Esistono rapporti di lavoro di difficile collocazione, con la compresenza di indici sussidiari e subordinazione e assenza della eterodirezione e privi di direttive vincolanti in senso restrittivo. Le collaborazioni coordinate continuative (a progetto) sono rapporti che evocano la subordinazione perché si realizzano in base ai requisiti della collaborazione, del coordinamento e per l’elemento della continuità (indici prova della subordinazione). Non presentano, però, l’elemento della eterodirezione. Appartengono all’area della cosiddetta parasubordinazione e rientrano, comunque, nell’ambito dell’autonomia . Il d.lgs.276/’03 (cd. legge Biagi) ha tentato di fornire una regolamentazione di queste posizioni, fino ad allora prive di una nozione sostanziale Esse trovavano una qualificazione in base ad una norma processuale, l’art. 409 co. 3 c.p.c.: i rapporti di lavoro di cui alla medesima norma sono i rapporti soggetti al processo del lavoro. Venivano cosi inquadrate le co.co.co., definite in base a: Coordinamento Collaborazione Continuità La legge Biagi ha definito sul piano sostanziale il lavoro parasubordinato, aggiungendo un ulteriore elemento definitorio rappresentato dal progetto, programma o fase di esso. Quindi: coordinamento, collaborazione,continuità, progetto,programma,assenza di subordinazione Nasce il lavoro a progetto (co.co.pro.), riconducibile alla tipologia contrattuale del lavoro autonomo. Le co.co.co. non esistono più. Posta la natura autonoma del rapporto, la legge Biagi, riconosce uno statuto protettivo nei confronti di questa categoria contrattuale; Negli interventi successivi alla legge Biagi (finanziaria l.296/’07, l.297/’07 sul welfare) è stata ampliata la tutela sotto il profilo del diritto della previdenza sociale (riconosciuta la malattia, più tempo per la lavoratrice madre, riconosciuti ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria).La disciplina applicabile ai co.co.pro. è quella assimilabile a quella del lavoro dipendente, che tuttavia non si identifica con essa. Requisiti di forma del lavoro a progetto: Il lavoro a progetto è un contratto che presuppone che dalla sua esecuzione il rapporto cessi. Secondo gli artt. 63 ss. del dlgs 276/03 la durata dovrà essere determinata o determinabile. E’possibile una reiterazione al rinnovarsi del progetto. E’ previsto il requisito di forma ad probationem: forma scritta per provare in giudizio il rapporto di lavoro a progetto. Sul piano sanzionatorio,se manca un progetto si determina una presunzione relativa di subordinazione del rapporto. Il lavoratore deve dimostrare l’assenza del progetto; ma la presunzione è relativa, quindi il committente deve dimostrare che esiste l’autonomia, quindi l’inesistenza dell’eterodirezione. Giurisprudenza e dottrina sono in disaccordo ; in via maggioritaria considerano una presunzione relativa, altri considerano una presunzione assoluta e quindi la conversione del rapporto si attuerà in presenza della sola prova della mancanza del progetto. Ciò è sufficiente per convertire il rapporto. Per mancata individuazione del progetto, che realizza l’ipotesi di cui all’art. 69, comma 1, del D.Lgs. n. 276 del 2003, con la conseguenza che il rapporto tra le parti viene considerato un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, si deve intendere sia la mancata individuazione formale del contenuto del progetto o programma, sia la non configurabilità di un effettivo progetto, che non può ritenersi adeguatamente descritto allorché consista nella semplice descrizione del contenuto delle mansioni, senza alcun accenno all’obiettivo che si intende raggiungere ed alle attività ad esso prodromiche e funzionali al suo conseguimento (cfr. Trib.Milano, 2.08.2006, fattispecie di progetto di monitoraggio delle opinioni, tendenze e grado di soddisfazione dei consumatori).