Con la sentenza n. 1242 pubblicata il 01/02/2016 la Corte d’Appello di Milano ha dato concreta applicazione ai principi espressi dalla Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la pronuncia n. 17685 del 07/09/2015.
In particolare, in tale sentenza, la Corte di Cassazione ha preliminarmente analizzato due diversi orientamenti sviluppati in materia: secondo un primo orientamento “in tema di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, pur nel regime precedente l’entrata in vigore del decreto legislativo 38/2000, è indennizzabile l’infortunio occorso al lavoratore in itinere, ove sia derivato da eventi dannosi, anche imprevedibili ed atipici, indipendenti dalla condotta volontaria dell’assicurato, atteso che il rischio inerente il percorso fatto dal lavoratore per recarsi al lavoro è protetto in quanto ricollegabile, pur in modo indiretto, allo svolgimento dell’attività lavorativa, con il solo limite del rischio elettivo”.
Altro orientamento sosteneva che “per la configurazione dell’infortunio indennizzabile è necessario che la causa violenta sia connessa all’attività lavorativa, nel senso che inerisca alla suddetta attività o che sia almeno occasionata dal suo esercizio”.
In sostanza il contrasto giurisprudenziale si fondava sulla interpretazione della espressione “occasione di lavoro” e, a tal fine, i giudici di legittimità hanno fornito una interpretazione restrittiva di tale espressione sostenendo che l’infortunio in itinere deve tutelare il lavoratore da tutti gli eventi dannosi che siano strettamente dipendenti dalle prestazioni lavorative svolte e con queste connesse da “un vincolo obiettivamente e intrinsecamente apprezzabile”.
In particolare la Suprema Corte ha affermato che “l’espressa introduzione dell’ipotesi legislativa dell’infortunio in itinere non ha derogato la norma fondamentale che prevede la necessità non solo della “causa violenta” ma anche della ”occasione di lavoro” con la conseguenza che, in caso di fatto doloso del terzo, legittimamente va esclusa dalla tutela la fattispecie nella quale in sostanza venga a mancare la “occasione di lavoro” in quanto il collegamento tra evento ed il “normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione e quello di lavoro” risulti assolutamente marginale e basato esclusivamente su una mera coincidenza cronologica e topografica”
Con la sentenza in commento la Corte d’Appello di Milano ha applicato quanto espresso dalle Sezioni Unite affermando che l’assicurazione comprende tutti i casi di infortunio avvenuti per causa violenta in “occasione di lavoro” richiedendosi che ricorra, comunque, un collegamento con l’attività lavorativa che giustifichi la tutela differenziata rispetto ad altri eventi dannosi.
Secondo i giudici milanesi l’indirizzo della Suprema Corte è basato su una più corretta interpretazione logico-sistematica della norma in esame dovendosi affermare che il comma 12 introdotto dal D.Lgs 38/2000 deve essere letto nel quadro del sistema delineato dall’art. 2 che detta la norma fondamentale secondo la quale l’assicurazione comprende tutti i casi di infortunio avvenuti per causa violenta in “occasione di lavoro”.
Nel caso di specie, a detta della Corte d’Appello, il soggetto aggredito conosceva il suo aggressore e, pertanto, una volta ricostruita la dinamica dei fatti, ha ritenuto di dover confermare la pronuncia di prime cure ed escludere così l’occasione di lavoro posto che l’evento dannoso avrebbe potuto essere consumato ricercando l’aggressore l’occasione propizia anche in tempo e luogo diverso da quelli del rientro a casa dal turno di servizio dello sfortunato lavoratore.