E’ senza dubbio nella disciplina della contrattazione collettiva che il rapporto alle dipendenze della p.a. trova maggiori contatti con il rapporto di lavoro privato.   La contrattazione collettiva è, infatti, oggi la fonte primaria di regolamentazione del rapporto di pubblico impiego.   L’art. 4 del D. Legislativo 165/2001 prevede che la contrattazione collettiva si svolga su tutte le materie attinenti al rapporto di lavoro ed alle relazioni sindacali e si sviluppa su due livelli, i contratti nazionali collettivi di comparto ed i contratti integrativi.   La contrattazione nazionale, dunque, si fonda, in via principale, sui contratti di comparto, per settori omogenei o affini, determinati mediante appositi accordi tra l’ARAN (l’Agenzia per la rappresentanza negoziale della Pubblica Amministrazione) e le Confederazioni e le Organizzazioni Sindacali maggiormente rappresentative. Essa disciplina la durata dei contratti nazionali e di quelli integrativi, la struttura centrale, i rapporti tra i diversi livelli, il trattamento economico.   Il procedimento della contrattazione è regolato dall’art.47 del D. Legislativo 165/2001 il quale testualmente recita:   1. Gli indirizzi per la contrattazione collettiva nazionale sono deliberati dai comitati di settore prima di ogni rinnovo contrattuale e negli altri casi in cui è richiesta una attività negoziale dell'ARAN. Gli atti di indirizzo delle amministrazioni diverse dallo Stato sono sottoposti al Governo che, non oltre dieci giorni, può esprimere le sue valutazioni per quanto attiene agli aspetti riguardanti la compatibilità con le linee di politica economica e finanziaria nazionale.   2. L'ARAN informa costantemente i comitati di settore e il Governo sullo svolgimento delle trattative.   3. Raggiunta l'ipotesi di accordo, l'ARAN acquisisce il parere favorevole del comitato di settore sul testo contrattuale e sugli oneri finanziari diretti e indiretti che ne conseguono a carico dei bilanci delle amministrazioni interessate. Il comitato di settore esprime, con gli effetti di cui all'articolo 41, comma 1, il proprio parere entro cinque giorni dalla comunicazione dell'ARAN. Per le amministrazioni di cui all'articolo 41, comma 2, il parere è espresso dal Presidente del Consiglio dei ministri, tramite il Ministro per la funzione pubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Per le amministrazioni di cui all'articolo 41, comma 3, l'esame delle ipotesi di accordo è effettuato dal competente comitato di settore e dal Presidente del Consiglio dei ministri, che si esprime attraverso il Ministro per la funzione pubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. In caso di divergenza nella valutazione degli oneri e ove il comitato di settore disponga comunque per l'ulteriore corso dell'accordo, resta in ogni caso escluso qualsiasi concorso dello Stato alla copertura delle spese derivanti dalle disposizioni sulle quali il Governo ha formulato osservazioni .   4. Acquisito il parere favorevole sull'ipotesi di accordo, il giorno successivo l'ARAN trasmette la quantificazione dei costi contrattuali alla Corte dei conti ai fini della certificazione di compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio di cui all'articolo 1-bis della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni. La Corte dei conti certifica l'attendibilità dei costi quantificati e la loro compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio, e può acquisire a tal fine elementi istruttori e valutazioni da tre esperti designati dal Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. La designazione degli esperti, per la certificazione dei contratti collettivi delle amministrazioni delle regioni e degli enti locali, avviene previa intesa con la Conferenza Stato-regioni e con la Conferenza Stato-città. Gli esperti sono nominati prima che l'ipotesi di accordo sia trasmessa alla Corte dei conti.   5. La Corte dei conti delibera entro quindici giorni dalla trasmissione della quantificazione dei costi contrattuali, decorsi i quali la certificazione si intende effettuata positivamente. L'esito della certificazione viene comunicato dalla Corte all'ARAN, al comitato di settore e al Governo. Se la certificazione è positiva, il Presidente dell'ARAN sottoscrive definitivamente il contratto collettivo.   6. In caso di certificazione non positiva della Corte dei Conti le parti contraenti non possono procedere alla sottoscrizione definitiva dell'ipotesi di accordo. Il Presidente dell'Aran, sentito il Comitato di settore ed il Presidente del Consiglio dei Ministri, provvede alla riapertura delle trattative ed alla sottoscrizione di una nuova ipotesi di accordo adeguando i costi contrattuali ai fini della certificazione. In seguito alla sottoscrizione della nuova ipotesi si riapre la procedura di certificazione prevista dai commi precedenti. Nel caso in cui la certificazione non positiva sia limitata a singole clausole contrattuali l'ipotesi puo' essere sottoscritta definitivamente ferma restando l'inefficacia delle clausole contrattuali non positivamente certificate.   7. L'ipotesi di accordo e' trasmessa dall'Aran, corredata dalla prescritta relazione tecnica, al comitato di settore ed al Presidente del Consiglio dei Ministri entro 7 giorni dalla data di sottoscrizione. Il parere del Comitato di settore e del Consiglio dei Ministri si intende reso favorevolmente trascorsi quindici giorni dalla data di trasmissione della relazione tecnica da parte dell'Aran. La procedura di certificazione dei contratti collettivi deve concludersi entro quaranta giorni dalla sottoscrizione dell'ipotesi di accordo decorsi i quali i contratti sono efficaci, fermo restando che, ai fini dell'esame dell'ipotesi di accordo da parte del Consiglio dei Ministri, il predetto termine puo' essere sospeso una sola volta e per non piu' di quindici giorni, per motivate esigenze istruttorie dei comitati di settore o del Presidente del Consiglio dei Ministri. L'ARAN provvede a fornire i chiarimenti richiesti entro i successivi sette giorni. La deliberazione del Consiglio dei Ministri deve essere comunque essere adottata entro otto giorni dalla ricezione dei chiarimenti richiesti, o dalla scadenza del termine assegnato all'Aran, fatta salva l'autonomia negoziale delle parti in ordine ad un'eventuale modifica delle clausole contrattuali. In ogni caso i contratti per i quali non si sia conclusa la procedura di certificazione divengono efficaci trascorso il cinquantacinquesimo giorno dalla sottoscrizione dell'ipotesi di accordo. Resta escluso comunque dall'applicazione del presente articolo ogni onere aggiuntivo a carico del bilancio dello Stato anche nell'ipotesi in cui i comitati di settore delle amministrazioni di cui all'articolo 41, comma 3, non si esprimano entro il termine di cui al comma 3 del presente articolo.   7-bis. Tutti i termini indicati dal presente articolo si intendono riferiti a giornate lavorative. Prima di ogni rinnovo contrattuale i Comitati di Settore deliberano gli indirizzi per l’ARAN che, sulla base di essi, dà l’avvio alle trattative.   8. I contratti e accordi collettivi nazionali di cui all'articolo 40, commi 2 e 3, sono pubblicati nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana.   Come previsto dal co. 1 dell’art. 40 del Dlgs n. 165/2001, oggetto della contrattazione sono le materie relative al rapporto di lavoro ed alle relazioni sindacali.   Infatti:   1. La contrattazione collettiva si svolge su tutte le materie relative al rapporto di lavoro ed alle relazioni sindacali.   2. Mediante appositi accordi tra l'ARAN e le confederazioni rappresentative ai sensi dell'articolo 43, comma 4, sono stabiliti i comparti della contrattazione collettiva nazionale riguardanti settori omogenei o affini. I dirigenti costituiscono un'area contrattuale autonoma relativamente a uno o più comparti. I professionisti degli enti pubblici, già appartenenti alla X qualifica funzionale, costituiscono, senza alcun onere aggiuntivo di spesa a carico delle amministrazioni interessate, unitamente alla dirigenza, in separata sezione, un'area contrattuale autonoma, nel rispetto della distinzione di ruolo e funzioni. Resta fermo per l'area contrattuale della dirigenza del ruolo sanitario quanto previsto dall'articolo 15 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modifiche ed integrazioni. Agli accordi che definiscono i comparti o le aree contrattuali si applicano le procedure di cui all'articolo 41, comma 6. Per le figure professionali che, in posizione di elevata responsabilità, svolgono compiti di direzione o che comportano iscrizione ad albi e per gli archeologi e gli storici dell'arte aventi il requisito di cui all' articolo 1, comma 3, della legge 7 luglio 1988, n. 254 , nonché per gli archivisti di Stato, i bibliotecari e gli esperti di cui all' articolo 2, comma 1 , della medesima legge, che, in posizione di elevata responsabilità, svolgono compiti tecnico scientifici e di ricerca, sono stabilite discipline distinte nell'ambito dei contratti collettivi di comparto.   3. La contrattazione collettiva disciplina, in coerenza con il settore privato, la durata dei contratti collettivi nazionali e integrativi, la struttura contrattuale e i rapporti tra i diversi livelli. Le pubbliche amministrazioni attivano autonomi livelli di contrattazione collettiva integrativa, nel rispetto dei vincoli di bilancio risultanti dagli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. La contrattazione collettiva integrativa si svolge sulle materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono; essa può avere ambito territoriale e riguardare più amministrazioni. Le pubbliche amministrazioni non possono sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con vincoli risultanti dai contratti collettivi nazionali o che comportino oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. Le clausole difformi sono nulle e non possono essere applicate.   4. Le pubbliche amministrazioni adempiono agli obblighi assunti con i contratti collettivi nazionali o integrativi dalla data della sottoscrizione definitiva e ne assicurano l'osservanza nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti.       La nuova formulazione dell’art. 40, dunque, non contempla più le 7 materie che l’art. 2, co. 1, lett. c), della L. n. 421/1992 riservava al regime di diritto pubblico, ovvero: 1) le responsabilità giuridiche attinenti ai singoli operatori nell’espletamento di procedure amministrative; 2) gli organi, gli uffici, i modi di conferimento della titolarità dei medesimi; 3) i principi fondamentali di organizzazione degli uffici; 4) i procedimenti di selezione per l’accesso al lavoro e di avviamento al lavoro; 5) i ruoli e le dotazioni organiche nonché la loro consistenza complessiva; 6) la garanzia della libertà di insegnamento e l’autonomia professionale nello svolgimento dell’attività didattica, scientifica e di ricerca; 7) la disciplina della responsabilità e delle incompatibilità tra l’impiego pubblico ed altre attività e i casi di divieto di cumulo di impieghi e incarichi pubblici.   E’ da evidenziare che i contratti collettivi non possono, comunque, intervenire sugli atti c.d. di macro-organizzazione e quindi sugli atti organizzativi che riguardano la titolarità degli uffici e le dotazioni organiche complessive.   L’attuale sistema obbliga a trattare nel limite temporale previsto dai contratti ma non a stipulare, salvo per quanto riguarda il trattamento economico.   In proposito va ricordato l’art. 2, co. 3, del dlgs n. 165/2001, secondo cui l’attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi o, alle condizioni previste, mediante contratti individuali.    L’art. 43 dello stesso decreto enuncia, poi, un’esplicita riserva di contratto collettivo per il trattamento economico fondamentale ed accessorio dei dipendenti pubblici: le amministrazioni devono assicurare ai lavoratori parità di trattamento contrattuale, trattamento che non può essere inferiore a quello previsto dai contratti collettivi   Per quanto attiene ai livelli di contrattazione ne sono previsti almeno due:   1) il primo livello è quello nazionale che può riguardare tanto la contrattazione c.d. quadro quanto quella di comparto. Nell’ambito della contrattazione collettiva quadro sono stabiliti i comparti di contrattazione collettiva per settori affini ed omogenei e le aree di contrattazione autonoma della dirigenza, nonché le sezioni specifiche per tipologie professionali, gli istituti comuni a più comparti o a tutte le pubbliche amministrazione.   Quando si parla di comparti affini ed omogenei si fa riferimento tanto alla tipologia organizzativa delle amministrazioni interessate quanto alle peculiarità della posizione professionale dei propri dipendenti;   2) il secondo livello è quello della contrattazione integrativa che si svolge a livello di amministrazione, a cui si aggiunge in alcuni casi la contrattazione decentrata o territoriale di terzo livello. Nel comparto Sanità è previsto un secondo livello unico coincidente con la singola amministrazione.   Possono essere presenti livelli regionali di contrattazione come avviene sempre per la Sanità per la definizione delle disponibilità finanziarie.   Non costituisce un livello di contrattazione terzo il coordinamento regionale previsto nel settore della Sanità sia per la dirigenza medica e veterinaria sia per il personale del comparto. Il coordinamento regionale si esprime con atti di indirizzo preceduti da un confronto con le organizzazioni sindacali che non si configura certamente come contrattazione.   Circa i soggetti della contrattazione collettiva occorre distinguere i vari livelli.   Sul piano della contrattazione nazionale la rappresentanza pubblica spetta sempre all’Aran che si avvale degli indirizzi ricevuti dai Comitati di settore. Nella procedura dei contratti collettivi quadro, l’Aran riceve gli indirizzi dall’organismo di coordinamento dei Comitati di settore di cui fa parte anche il ministro per la Pubblica amministrazione e l’innovazione.   In sede di contrattazione integrativa, la delegazione di parte pubblica è prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro.   Per quanto riguarda la parte sindacale, sono ammesse alla contrattazione collettiva nazionale le organizzazioni sindacali che hanno una rappresentatività superiore al 5% calcolata facendo la media tra il numero delle deleghe e la percentuale dei voti ottenuti per l’elezione delle Rsu. Sono altresì ammesse le Confederazioni delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.   In sede di contrattazione nazionale quadro sono ammesse le Confederazioni sindacali alle quali siano affiliate organizzazioni sindacali che siano rappresentative in almeno due comparti o aree contrattuali. La parte sindacale è indicata dalla legge anche per quanto attiene alla contrattazione di secondo livello. A parte la possibilità di costituire le rappresentanze sindacali aziendali, è poi prevista la costituzione delle rappresentanze sindacali unitarie e la partecipazione delle organizzazioni sindacali territoriali aderenti alle associazioni firmatarie del Ccnl.   Nell’Accordo quadro che disciplina l’elezione e le prerogative delle Rappresentanze sindacali unitarie è previsto che le Rsu subentrino di diritto alle Rsa, nel senso che le organizzazioni sindacali che hanno sottoscritto l’Accordo quadro si impegnano a non costituire proprie rappresentanze sindacali aziendali. A questa disposizione si aggiunge quella che prevede il principio della titolarità congiunta dei poteri di contrattazione tra Rsu e sindacato esterno.   Va precisato, altresì, che la contrattazione collettiva integrativa si svolge sulle materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali (il secondo livello è vincolato strutturalmente al primo livello), tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono; essa può avere ambito territoriale e riguardare più amministrazioni. Le pubbliche amministrazioni non possono sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con vincoli risultanti dai contratti collettivi nazionali o che comportino oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. Le clausole difformi sono nulle e non possono essere applicate.   In Giurisprudenza:   Le inottemperanze procedurali dell'A.Re.Ra.N. regionale, che, dopo la certificazione negativa delle Sezioni Riunite sulla preintesa contrattuale, non ha intrapreso ulteriori iniziative finalizzate a recepire le osservazioni della Corte (quali, come previsto dal comma 6 dell'art. 47, d.lg. n. 165 del 2001, « l'adeguamento dei costi contrattuali » o la convocazione delle organizzazioni sindacali « ai fini della riapertura della trattative ») e non ha altresì atteso la nuova pronuncia che le Sezioni Riunite avrebbero assunto sulle controdeduzioni ai rilievi prodotte dalla Giunta Regionale, ma è senz'altro addivenuta alla sottoscrizione del contratto collettivo, non comportano effetti di nullità ed inefficacia del contratto (C.Conti reg. Veneto, sez. giurisd., 13 giugno 2008, n. 248).   Con riguardo ai contratti collettivi di lavoro relativi al pubblico impiego privatizzato, la regola posta dall'art. 63 d.lg. n. 165 del 2001, che consente di denunciare direttamente in sede di legittimità la violazione o falsa applicazione dei contratti e accordi collettivi, deve intendersi limitata ai contratti ed accordi nazionali di cui all'art. 40 del predetto d.lg., con esclusione dei contratti integrativi contemplati nello stesso articolo (nella specie, contratto collettivo integrativo 3 febbraio 2000 del Ministero della giustizia), in relazione ai quali il controllo di legittimità è finalizzato esclusivamente alla verifica del rispetto dei canoni legali di interpretazione e dell'assolvimento dell'obbligo di motivazione sufficiente e non contraddittoria. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, secondo la quale lo svolgimento dei compiti del funzionario Unep dipendente del Ministero della Giustizia - inclusi quelli di direzione dell'ufficio - da parte del collaboratore Unep rientra tra le mansioni contrattualmente dovute da quest'ultimo in presenza di determinate condizioni quali le esigenze di servizio, e pertanto non dà luogo al diritto a differenze retributive per lo svolgimento di compiti appartenenti ad una qualifica superiore rispetto a quella di appartenenza) (Cassazione civile, sez. lav., 19 luglio 2006, n. 16522).   Con riferimento alle controversie relative ai rapporti di pubblico impiego privatizzato, quando è necessario risolvere in via pregiudiziale una questione concernente l'efficacia, la validità o l'interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale ai sensi dell'art. 64 del d.lg. n. 165 del 2001, affinché l'accordo sull'interpretazione autentica (o sulla modifica) della clausola controversa abbia efficacia - sostituendosi sin dall'inizio della vigenza del contratto ex art. 49 dello stesso d.lg. - è necessario il consenso di tutte le parti firmatarie del contratto collettivo da interpretare (o da modificare), stante il carattere sostanzialmente novativo di tale attività negoziale rispetto al contratto vigente; mentre, un'interpretazione della norma volta a dare rilievo alla rappresentatività sindacale (ex art. 43 dello stesso testo normativo) sarebbe incompatibile con la natura conciliativa del procedimento e con l'effetto "ex tunc" dell'accordo previsto dal suddetto art. 49. (Nella specie la Corte di cassazione ha confermato la sentenza non definitiva, emessa ai sensi dell'art. 64, comma 3, cit., secondo la quale, mancando il consenso di tutte le parti firmatarie del contratto collettivo da interpretare, non poteva ritenersi eliminata consensualmente l'incertezza della clausola contrattuale in contestazione) (Cassazione civile, sez. lav., 18 aprile 2005, n. 7932).   Nel certificare la attendibilità della quantificazione degli oneri conseguenti al contratto collettivo dei dirigenti dell'amministrazione penitenziaria e la loro compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio, ai sensi dell'art. 47 d.lg. n. 165 del 2001, le sezioni riunite della Corte dei conti, nel rapporto di certificazione allegato alla delibera, formulano, peraltro, numerose osservazioni concernenti le conseguenze dei ritardi nella stipula dei contratti collettivi relativi a specifiche categorie di personale sulla programmazione finanziaria, le difficoltà ad effettuare il passaggio di personale ad un diverso comparto di contrattazione senza oneri aggiuntivi per l'erario, sottolineando altresì l'incidenza di talune norme contrattuali, valevoli per la generalità dei dirigenti pubblici, su materie, quali la mobilità e la formazione del rapporto di lavoro, riservate a fonti autoritative e non negoziali (Corte Conti, sez. riun., 03 dicembre 2004, n. 45).   Prima dell'entrata in vigore del d.lg. 3 febbraio 1993 n. 29, i contratti collettivi del pubblico impiego venivano recepiti con d.P.R. (in base alla l. 29 marzo 1983 n. 93), ed era perciò pacifico che potessero essere impugnati innanzi alla giurisdizione amministrativa i d.P.R. di recepimento, aventi natura di atti amministrativi; con la nuova legge quadro sul pubblico impiego, non è più previsto che i contratti collettivi siano recepiti con d.P.R.; tuttavia, perché gli stessi acquistino efficacia e siano vincolanti per i datori di lavoro pubblici, la loro sottoscrizione doveva, all'epoca di emanazione del contratto nella specie impugnato (anteriore al d.lg. 4 novembre 1997 n. 396), essere autorizzata con provvedimento del Presidente del Consiglio dei ministri (il citato d.lg. n. 396 del 1997 ha sostituito l'autorizzazione alla sottoscrizione con un parere, reso direttamente dalle singole amministrazioni attraverso comitati di settore: v. nuovo testo dell'art. 51 d.l. n. 29 del 1993, oggi trasfuso nell'art. 47 del d.lg. n. 165 del 2001); nella materia di cui trattasi (perlomeno nel quadro ordinamentale applicabile alla fattispecie), coesistano ancora atti di natura pubblicistica e atti a carattere strettamente negoziale: pertanto, da un lato, non vi è alcuna effettiva preclusione in ordine al sindacato di legittimità che può investire - attraverso gli atti autorizzativi - le clausole contrattuali che si pongano in contrasto con norme imperative, tali dovendosi ritenere, in particolare, sia quelle che eventualmente stabiliscano una riserva di legge sia quelle che regolino un contenuto sostanziale intangibile dalla regolamentazione contrattuale; dall'altro, siffatta regolamentazione può essere direttamente sottoposta al sindacato del giudice amministrativo (naturalmente per le questioni relative al periodo del rapporto di lavoro antecedente al 30 giugno 1998), anche se il contratto in sè, come è ovvio, si sottrae alle regole impugnatorie ed il suo contenuto può essere apprezzato non già alla stregua dei tipici vizi dai quali può essere affetto un atto amministrativo bensì alla luce della cause di invalidità proprie degli atti negoziali (T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 09 luglio 2003, n. 8135).   L'accordo collettivo sull'interpretazione autentica di clausole, di contratto collettivo di lavoro pubblico, segnatamente quello diretto a risolvere in via pregiudiziale una questione concernente l'interpretazione di clausole di tali contratti necessaria per la definizione di una controversia individuale di lavoro, va sottoscritto da tutte le parti originarie o da quelle ad esse succedute, potendosi prescindere dalla partecipazione delle sole organizzazioni la cui estinzione, nel frattempo verificatasi, non sia accompagnata da fenomeni di successione o trasformazione (Consiglio Stato, sez. I, 31 ottobre 2001, n. 955).   Nei rapporti di lavoro alle dipendenze di amministrazioni pubbliche il riconoscimento della categoria dei quadri - introdotta dalla l. 190/1985 - ne postula espressa previsione nel contratto collettivo applicabile, non dovendo detto contratto contemplare necessariamente una categoria distinta da quelle del personale delle aree e dei dirigenti di elevata professionalità. Soluzione questa che, non contraddetta dal comma 2 dell'art. 40 d.lg. 165/2001 - per non contemplare detta disposizione una peculiare e anomala area quadri - risulta corollario della strutturale incompatibilità tra l'ordinamento speciale delle pubbliche amministrazioni e un'applicazione della normativa di cui alla l. 190/1985 in termini di inderogabilità, tali da imporre alla contrattazione collettiva pubblica la previsione in ogni comparto di una specifica disciplina per figure professionali coincidenti con quelle individuate dalla suddetta legge, e che legittimi - pur nell'assenza di un'esplicita previsione contrattuale - il riconoscimento a favore del pubblico impiegato del diritto alla collocazione nella categoria dei quadri (Cassazione civile, sez. lav., 06 marzo 2008, n. 6063).   Con riguardo ai contratti collettivi di lavoro relativi al pubblico impiego privatizzato, la regola posta del d.lg. n. 165 del 2001, art. 63, che consente di denunciare direttamente in sede di legittimità la violazione o falsa interpretazione dei contratti, deve intendersi limitata ai contratti ed accordi nazionali di cui al d.lg. n. 165 del 2001, art. 40, con esclusione dei contratti integrativi contemplati nello stesso articolo, in relazione ai quali il controllo di legittimità resta finalizzato alla verifica del rispetto dei canoni legali di interpretazione e dell’assolvimento dell’obbligo di motivazione sufficiente e non contraddittoria (Cassazione civile, sez. lav., 12 novembre 2007, n. 23482).   Nelle controversie di lavoro concernenti i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, ove sia proposto ricorso per cassazione per violazione e falsa applicazione dei contratti e degli accordi collettivi nazionali di cui all'art. 40 del d.lg. n. 165 del 2001 ai sensi dell'art. 63 comma 5 del medesimo decreto, la Corte di cassazione può procedere alla diretta interpretazione di tali contratti, secondo i criteri di cui agli art. 1362 ss. c.c., procedendo all'esame dell'intero contratto ex art. 1363 c.c. e non delle sole clausole denunciate (Cassazione civile, sez. lav., 23 ottobre 2007, n. 22234).   La possibilità di denunziare in cassazione la violazione o falsa applicazione dei contratti collettivi del lavoro pubblico, di cui all'art. 40 del d.lg. n. 165 del 2001, prevista in generale dall'art. 63, comma 5, dell'art. 63 dello stesso d.lg., risulta statuita espressamente dall'art. 64 del medesimo testo normativo per le controversie (come nella specie) in tema di accertamento sull'efficacia, la validità e l'interpretazione dei contratti collettivi. A tal fine, pur potendo il giudice di legittimità procedere alla diretta interpretazione di siffatti contratti collettivi, dalla natura negoziale degli stessi deriva che tale interpretazione deve essere compiuta secondo i criteri dettati dagli art. 1362 ss. c.c. e non sulla base degli art. 12 e 14 delle disposizioni della legge in generale (la cui asserita errata applicazione da parte del giudice del merito pure era stata denunciata dall'Amministrazione ricorrente nella fattispecie). Ai fini dell'ammissibilità del ricorso in proposito è, peraltro, necessario che in esso siano motivatamente specificati i suddetti canoni ermeneutici in concreto violati, nonché il punto ed il modo in cui giudice del merito si sia da essi discostato, con la conseguenza che la parte ricorrente è tenuta, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, a riportare in quest'ultimo il testo della fonte pattizia denunciata al fine di consentirne il controllo da parte della Corte di cassazione, che non può sopperire alle lacune dell'atto di impugnazione con indagini integrative (Cassazione civile, sez. un., 08 maggio 2007, n. 10374).   L'art. 4, comma 4, c.c.n.l. del comparto regioni ed enti locali 6 luglio 1995 disponeva che la contrattazione decentrata doveva riferirsi solo agli istituti contrattuali rimessi a tale livello, precisati dal successivo art. 5, tra i quali non era compresa la materia della classificazione del personale, peraltro estranea anche alle disposizioni del contratto nazionale; ne consegue la nullità, in forza dell'art. 40, comma 3, d. lgs. n. 165 del 2001, dell'accordo sindacale decentrato stipulato in materia da un'amministrazione comunale nella vigenza di tale contratto, essendo stato definito il nuovo sistema di classificazione solo con il c.c.n.l. 31 marzo 1999 mediante la previsione di aree di inquadramento per categorie e posizioni retributive interne a ciascuna categoria (in sostituzione del sistema delle qualifiche funzionali). Né può trovare applicazione il principio secondo il quale è valido un contratto collettivo che regola una materia riservata alla legge, prevedendo il differimento dell'efficacia delle clausole al momento della (prevista) abrogazione legislativa di tale riserva, poiché nella specie si è in presenza di un'autorizzazione che, in base alla legge, deve essere data specificamente proprio dall'esercizio dell'autonomia negoziale e che è stata concessa esclusivamente riguardo alla progressione economica all'interno delle categorie (Cassazione civile, sez. lav., 02 maggio 2007, n. 10099).   Ai sensi dell'art. 40 comma 3 d.lg. n. 165 del 2001, sono nulle ed inapplicabili ope legis le clausole dei contratti di secondo livello (nella specie contrattazione decentrata aziendale) difformi dalle prescrizioni dettate dai contratti di primo livello (nella specie, CCNL Comparto sanità) ovvero comportanti oneri non previsti dagli strumenti di programmazione economico-finanziaria (Tribunale Palmi, 09 marzo 2007).   In tema di lavoro pubblico contrattualizzato e di procedure concorsuali, deve riconoscersi: a) la giurisdizione del g.a. nelle controversie relative a concorsi per soli candidati esterni; b) identica giurisdizione su controversie relative a concorsi misti, restando irrilevante che il posto da coprire sia compreso o meno nell'ambito della medesima area funzionale alla quale sia riconducibile la posizione di interni ammessi alla procedura selettiva, perché, in tal caso, la circostanza che non si tratti di passaggio ad un'area diversa viene vanificata dalla presenza di possibili vincitori esterni ; c) ancora giurisdizione amministrativa quando si tratti di concorsi per soli interni che comportino passaggio da un'area funzionale ad un'altra, spettando, poi, al giudice del merito la verifica di legittimità delle norme che escludono l'apertura del concorso all'esterno; d) la giurisdizione del g.o. nelle controversie attinenti a concorsi per soli interni, che comportino passaggio da una qualifica ad un'altra, ma nell'ambito della medesima area funzionale. Ove, poi, una suddivisione in aree delle qualifiche in cui è ripartito il personale delle pubbliche amministrazioni sia identificabile, perché prevista dalla legge (per i dirigenti - articolati anche in "fasce", nonché, con la mediazione della contrattazione collettiva di comparto, per i vice-dirigenti) o perché introdotta anche per altre qualifiche da contratti o accordi collettivi nazionali di cui all'art. 40 del d.lg. n. 165 del 2001, la procedura selettiva di tipo concorsuale (concorsi cd. "interni"), per l'attribuzione a dipendenti di amministrazioni pubbliche della qualifica superiore che comporti il passaggio da un'area ad un'altra, ha una connotazione peculiare e diversa, assimilabile alle "procedure concorsuali per l'assunzione", e vale a radicare - ed ampliare - la fattispecie eccettuata rimessa alla giurisdizione del g.a. alla stregua dell'art. 63 comma 4. Fuori da questa ipotesi - ossia laddove il concorso interno riguardi la progressione verso una qualifica superiore appartenente all'ambito della stessa "area" ovvero verso una qualifica superiore tout court, per il fatto che la contrattazione collettiva nazionale non utilizzi affatto il modulo organizzativo dell'"area" per accorpare qualifiche ritenute omogenee - non opera la fattispecie eccettuata dell'art. 63 cit., comma 4, e conseguentemente si riespande la regola del comma 1 della medesima disposizione che predica in generale la giurisdizione del g.o. nelle controversie aventi ad oggetto il lavoro pubblico privatizzato. (La S.C., regolando la giurisdizione, ha applicato il principio di cui in massima dichiarando la giurisdizione del g.a.in controversia concernente una procedura concorsuale, successiva al 30 giugno 1998, implicante un mutamento di area) (Cassazione civile, sez. un., 29 novembre 2006, n. 25277).   L'art. 40, d.lg. n. 165 del 2001 prevede che la contrattazione collettiva si svolge su tutte le materie del rapporto di lavoro, talché non sono illegittimi, per violazione della legge in ordine all'ambito di competenza, gli articoli del contratto collettivo nazionale che disciplinano criteri e procedure per i passaggi tra categorie e per i passaggi all'interno di ciascuna categoria (T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 26 ottobre 2006, n. 11185).