Svegliarsi di soprassalto di notte è esperienza inquietante. E' vero che ora i telefoni possono essere spenti a piacimento, ma non sempre questa libertà ci è consentita e diventa inevitabile subire. All'inizio la paura assale, l'angoscia per una notizia terribile (chissà perché si immagina sempre che le cattive notizie giungano di notte, forse è il buio che forma ombre che obnubilano i pensieri rendendoli grevi) che potrebbe esserci comunicata ha il sopravvento, ma anche quando le telefonate mute si susseguono il risveglio è doloroso. Solo dopo un primo momento la mente riprende lucidità e ci ricorda che uno sconosciuto ha invaso la nostra pace silente.

Il desiderio che il tormento notturno cessi è imperante e l'unico modo è cercare di dissuadere il molestatore con una denuncia.Le molestie telefoniche sono punite dall'art. 660 c.p. che la giurisprudenza recente riconosce integrato da condotte che per le modalità di esecuzione diventino estremamente gravose per la vittima. Sono perseguiti gli invii ossessivi di SmS (Cass. Pen.sez. I, 24/06/2011, n. 30294, Cass. pen. 2012, 10, 3431), non, invece l'invio di e.mail perché privi, in quanto tali, del carattere della invasività presente nelle telefonate e nei messaggi telefonici e richiesto dalla norma incriminatrice (Cass. pen., sez. fer., 06/09/2012, n. 44855, D&G, 2012). Si può proporre una analogia tra la corrispondenza cartacea e quella recapitata presso una casella di posta elettronica, entrambi non comportano un contatto tra molestatore e vittima.

In particolare l'istruttoria dibattimentale dovrà dare prova della quantità delle telefonate , degli orari in cui avvenivano, della concentrazione temporale e delle modalità delle chiamate.

La recente sentenza del Tribunale di Vigevano ha condannato l'imputata che aveva per tempo importunato soprattutto nelle ore notturne la vittima, colpevole a suo giudizio, di averla allontanata da una associazione di volontariato, presso la quale voleva praticare il suo amore per gli animali. L'imputata era conosciuta per problemi comportamentali e per questo motivo sottoposta a esame peritale che ha diagnosticato un disturbo della personalità di natura non psicotica, caratterizzato da un modello di esperienza interiore e di un comportamento che deviano dalle aspettative (così testualmente in sentenza). L'incapacità di intendere e di volere non è pertanto esclusa e così la sentenza è di condanna.