Come già ribadito in un precedente articolo pubblicato dal sottoscritto su questo sito, la questione dei contratti a termine ai sensi dell'art. 2, comma 1 bis, del D.Lgs. 368/2001, rappresenta una intricatissima vicenda che riguarda i diritti di tantissimi lavoratori precari alle dipendenze di Poste Italiane.
Proprio per questo motivo, anche a fronte delle numerose richieste di consulenze ricevute sull'argomento, è opportuno segnalare la giurisprudenza attuale in materia e fare il punto della situazione.
Innanzitutto, ricordiamo che dopo le Ordinanze "Vino" della Corte di Giustizia Europea, la giurisprudenza comunitaria si è assestata nel senso della legittimità della norma che prevede la a-causalità dei contratti stipulati da Poste Italiane, quale concessionario del servizio postale universale.
Fermo restando che tale posizione della Corte, come già sottolineato nel precedente intervento del sottoscritto, non ha mancato di sollevare notevoli critiche e non è improbabile che venga presto rimessa in discussione. Però, al momento la situazione è questa e bisogna tenerne conto.
In ogni caso, a prescindere dalle interpretazioni giurisprudenziali, sulla scorta della lettura della norma, risultavano sicuramente illeggittimi i contratti ex art. 2 comma 1 bis nei seguenti casi:
A) successione di più contratti stipulati ai sensi di tale norma;
B) quando la stipula del contratto è avvenuta per lo svolgimento di mansioni attinenti ai servizi finanziari e non postali in senso stretto;
C) per i contratti stipulati negli anni 2007 e 2008, anni in cui è stata superata la cd. clausola di contingentamento, fissata dalla legge.
Bisogna evidenziare che ormai il contenzioso in tali suddette ipotesi è residuale in quanto, a fronte delle numerose condanne in giudizio, Poste ha smesso di stipulare contratti successivi o di adibire lavoratori a mansioni finanziare con tale tipo di contratto. Gli eventuali giudizi ancora eventualmente pendenti in appello non dovrebbero, quindi, rappresentare notevoli difficoltà.
Invece, la questione spinosa attualmente sul tavolo resta quella del primo ed unico contratto stipulato per mansioni attinenti a servizi postali in senso stretto (caso emblematico quello dei portalettere).
E' opportuno segnalare innanzitutto, per dovere di correttezza, che gran parte della giurisprudenza di merito formatasi sull'argomento è sostanzialmente negativa, sul presupposto che sia la Corte Costituzionale nel 2009 che le famose Ordinanze Vino della Corte di Giustizia hanno riconosciuto la legittimità dei contratti a-causali.
Eppure, è doveroso segnalare che vi sono anche numerose sentenze di merito favorevoli ai lavoratori, provenienti sia da parte di Tribunali che di Corti d'Appello di tutto il territorio nazionale, sia in riferimento alla questione dei settori su cui calcolare la percentuale della clausola di contingentamento che per la questione della mancata prova  del rispetto di tale percentuale a fronte dei dati forniti in giudizio da Poste. 
Segnalo che proprio la questione del superamento della clausola di contingentamento o della mancata prova sul punto da parte di Poste, rapprensentano i principali motivi che attualmente portano alla vittoria dei ricorsi.
Data la mole di sentenze sul punto, si segnala in tale articolo solo l'ultima in ordine di tempo presa in visione dal sottoscritto e favorevole al lavoratore, che è quella del Tribunale di Siena del 26 settembre 2012 di notevole pregio sia per l'articolazione della motivazione che per lo sforzo di ricostruzione complessiva della vicenda.
Su tali questioni, inoltre, si è pronunciata anche la Corte di Cassazione che - ribadendo la sostanziale legittimità della norma in base al richiamo alla Ordinanza Vino e alla sentenza della nostra Corte Costituzionale del 2009 - ha lasciato totalmente aperta la questione relativa alla clausola di contingentamento, avendo toccato in motivazione solo l'aspetto riguardante il relativo onere della prova che è, in ogni caso, Poste a dover fornire non essendo il lavoratore in grado di farlo.
Da segnalare, infine, che sull'argomento pendono ancora giudizi dinanzi alla Corte di Giustizia Europea che attendono di essere decisi.
Concludendo, si deve ribadire che la questione è in costante divenire e, pertanto, per quanto riguarda l'opportunità di impugnare o meno il primo e unico contratto a termine ai sensi dell'art. 2 comma 1 bis, non si può dare una risposta univoca nè certa. Ogni caso va valutato nella sua specificità in quanto di volta in volta possono emergere anche motivi di ricorso differenti da quelli di solito utilizzati e che potrebbero risultare eventualmente decisivi.
Come ho segnalato nel precedente articolo pubblicato sull'argomento, il sottoscritto pone notevole attenzione alla problematica della normativa sulla valutazione dei rischi inerenti l'attività che il lavoratore deve svolgere e che Poste deve rispettare pena la eventuale nullità del termine apposto al contratto a termine con conversione del rapporto. Si segnala che sul punto vi sono ancora poche pronunce giurisprudenziali e, pertanto, la questione andrà vagliata in giudizio. Ad ogni modo, Vi segnalo che il Tribunale di Milano sulla scorta di tale motivo di impugnazione ha già dichiarato la nullità del termine apposto ad un contratto di Poste.
Avv. Giovanni Luca SIMONE (del Foro di Foggia)