ma in tempi precedenti rispetto al verificarsi dell’evento, quindi, nulla proverebbe lo stato di intossicazione acuta del medesimo e nemmeno le alterazioni psicofisiche consequenziali. Di guisa sarebbe stato necessario, per una maggiore attendibilità e trasparenza, effettuare analisi chimico-biologiche attendibili sui campioni di test biologici, come un semplice prelievo venoso oltre ad accertamenti medici. Nel caso de quo, tuttavia l’esame ematico è mancante, così come l’esame chimico corretto, di conseguenza appare irrefutabile che essi non possano essere utilmente svolti mediante ulteriori accertamenti, sicché la prova deve considerarsi cristallizzata con gli anzidetti insuperabili limiti intrinseci.