La Giurisprudenza amministrativa ha nel corso degli anni affinato ed elaborato in maniera puntuale i principi regolanti lo svolgimento della procedura  concorsuale. Più specificamente: Il voto numerico, anche dopo l'entrata in vigore della l. 7 agosto 1990 n. 241, costituisce sufficiente motivazione del giudizio relativo alla valutazione della prova scritta di un concorso pubblico (Consiglio Stato , sez. IV, 17 settembre 2004, n. 6155). La fissazione dei criteri di massima per la correzione degli elaborati, così come la valutazione delle prove d'esame, rientrano nell'ambito della discrezionalità propria della commissione, salvo che si manifestino arbitrati illogici irragionevoli ed irrazionali (Consiglio Stato , sez. IV, 19 luglio 2004, n. 5175; Sez. V 28 giugno 2004 n. 4782).   Peraltro, in caso di valutazione negativa di un candidato è irrilevante che la commissione lasci segni grafici o glosse di commento a margine dell'elaborato corretto di ciascun candidato (Consiglio Stato , sez. IV, 17 settembre 2004, n. 6155).   Non sono normalmente sindacabili in sede di legittimità i tempi dedicati dalla commissione giudicatrice di un concorso alla valutazione dei candidati, soprattutto allorché tali tempi siano calcolati in base ad un computo presuntivo dato dalla suddivisione della durata di ciascuna seduta per il numero dei concorrenti (o degli elaborati) esaminati, in quanto non è possibile, di norma, stabilire quali concorrenti abbiano fruito di maggiore o minore considerazione e se, quindi, il vizio dedotto infici in concreto il giudizio contestato (Consiglio Stato , sez. VI, 10 aprile 2003, n. 1906). I componenti delle commissioni giudicatrici, comunque, sono fungibili ed in ogni caso le singole sottocommissioni possono essere presiedute dal vice presidente, senza la necessità di motivare l'impedimento che giustifica la sostituzione. (Consiglio Stato , sez. IV, 17 settembre 2004, n. 6155).   In merito alla composizione delle commissioni esaminatrici, la Corte Costituzionale già nel 1990 aveva chiarito che nella composizione delle commissioni giudicatrici in concorsi pubblici, la presenza di tecnici o esperti - interni o esterni all'amministrazione, ma in ogni caso dotati di adeguati titoli di studio e professionali rispetto alle materie oggetto di prova - deve essere, se non esclusiva, quanto meno prevalente, tale da garantire scelte finali fondate sull'applicazione di parametri neutrali e determinate soltanto dalla valutazione delle attitudini e della preparazione dei candidati (Corte costituzionale, 15 ottobre 1990, n. 453). Nelle procedure concorsuali, al fine di affermare la riconoscibilità e quindi la invalidità della prova scritta è necessario che emergano elementi atti a provare in modo inequivoco la intenzionalità del concorrente di rendere riconoscibile il suo elaborato, ritenendo specificamente non costituire segno di riconoscimento la scollatura della busta interna contenente i dati del candidato (Consiglio Stato , sez. IV, 06 luglio 2004, n. 5017). Peraltro, dal chiaro tenore dell'art. 13 del d.P.R. 9 maggio 1994 n. 487, si desume che la commissione d'esami non sia tenuta ad individuare l'effettivo candidato che abbia copiato, per distinguerlo da quello che abbia elaborato il testo; infatti, la sanzione dell'esclusione investe tutti i candidati coinvolti. Parimenti, è irrilevante l'accertamento se la copiatura sia stata totale o parziale, atteso che entrambe le ipotesi danno luogo alla detta esclusione (Consiglio Stato , sez. VI, 20 giugno 2003, n. 3679).   In materia di pubblico impiego il termine per impugnare gli atti di concorso decorre dalla data in cui l'interessato ha notizia del risultato del concorso stesso, mediante la deliberazione con la quale gli atti concorsuali vengono approvati, poiché tale deliberazione rende l'atto perfetto ed efficace e, quindi, idoneo a produrre una concreta lesione di interessi (Consiglio Stato , sez. VI, 10 aprile 2003, n. 1906).