Affrontiamo un problema assai diffuso che spesso cagiona incidenti ai danni della comunità, ovvero la mancanza o carenza di manutenzione e di cura delle strutture pubbliche.

Ebbene, come accade di frequente, traiamo spunto da una recentissima sentenza della Corte di Cassazione, n. 27035 datata 11.07.11, con la quale la Suprema Corte stabilisce che l’omessa manutenzione di strade e tombini, qualora provochi dei danni alle persone, deve essere configurata quale causa di lesioni colpose e, quindi, origine di un procedimento penale a carico dei responsabili, ovvero del dirigente o del responsabile dell’ufficio manutenzione.

Invero, nel caso in oggetto, si trattava dell'improvvisa caduta di un passante dentro il tombino privo di coperchio. Sulla stessa caduta, ha ancora ricordato il giudicante, ha avuto modo di riferire anche un teste che, pur avendo sostenuto di non ricordare i fatti, ha tuttavia precisato che "forse" un signore si era fatto male perché era caduto dentro un tombino che, ha aggiunto, come gli altri della zona, erano privi di copertura. Circostanza, quest'ultima, confermata dal teste, v. brigadiere M.R.B., intervenuto dopo l'incidente, che ha ribadito non solo la presenza, sul posto, di tombini senza coperchio, ma ha precisato che gli stessi non erano in alcun modo delimitati e segnalati e che la strada era priva di illuminazione.

Attesa la qualifica di responsabile dell'ufficio manutenzione del comune, si è ribadito proprio come a carico dell’imputato incombesse il dovere di intervenire per eliminare l'insidia creatasi sulla strada, peraltro anche priva di illuminazione. Né può il ricorrente pensare di eludere le responsabilità connesse con tale qualifica, adducendo di non avere avuto notizia di tale assenza. In realtà, le funzioni affidategli e la posizione di garanzia che da esse per lui derivava, avrebbero dovuto indurlo, non ad attendere passivamente la segnalazione di terzi, ma ad attivarsi in maniera autonoma per prevenire ogni possibile incidente mediante controlli periodici e frequenti.

Tra l’altro, secondo la Suprema Corte, l’imputato era portatore di poteri, oltre che di organizzazione e di intervento, anche di controllo. Circostanza che delinea un preciso profilo di colpa a carico dello stesso poiché ne denuncia una gestione meramente passiva ed attendista dell'ufficio ricoperto, laddove una corretta e dinamica interpretazione delle funzioni avrebbe dovuto indurlo ad attivarsi, a prescindere dalle segnalazioni di terzi, per organizzare uno specifico servizio di controllo come sopra delineato.

Controllo che, peraltro, nel caso specifico non avrebbe dovuto riguardare l'assenza solo delle coperture dei tombini, ma anche di segnali che avvertissero del pericolo rappresentato dalle buche scoperte, ed anche la mancanza di illuminazione, che rendeva la zona ancor più a rischio per i cittadini.