Quale sorte toccherà ai lavoratori della ditta appaltatrice se l'Ente pubblico indice una nuova gara ? E' possibile che venga salvato il loro posto di lavoro attraverso l'assunzione da parte della ditta neovincitrice dello stesso appalto ? Si tratta di questioni concrete e spinose , soprattutto in tempi di crisi occupazionali . E tra l'altro si tratta di interrogativi a cui gli stessi pubblici funzionari non sanno trovare nell'immediatezza risposte, con conseguenti preoccupazioni e tensioni di natura sindacale. Il nodo del problema trova il proprio riferimento normativo basilare nella Normativa e Giurisprudenza Europea così come è stata poi recepita in materia d’appalti dalla Legislazione nazionale . In particolare, con riguardo alle prime, occorre far perno sulle Direttive dell’Unione Europea 2004/17/CE, articolo 10 e 2004/18/CE, articolo 2 ed ancora sulle decisioni della Corte di Giustizia Europea del 7 dicembre 200, C 324/1998 e 3 dicembre 2001 , C 59/2000. Tale produzione Normativa e Giurisprudenziale ha trovato poi adeguato riscontro nella produzione legislativa nazionale con ilDecreto Legislativo del 12 aprile 2006 , numero 163. Qui si prevede, all’articolo 2, che :” L’affidamento e l’esecuzione di opere e lavori pubblici, servizi e forniture, ai sensi del presente codice , deve garantire la qualità delle prestazioni e svolgersi nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza; l’affidamento deve altresì rispettare i principi di libera concorrenza , parità di trattamento , non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché quello di pubblicità con le modalità indicate nel presente codice”. Al comma 2 , espressamente dello stesso articolo si prevede ad un temperamento di tipo sociale al principio di economicità della prestazione. “ Il principio di economicità può essere subordinato , entro i limiti in cui sia espressamente consentito dalle norme vigenti e dal presente codice, ai criteri, previsti dal bando , ispirati a esigenze sociali (..)”. Tale previsione ricade nell’ambito dei “Principi” generali che devono informare sul punto l’attività della pubblica amministrazione e tuttavia, il rinvio alle esigenze sociali ed il loro rilievo viene nuovamente ripreso dal detto Decreto Legislativo , con riguardo alla fase operativa del codice degli appalti , all’articolo 69 , in cui si tratta delle “ condizioni particolari di esecuzione del contratto prescritte nell’invito”. Quindi così si legge:”1. Le stazioni appaltanti possono esigere condizioni particolari per l’esecuzione del contratto, purchè siano compatibili con il diritto comunitario e tra l’altro, con i principi di parità di trattamento , non discriminazione , trasparenza , proporzionalità e purchè siano precisate nel bando di gara (..). 2.Dette condizioni possono attenere in particolare a esigenze sociali o ambientali.(..) 3. In sede di offerta gli operatori economici dichiarano di accettare le condizioni particolari , per l’ipotesi in cui risulteranno aggiudicatari.” Il principio di economicità , cioè , in sostanza, la libertà d’impresa del soggetto economico che vincerà l’appalto sono subordinati , cioè sono destinati ad avere minor rilievo ed a declinare dinanzi ad esigenze di natura sociale e queste possono essere espressamente previste nel bando di gara. Tra queste esigenze vi è certo quella di mantenere il livello occupazionale dei dipendenti già impiegati nello stesso servizio . Il lavoro ed il diritto al lavoro hanno rilievo di natura costituzionale , risultando appunto i valori richiamati all’articolo 1 Cost. il mattone fondamentale della stessa Repubblica Italiana. Ma anche l’articolo 35 della Costituzione costituisce un riferimento programmatico importante ai fini dell’interpretazione degli articoli 2, comma 2 e 69, del Decreto Legislativo 163/2006: “ La Repubblica tutela il la voro in tutte le sue forme ed applicazioni”. La tutela del lavoro , naturalmente passa per una tutela degli “attuali livelli occupazionali”. Tanto è provato anche dall’attenzione che il Legislatore Ordinario pone nel momento in cui si verifica il trasferimento dell’azienda . L’articolo 2112 del Codice civile prevede infatti tutta una serie di garanzie a favore dei lavoratori laddove si verifichi il trasferimento di azienda o di ramo d’azienda : tra queste garanzie vi è anche il diritto alla conservazione del posto di lavoro per il dipendente. Si legge infatti al comma 1 di detta Norma che in questi casi “ (..) il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano”. E’ evidente che si intende così garantire proprio la conservazione del livello occupazionale aziendale è quindi questo un favor che trova il suo fondamento nella normativa costituzionale ed il suo riscontro “ operativo” nella legislazione ordinaria civilistica . In virtù di tale fondamento logico-legale potrà senz’altro farsi rientrare la “tutela dei livelli occupazionali” nell’ambito delle esigenze sociali previste nel Decreto Legislativo 163/2006 . Tale conclusione trova riscontro concorde inGiurisprudenza e Dottrina . Il Tribunale Amministrativo del Lazio , sede di Roma , ha infatti così deciso nella sentenza numero 6094 del 18/06/2013 . “ La clausola sociale o di salvaguardia sociale, oltre che armonizzarsi con le finalità di interesse collettivo , riconosciute come limite per la libertà di iniziativa economica privata, trova riscontro anche nell’articolo 2, comma 2, codice dei contratti pubblici , che subordina il principio di economicità – nel rispetto delle norme vigenti- ai criteri ispirati a esigenze sociali , non senza ampia sponda anche a livello comunitario. A livello normativo primario nazionale , le esigenze di conservazioni del posto di lavoro, in caso di trasferimento di azienda, sono recepite dall’articolo 2112 c.c. , la cui applicabilità è stata estesa ai casi in cui il trasferimento derivi non da un contratto fra cedente e cessionario , ma da un atto autoritativo della p.a.(..) “. La sentenza dei Giudici Amministrativi romani è recentissima e certo pone il punto rispetto a qualsiasi perplessità . D’altra parte sulla legittimità della clausola di salvaguardia sociale si sono espressi in maniera uniforme il Consiglio di Stato, nella sentenza del 15/6/2009 n° 3900 ed ancora in maniera costante la stessa Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori , Servizi e Forniture ( Pareri 39/2013, 44/2010, Parere Acvp AG 41/2012 e Deliberazione Avcp 97/2012). In tutte queste decisioni viene ribadito il principio per cui :”La cosiddetta clausola sociale va interpretata nel senso che l’appaltatore subentrante deve prioritariamente assumere gli stessi addetti che operavano alle dipendenze dell’appaltatore uscente(..)”. Con riguardo al caso di specie è questa l’unica considerazione che viene ad assumere importanza , considerato che nessuna modifica la P.A. prevede di realizzare nell’erogazione del servizio e per cui neanche si pone in concreto il problema di dover armonizzare il numero e la qualifica degli addetti all’organizzazione d’impresa prescelta dall’impresa subentrante. D’altra parte si ribadisce quanto deriva dalla Normativa stessa applicabile al caso di specie e cioè la subordinazione del principio di economicità ai principi ed ai criteri ispirati da esigenze sociali e quindi mirati al rispetto dei livelli occupazionali consolidati.
Cambia l'impresa, i lavoratori restano : è legittimo nell'appalto per pubblici servizi prevedere la clausola "salvalavoratori"
Quale sorte toccherà ai lavoratori della ditta appaltatrice se l'ente pubblico indice una nuova gara? E' possibile che venga salvato il loro posto di lavoro attraverso l'assunzione da parte della ditta neovincitrice dello stesso appalto ?
Avv. Ciro Renino
di Portici, NA
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