Nella prassi giudiziaria capita spesso di imbattersi nel reato previsto dall’art. 73 DPR n. 309/1990 (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope); tale norma ha lo scopo di garantire la tutela della salute pubblica contro il triste fenomeno dello spaccio di sostanze stupefacenti che, anche in Italia, sta assumendo fenomeni preoccupanti.

Il legislatore ha inteso colpire ogni tipo di attività diretta a facilitare il reperimento sul mercato di sostanze psicotrope, prevedendo altresì delle pene particolarmente elevate per chi viene riconosciuto responsabile di questo grave reato. 

Inoltre, non va dimenticato che la L. 21 febbraio 2006 n. 49, ha modificato in più parti l’art. 73 DPR n. 309/1990, prevedendo, di fatto, l’abolizione della distinzione tra droghe “leggere” e droghe “pesanti” ma, riconoscendo al tempo stesso un ambito di applicabilità più esteso in merito al c.d. fatto di lieve entità previsto dal 5° comma dell’art. 73.

Senza volerci addentrare sul tema della circostanza del fatto di lieve entità, possiamo soffermarci sull’eventuale responsabilità (penale o meno) che derivi dalla detenzione di sostanza stupefacente in misura superiore rispetto a quanto stabiliscono le tabelle modificate dalla L. 49/2006.

E’ evidente che, qualora si assista allo sforamento dei quantitativi indicati in dette tabelle, all’imputato verrà certamente contestata l’ipotesi criminosa indicata dall’art. 73 DPR n. 309/1990 che, come si è visto prima, ha l’obiettivo di stroncare ogni possibile commercio o compravendita di sostanze stupefacenti.

In realtà, pare opportuno precisare che, secondo la giurisprudenza di merito e di legittimità, il parametro quantitativo della sostanza stupefacente, (e di conseguenza il superamento dei quantitativi tabellari) ha una valenza meramente indiziaria dell’uso non solo personale della sostanza stupefacente.

Ciò comporta che il Giudice è tenuto a compiere un accertamento di merito sulla destinazione della sostanza facendo ricorso a una serie di elementi indiziari quali ad esempio: la qualità soggettiva di tossicodipendente o meno del detentore, la presenza di un’attività lavorativa che faccia disporre di introiti leciti con i quali soddisfare la dipendenza, l’assenza/presenza di sostanza da taglio, il possesso o meno di strumenti di pesatura, il possesso di denaro con modalità indicative dello spaccio (Tribunale Verona 27.4.2006, GIP Tribunale Napoli, 19.4.2007, Cass. pen. sez. VI, 5.5.2008 n. 17899).

In concreto quindi, sarà compito della Pubblica Accusa da un lato dimostrare che la sostanza stupefacente rinvenuta a carico dell’imputato è destinata al mercato dei tossicodipendenti con evidenti rischi per la salute pubblica, mentre dall’altro lato la difesa, per controbattere la tesi accusatoria, dovrà provare che l’imputato è un assuntore abituale e che p.es. ha la disponibilità economica di mezzi di sostentamento leciti per acquistare sostanza stupefacente o che risulta essere seguito già da tempo dal SERT (Servizio per le tossicodipendenze che lo scopo principale di provvedere alla cura e alla riabilitazione di tutti quei soggetti che presentano problemi dovuti all’abuso di sostanze alcoliche o stupefacenti).

L’imputato potrà anche dimostrare (ed è un caso molto frequente) che il quantitativo di sostanza stupefacente è stato da lui utilizzato come “scorta” per il futuro perché abita in una zona di campagna molto distante dal capoluogo di provincia dove è più facile approvvigionarsi di droghe.

Ricordiamo infatti che, in materia di detenzione di sostanze stupefacenti, grava sul Pubblico Ministero l’onere di provare la destinazione a terzi della sostanza stupefacente, magari facendo riferimento ai precedenti dell’imputato o all’assenza di una stabile attività lavorativa dello stesso.

Inoltre la Pubblica Accusa potrebbe ritenere l’imputato responsabile del reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti nel caso in cui, a seguito di perquisizione effettuata ai sensi dell’art. 103 DPR n. 309/1990, siano rinvenuti nella disponibilità del reo diversi quantitativi di sostanze stupefacenti diversi tra di loro (cocaina e hashich), elemento inequivocabile della facilità con cui il soggetto riesce a soddisfare le richieste dei tossicodipendenti.  

Qualora il Giudice, nel pieno rispetto dei principi che informano il giusto processo ex art. 111 Cost., dovesse pronunciare una sentenza di assoluzione nei confronti dell’imputato, verrebbe probabilmente definita la vicenda penale, mentre resterebbe aperta la vicenda dal punto di vista amministrativo.

Infatti, non va dimenticato che il Giudice con la medesima sentenza, potrebbe disporre la trasmissione degli atti al Prefetto del luogo di commissione della violazione affinchè valuti l’opportunità di applicare sanzioni extrapenali contro l’assuntore di sostanze stupefacenti.

A tal proposito, l’art. 75 DPR n. 309/1990 stabilisce che, chiunque illecitamente importa, esporta, acquista, riceve sostanze stupefacenti al di fuori delle ipotesi di cui all’art. 72 può essere assoggettato, per un periodo compreso tra un mese ed un anno, alle seguenti sanzioni di carattere amministrativo:

a) sospensione della patente di guida o divieto di conseguirla;

b) sospensione della licenza di porto d’armi o divieto di conseguirla;

c) sospensione del passaporto o divieto di conseguirlo;

d) sospensione del permesso di soggiorno per motivi di turismo o divieto di conseguirlo se cittadino extracomunitario.

Si tratta di sanzioni che incidono notevolmente sulla libertà personale in quanto, privano il soggetto di documenti necessari per lo svolgimento di determinate attività; il legislatore, prevedendo tali restrizioni, ha così inteso dissuadere il soggetto che abitualmente faccia uso di sostanze stupefacenti che, va ricordato, può compromettere nel lungo termine lo stato di salute. 

Pensiamo ad esempio alla patente di guida, documento oramai divenuto indispensabile per condurre autoveicoli, autocarri e motoveicoli.

La privazione della patente per un certo periodo di tempo può causare un notevole pregiudizio soprattutto qualora la sanzione venga applicata nei confronti di un rappresentante che, notoriamente, utilizza l’autovettura per gli spostamenti necessari per lo svolgimento dell’attività lavorativa.

In concreto quindi, la minaccia di subire questo tipo di sanzioni extrapenali dovrebbe indurre il trasgressore ad astenersi da condotte che, pur non costituendo illeciti penali, vengono comunque punite perché ritenute contrarie all’ordine pubblico.

Nei casi in cui il soggetto sia oramai divenuto un assuntore abituale di sostanze stupefacenti, potrà essere invitato dal Prefetto a sottoporsi ad un apposito programma terapeutico e socio-riablitativo al fine di curare la sua dipendenza.

Il trasgressore è incentivato a seguire il percorso di natura medica in quanto, in caso di esito positivo, può ottenere, da parte dell’organo prefettizio, la revoca delle sanzioni che a suo tempo gli erano state inflitte; una simile eventualità può pertanto facilitare un rapporto di collaborazione costruttivo tra il tossicodipendente e le autorità sanitarie.