Le novità introdotte dal D. Lgs 518/92

La novità più rilevante introdotta dal D. Lgs 518/92 è la previsione di una sanzione penale, circostanza che ha comportato una profonda mutazione nel comportamento degli utilizzatori dei programmi, abituati a duplicare abusivamente i prodotti.

Le sanzioni penali sono previste da due articoli: l’art.171 e l’art.171 bis della legge sul diritto d'autore.

L’articolo 171 è in vigore fin dal 1942 e, nella sua versione originale, sanziona con la sola multa una serie di comportamenti che costituiscono violazione del diritto d’autore.

Alcune delle previsioni della norma in esame sono strettamente correlate con le manifestazioni propriamente artistiche, con la conseguenza che tali ipotesi incriminatrici non possono essere applicate al settore software.

L’articolo 171 è stato modificato dal D. Lgs 518/92 premettendo le parole “salvo quanto previsto dall’articolo 171 bis”.

Di conseguenza l’articolo 171 viene in giuoco solo nelle ipotesi non previste dal 171 bis.

Inoltre l’art.171 è stato riconosciuto dalla Corte di Cassazione come norma penale tuttora operante, sulla quale non ha inciso la c.d. depenalizzazione della l.689/81.

L’articolo 171 della legge sul diritto d'autore punisce i seguenti comportamenti:

  1. riproduzione e diffusione di un’opera altrui; tale ipotesi è indipendente da qualsiasi fine di lucro o scopo commerciale;

  2. riproduzione di un numero di esemplari...maggiore di quello che aveva diritto di riprodurre.

E’ da notare come alcune pronunzie giurisprudenziali abbiano ritenuto come non fosse possibile applicare estensivamente le disposizioni penali contenute nell’art.171 della legge sul diritto d'autore, a causa del divieto di interpretazione analogica in malam partem, vigente in sede penale (Pret. Monza 26/7/85, Pret. Roma 7/4/92)1.

Vi sono poi stati richiami dottrinali e giurisprudenziali ad altre ipotesi di reato2.

  1. il Pret. di Milano 1/6/82 e il Pret. di Padova 15/12/83 hanno avanzato la possibilità di ricondurre l’imitazione di un programma fra le ipotesi di frode in commercio (codice penale artt. 473 “Contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere dell’ingegno o di prodotti industriali”, 474 “Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi”, 515 “Frode nell’esercizio del commercio”, 517 “Vendita di prodotti industriali con segni mendaci”).

I procedimenti in esame ebbero poi una diversa conclusione: negativa la prima, non essendo stata accertata l’induzione in errore del consumatore in ordine alla paternità del programma, positiva la seconda, essendo stata ritenuta sussistente una violazione dell’art.517 c.p., sulla vendita di prodotti industriali con segni mendaci, nel caso di riproduzione di videogioco e commercializzazione del videogioco riprodotto con denominazione assai simile a quella del prodotto originale.

Nota la dottrina (Minerva, Rinaldi, Figone) l’insufficienza di tale protezione, a causa della necessità di provare l’induzione in dei consumatori circa la provenienza e la paternità dei prodotti.

  1. Un altro tentativo è stato quello effettuato dal Pretore di Napoli 5/2/85-25/2/85-7/6/85 basato sulla convinzione di poter colpire l’illecita riproduzione di programmi attraverso l’art.1 della l.29/6/81 n°406, il quale prevede la reclusione per: “chiunque abusivamente riproduce a fini di lucro, con qualsiasi procedimento di duplicazione o di riproduzione, dischi, nastri o supporti analoghi, ovvero, pur non essendo concorso nella riproduzione, li pone in commercio, li detiene per la vendita o li introduce a fine di lucro nel territorio dello Stato”.

Gli imputati sono stati assolti con formula dubitativa in ordine all’elemento soggettivo del reato nel primo caso e, con formula piena, sempre avuto riguardo all’elemento soggettivo, nel secondo caso; la terza pronuncia, invece, è risultata maggiormente incisiva, avendo escluso l’elemento oggettivo del reato ritenendo la norma riguardante esclusivamente “prodotti fonografici” cui i supporti magnetici dei programmi per elaboratore non sono riconducibili.

La dottrina favorevole (Pastore) a tale tipo di tutela è stata criticata (Minerva) in base all’osservazione che per “fonografici” debbono intendersi solo quei prodotti che risultino da un’attività di registrazione di suoni.

  1. Vi sono poi stati tentativi dottrinali vertenti sull’applicabilità al software di norme sul segreto ovvero sui reati contro il patrimonio. Borruso ha ritenuto applicabile nei riguardi di chi abusivamente impiegava il software qualora questo fosse stato tenuto segreto dall’autore, l’art.621 del codice penale (Rivelazione del contenuto di documenti segreti) o l’articolo 623 (Rivelazioni di segreti scientifici o industriali).

E’ stata notata (Minerva) la portata limitata dell’art.623 c.p. che costituisce un reato proprio di soggetti i quali sono a conoscenza del segreto in ragione del loro ufficio, professione o arte; nonché la irrilevanza penale delle ipotesi di divulgazione colposa.

Quanto ai reati contro il patrimonio è stato ammesso (Sarzana) che i reati di furto, appropriazione indebita e danneggiamento si potessero concretare anche in relazione ai programmi per elaboratore. Ma altri (Rossello) hanno fatto notare come vi sia impossibilità di assegnare al programma la natura di bene mobile corporale presupposta dagli artt.624 (Furto), 635 (Danneggiamento), 644 (Usura) del codice penale3.

2) LA TUTELA PENALE NEL D.LGS. 518/92

L’art.10 del D.Lgs 518/92 statuisce:

Art.171 bis. - 1. Chiunque abusivamente duplica, a fini di lucro, programmi per elaboratore, o, ai medesimi fini e sapendo o avendo motivo di sapere che si tratta di copie non autorizzate, importa, distribuisce, vende, detiene a scopo commerciale, o concede in locazione i medesimi programmi, è soggetto alla pena della reclusione da tre mesi a tre anni e della multa da L.1.000.000 a L.10.000.0004. Si applica la stessa pena se il fatto concerne qualsiasi mezzo inteso unicamente a consentire o facilitare la rimozione arbitraria o l’elusione funzionale dei dispositivi applicati a protezione di un programma per elaboratore. La pena non è inferiore nel minimo a sei mesi di reclusione e la multa a L.3.000.0005 se il fatto è di rilevante gravità ovvero se il programma oggetto dell’abusiva duplicazione, importazione, distribuzione, vendita, detenzione a scopo commerciale o locazione sia stato precedentemente distribuito, venduto o concesso in locazione su supporti contrassegnati dalla Società italiana degli autori ed editori ai sensi della presente legge e del relativo regolamento di esecuzione approvato con regio decreto 18 maggio 1942, n°1369.

2. La condanna per i reati previsti al comma 1 comporta la pubblicazione della sentenza in uno o più quotidiani e in uno o più periodici specializzati”.

L’articolo 171 bis è stato introdotto per sanzionare taluni comportamenti correlati all’utilizzo abusivo del software.

I comportamenti sanzionati consistono nella:

  1. duplicazione abusiva di programmi per elaboratore;

  2. importazione di copie non autorizzate (con conoscenza del fatto che si tratta di copie non autorizzate o, comunque, se tale conoscenza doveva esservi con la normale diligenza);

  3. distribuzione di copie non autorizzate;

  4. vendita di copie non autorizzate;

  5. detenzione a scopo commerciale di copie non autorizzate;

  6. concessione in locazione di copie non autorizzate.

Vengono inoltre puniti i medesimi comportamenti “se il fatto concerne qualsiasi mezzo inteso unicamente a consentire o facilitare la rimozione arbitraria o l’elusione funzionale dei dispositivi applicati a protezione di un programma per elaboratore”.

La previsione normativa si riferisce alle modalità di protezione del software attraverso le speciali tecniche (hardware o software ) che rendono impossibile la duplicazione del programma attraverso le “normali” operazioni.

Riguardo alle difese software, vengono in considerazione i c.d. programmi di “sprotezione”, che riescono a superare le barriere poste a difesa dei programmi originali, consentendone la duplicazione.

I programmi abusivamente duplicati mediante la eliminazione delle loro protezioni, vengono detti “craked”, spezzati.

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Il D.Lgs 518/92 è stato criticato da una parte della dottrina, sulla base della considerazione che lo stesso non si inserirebbe in un disegno organico, o per lo meno sensibile alle esigenze di tutela poste in essere dal prepotente ingresso dell’informatica nella civiltà contemporanea6.

Tale impostazione si basa sull’assunto che: ”l’intervento penalistico a salvaguardia dei diritti esclusivi sul software si presenta orientato in senso spiccatamente sanzionatorio della disciplina civilistica. La ramificazione delle fattispecie penali contenute nella legge sul diritto d'autore, operata con l’inserimento dell’art.171 bis, sancisce la più generale scelta di tutelare il software nell’alveo del diritto d’autore, apprestando una garanzia penalistica primariamente centrata sull’abusiva duplicazione.

Appare discutibile la scelta di penalizzazione contenuta nell’art.171 bis, sostanzialmente ricalcato - e, laddove ci sono, con scostamenti rigoristici - sulle “misure speciali di tutela” indicate dalla Direttiva7; per di più accomunando sotto la stessa intensità sanzionatoria condotte fra loro differenziate, da un punto di vista empirico-fenomenologico. Risulta altresì eluso il compito di misurarsi con la effettiva idoneità della sanzione punitiva a conseguire un’equilibrata tutela, al fine di evitare una penalizzazione destinata ad applicazioni marginali ed alla fine fortemente simboliche.

...Precedentemente al D.Lgs 518/92, la questione della scelta sanzionatoria è rimasta sempre assorbita dal problema circa la riconducibilità del software nell’ambito delle opere tutelate dalla legge sul diritto d'autore. ....l’impegno interpretativo è stato prevalentemente circoscritto alla possibilità di estendere la norma dell’art.171 in relazione al vincolo di tassatività.”.

E’ stato poi notato come sia stato creato un forte dislivello tra la cornice edittale dell’art.171, lasciato a fronteggiare le aggressioni alle tradizionali forme di manifestazione delle opere dell’ingegno, e quella del nuovo art.171 bis: dislivello che crea un elemento di squilibrio interno, attraverso la maggior gravità sanzionatoria posta a presidio di interessi schiettamente imprenditoriali, che possono non coincidere con quelli del creatore dell’opera intellettuale al quale si riserva una tutela comparativamente depotenziata8.

La conclusione di tali tesi critiche rispetto al D.Lgs 518/92 è che vi sia stata una netta scelta di campo a favore delle software house, perdendo l’occasione per garantire il fruitore del programma in qualche misura sia nei confronti del titolare del programma sia nei confronti di terzi.

Il D.Lgs 518/92 è stato accolto invece con un certo entusiasmo dalle associazioni come la BSA9 (Business Software Alliance) e l’ASSOFT10 (Associazione italiana per la tutela del software), che hanno trovato in tale intervento legislativo un valido mezzo posto a tutela dei propri interessi.

Tali associazioni hanno fatto notare come la disponibilità di una normativa adeguata, soprattutto penale, che stabilisca regole precise nell’utilizzo dei programmi per elaboratore, consenta di fare fronte al fenomeno dilagante della pirateria del software. La puntuale attuazione della direttiva CEE ha infatti avuto come effetto un certo risanamento del mercato: tra il ‘92 e ‘93 l’incidenza del software illegale è infatti passata dall’86% al 50% (ma è di nuovo cresciuta nel 1994 attestandosi sul 57%).

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  • La prima fattispecie contenuta nell’art.171 bis è costituita dalla “abusiva duplicazione dei programmi per elaboratore, a fini di lucro”.

Problemi interpretativi rispetto alla genericità del nuovo articolo 171 bis, si pongono in relazione al termine “programma”, a causa del fatto che l’art.2 del D.Lgs 518/92 ha aggiunto all’art.2 della legge sul diritto d'autore il n°8 il quale afferma come per “programma” si debba intendere anche il “materiale preparatorio per la progettazione del programma stesso”. Tale soluzione pone problemi di equilibrio sistematico con la tutela del segreto industriale, ai sensi dell’art.62311 del c.p.: ciò perché la previsione della copiatura di un simile materiale come condotta penalmente rilevante, unita al dislivello del rigore punitivo (art.623: “Rivelazione di segreti scientifici o industriali”: prevede come sanzione la reclusione fino a due anni, mentre l’art.171 bis prevede come sanzione la reclusione da tre mesi a tre anni e la multa da L.500.000 a L.6.000.000), accentuato dalla procedibilità a querela della figura codicistica, configura una situazione apparentemente discriminante per l’oggetto della tutela prevista dall’art.62312.

La descrizione del fatto tipico è imperniata sulla condotta di “duplicazione”, ossia di riproduzione senza modifiche dell’opera originale.

Nel coniare la fattispecie “abusiva duplicazione” il legislatore italiano ha compiuto una scelta più rigorosa rispetto alle indicazioni contenute nella Direttiva. Infatti tale atto comunitario non prevede la “duplicazione”, ma “ogni atto di messa in circolazione di una copia illecita di un programmi per elaboratore” (art. 7), cioè un comportamento successivo a quello fatto proprio dal D.Lgs 518/92. L’anticipazione della repressione penale a una condotta non ancora produttiva di danni effettivi, costituisce, quindi, una tutela rispetto al pericolo che potrebbe subire il titolare del programma.

La Proposta alla Direttiva CEE ha sottolineato come la riproduzione del programma nel computer finalizzata al suo funzionamento, non costituisce duplicazione; ciò a condizione che chi effettua il “caricamento” abbia acquisito il diritto all’utilizzazione del programma, altrimenti il caricamento stesso, effettuato su elaboratori altrui a scopo di lucro, può certamente essere apprezzato come duplicazione.

“Abusiva” è da intendere nel senso che la rilevanza penale della condotta dipende da contrasto con le regole giuridiche che disciplinano quel determinato settore di attività.

  • La duplicazione integrale o parziale del software, in termini di riproduzione, costituisce l’ipotesi più diffusa nel panorama degli attentati ai diritti del titolare del programma, ma esiste una forma di pirateria altrettanto dannosa, ma più insidiosa, che consiste nella “derivazione da programmi altrui”, cioè nella creazione di un “nuovo” programma che si sostanzia in una sorta di clonazione del programma originario da cui si discosta per talune, secondarie, caratteristiche.

Risulta particolarmente complessa la decisione su casi di questo tipo, specialmente quando la suddetta derivazione non appaia del tutto evidente. Tale complessità deriva sia dalla genericità dell’espressione contenuta nell’art.2 del D.Lgs 518/92 che afferma: “Restano escluse dalla tutela accordata dalla presente legge le idee e i principi che stanno alla base di qualsiasi elemento del programma, compresi quelli alla base delle sue interfacce”13; sia dalla natura tecnico-matematica della creazione del programma, che implica la scelta e l’impiego di “idee” o principi logici per l’impostazione e la risoluzione di determinati problemi. Di conseguenza: “Poiché la protezione ora sancita trova il suo contenuto e i suoi limiti nella tutela del diritto d’autore, quei principi non possono mai costituire oggetto di esclusiva attribuzione: è solo la forma attribuita dal creatore al programma ad essere coperta dalla garanzia, vale a dire l’espressione di una certa soluzione, mai la soluzione stessa in quanto tale”14.

Il problema relativo ad eventuali fattispecie di “elaborazione” che in realtà si risolvano in “clonazioni”, appare difficilmente risolvibile sulla base dell’art.171 bis: questo articolo è infatti incentrato sul concetto di duplicazione di copia, e non è suscettibile di estensione sino a ricomprendere condotte di elaborazione, per il principio di determinatezza e tassatività vigente nel diritto penale.

Risulta quindi come la sola tutela civilistica risulti la sola possibile in ipotesi di elaborazione15.

  • La tutela accordata al programma richiede che esso sia “originale”, cioè: “Risultato di creazione intellettuale dell’autore16.

Il criterio della creatività è tuttavia generico e suscettibile di svariate interpretazioni.

In particolare nel campo dei programmi per elaboratore, il legame fra opera ed autore non appare così stretto come per le opere letterarie, musicali ecc. L’autore dei programmi per elaboratore spesso non è facilmente individuabile poiché sono in molti a collaborare alla creazione dello stesso. I problemi che si pongono sono allora relativi sia al concetto di originalità, cioè alla necessità di fissare dei criteri che permettano di determinare lo stacco creativo; sia al bisogno di stabilire se l’originalità vada intesa solo in riferimento alla forma esterna del programma, considerando che il contenuto dello stesso non è tutelabile autonomamente, o se anche l’apporto dell’autore vada in qualche modo considerato per valutarne il grado di creatività.

  • Il dolo specifico che caratterizza tutte le fattispecie penali contenute nell’art.171 bis, segna un ulteriore distacco della protezione penale del software nei confronti di quella accordata alle altre opere, almeno all’interno della legge sul diritto d'autore, in cui vale l’inversa dizione “a qualsiasi scopo”.

L’inciso “per fini di lucro” determina il dolo specifico dell’art.171 bis: se non vi sono tali fini si rientra, invece, nei casi previsti dall’art.171, di cui si suol dire che ha carattere residuale rispetto al 171 bis17.

La nozione di “scopo di lucro” è più specifica e ristretta rispetto a quella di “scopo di profitto”, poiché non riguarda aspetti di vantaggio non patrimoniali. Il fine dell’agente deve essere quello di percepire un vantaggio di tipo patrimoniale. Vanno escluse le ipotesi in cui il vantaggio si concreta in un semplice tornaconto generico, utile per l’agente, ma non tale da poter essere ricondotto al concetto di vantaggio patrimoniale immediato18.

Va escluso lo scopo di lucro nei casi in cui si duplichi un programma per darne una copia a un amico o se si distribuisce un programma attraverso una rete telematica ad accesso gratuito. In tali casi viene in essere la tutela civilistica e la sanzione penale prevista dall’art.171 della legge sul diritto d'autore.

Non esiste ancora un orientamento uniforme per inquadrare la gravità penale della duplicazione fatta per uso personale19. Il parere di L.C: Ubertazzi è che: “la duplicazione per uso personale non rientri nella portata della nuova ipotesi criminosa, per la necessaria inerenza al fine di lucro ad un progetto, almeno, di scambio con contropartita economica”20.

  • Fermo restando che anche le condotte di importazione, distribuzione ecc. devono essere orientate a fini di lucro (“ai medesimi fini”), è stata introdotto l’elemento della conoscenza della natura “non autorizzata” delle copie, con l’aggiunta, tuttavia, oltre alla menzione della positiva conoscenza, anche qualcosa di più incerto e sfuggente, l’: “avendo motivo di sapere21.

I lavori preparatori indicano, come spiegazione a tale inserimento, la preoccupazione di sottrarre alla repressione penale “la duplicazione in buona fede”. La spiegazione è, però, del tutto insoddisfacente, alla luce del fatto che nella specie non si tratta di limitare la rilevanza penale della duplicazione ma, al limite, di diverse condotte.

Nell’ambito di una formulazione penalistica il richiamo alla situazione di “avere motivi di sapere” è decisamente ambiguo, poiché in una figura dolosa, per di più a dolo specifico, non vi può essere spazio per qualcosa che sia diverso dalla effettiva conoscenza22.

Nel dolo devono concorrere due componenti: la rappresentazione, e cioè la visione anticipata del fatto che costituisce il reato (momento conoscitivo o intellettuale); la risoluzione, seguita da uno sforzo del volere diretto alla realizzazione del fatto rappresentato (momento volitivo)23.

Non sono ammesse, dunque, scorciatoie presuntive nella ricostruzione del dolo.

Per alcuni autori la conseguenza di tale ragionamento è che, rispetto all’accertamento del dolo nella figura dell’art.171 bis, la distinzione tra conoscenza e motivi di conoscenza va considerata priva di ogni rilevanza.

  • Notevoli problemi si presentano per la “detenzione a scopo commerciale” di copie di programmi non autorizzate.

Va notato che dal punto di vista della frequenza dei casi dell’esperienza giudiziaria, la semplice detenzione abusiva è l’ipotesi più consueta, nonché quella per cui viene ottenuta più agevolmente, nel corso delle indagini della polizia giudiziaria, la prova in via processuale: di conseguenza spesso sorgono questioni relative alla configurazione del “fine di lucro” e dello “scopo commerciale”.

Il legislatore italiano nel recepimento della disciplina comunitaria ha commesso una serie di gravi errori di tecnica legislativa. Gli errori di tecnica normativa in cui il legislatore è incorso, sono relativi sia alla misura della sanzione penale, sia alla terminologia usata relativamente alla “detenzione.”

La terminologia usata dalla direttiva CEE, nella versione inglese, con riferimento alla detenzione abusiva dei programmi software ed alla possibilità che le legislazione degli Stati adottino “appropriate misure”, utilizza l’espressione “the possession for commercial pourposes”. L’espressione originaria comprende, nella lingua inglese, una vasta categoria di attività comunque collegate con la produzione e compravendita di beni e servizi.

La traduzione italiana della direttiva 91/250, porta l’espressione “detenzione per scopo commerciale”24.

Nella legge del 19/12/1991 n°489 all’articolo 7, recante la delega al governo per l’attuazione della direttiva comunitaria, la espressione originaria della direttiva veniva, senza alcuna ragione, profondamente modificata. Veniva infatti usata la diversa espressione “detenzione per la commercializzazione”.

Una condotta di questo tipo appare estremamente più riduttiva rispetto a quella prevista dalla direttiva, in quanto la nozione di “commercializzazione” è ricollegata a una attività economica il cui oggetto è la “messa in commercio” nei confronti di terzi dei programmi nell’ambito di una attività volta alla loro diffusione sul mercato.

Nel D.Lgs 518/92, il legislatore, all’art.10, introducendo l’art.171 bis, ha nuovamente usato l’espressione “detenzione a scopo commerciale”.

La divergenza fra le tre versioni dei testi normativi prospetta un problema di interpretazione e di coordinamento. Le soluzioni adottabili sono:

  1. se si ravvisasse la esistenza di una insanabile divergenza tra la legge delega ed il decreto delegato, con la prospettazione di una questione di costituzionalità dell’art.10 del D.Lgs 518/92 per violazione della delega legislativa, risulterebbe decisiva una presa di posizione da parte della Corte Costituzionale;

  2. si può ritenere, in via interpretativa, che la divergenza terminologica utilizzata non comporti una divergenza sostanziale, omologando le due nozioni. In tal caso si imporrebbe una nozione più restrittiva e dovrebbe privilegiarsi il concetto di “detenere per la commercializzazione” che escluderebbe dalla sanzione penale l’ipotesi di detenzione non qualificata dalla intenzione di mettere sul mercato le copie contraffatte;

  3. si può ritenere, in via interpretativa, che il recepimento della terminologia comunitaria imponga direttamente di interpretare le norme nazionali alla luce dei principi della direttiva comunitaria. In tal caso l’interpretazione dei giudici nazionali dovrà uniformarsi ai principi espressi dalla direttiva stessa, in quanto principio di diritto sopranazionale;

  4. si può ritenere, infine, in via giurisdizionale, che la divergenza delle espressioni legislative non comporti una questione di legittimità costituzionale interna all’ordinamento nazionale, ma che si imponga una interpretazione della conformità della portata della norma nazionale a quella comunitaria, con la rimessione della questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee che ne indichi la corretta interpretazione25.

La nozione “scopo commerciale” contenuta nel D.Lgs 518/92 va opportunamente interpretata per poterne valutare la effettiva portata.

Secondo alcuni occorre effettuare una interpretazione estensiva: la “detenzione a scopo commerciale” avrebbe una nozione amplissima, contrapponendosi a quella senza scopo di lucro ed essendo complementare alla nozione di “uso personale”.

Per altri, invece, l’interpretazione necessaria è di tipo restrittivo: lo “scopo commerciale” sarebbe sinonimo di “fare commercio” del programma.26

Infine vi è chi propone una linea interpretativa intermedia che rileva come la norma in esame configuri una fattispecie penale, con la conseguente necessità di evitare una ampiezza eccessiva della nozione ma, comunque, che rimanga in linea con lo spirito della Direttiva. In tal senso l’interpretazione proposta è nel senso che per “scopo commerciale” vada intesa ogni attività riconducibile alla nozione di “impresa commerciale” quale elaborata dalla dottrina commercial-civilistica; sono tali tutte le imprese indicate nell’art.2195 c.c. (imprese industriali, di intermediazione di beni, di trasporto, bancarie, assicurative e quelle ausiliarie delle precedenti). Di conseguenza sarebbe penalmente rilevante la condotta dell’azienda che utilizzi un software duplicato abusivamente, esclusivamente a fini “interni”, ma con la consapevolezza (dolo) di voler utilizzare il programma risparmiando sul relativo costo.

Da notare che una fattispecie di questo tipo si può realizzare anche in capo a un privato che utilizzi un software duplicato abusivamente, al fine di, per esempio, risparmiare il costo del farsi battere la tesi da un negozio specializzato.

  • La legge sul diritto d'autore non accenna ad un’altra conseguenza penale che è strettamente collegata all’argomento software. L’art.648 del codice penale prevede il reato di ricettazione che consiste nel: “ricevere o occultare, a fini di profitto, denaro o cose provenienti (consapevolmente) da un qualsiasi delitto”.

La pena per il delitto richiamato è nettamente più grave rispetto a quella prevista dall’art.171 bis, consistendo nella reclusione da un minimo di due a un massimo di otto anni.

La Corte di Cassazione ha più volte affermato la configurabilità del delitto in esame nei confronti di acquirenti di prodotti fonografici o cinematografici abusivamente riprodotti. (Cass. 8/6/1983, Colucci; Cass. 13/11/1986, Brancaccio)27.

Appare ad alcuni autori (D’Aietti, Ubertazzi) come sia poco razionale, ed in contrasto con il disvalore sociale corrente, che sia punito con una pena molto più grave chi acquista (ricettandolo) un dischetto duplicato abusivamente, piuttosto di chi lo abbia duplicato e poi rivenduto. Basta pensare come la ricettazione, anche nei casi di particolare tenuità, preveda un massimo fino a sei anni di reclusione, cioè il doppio del massimo dell’art,171 bis.

Paradossalmente, viene fatto notare, apparirà più conveniente per il colpevole, confessare di aver duplicato egli stesso il programma software, al fine di non incorrere in sanzioni più gravi.

  • Un ulteriore critica è venuta dalla dottrina rispetto alla seconda parte dell’art.171 bis che inizia con le parole: “si applica la stessa pena se il fatto concerne qualsiasi mezzo....”.

E’ stato notato come con il termine “fatto” si debbano intendere tutte le condotte previste nella prima parte dell’art.171 bis, ma anche come i “mezzi” in questione non abbiano molta connessione né con la condotta dell’abusiva duplicazione del programma originale, né con le ipotesi di messa in circolazione ecc28.

Di certo nei “mezzi” in questione non possono rientrare né le comunicazioni di informazioni atte a eludere gli accorgimenti adottati a protezione dei programmi, né la mera condotta elusiva dei dispositivi di protezione, da parte di un programmatore a conoscenza delle “barriere”, poiché i “mezzi” in parola sembrano definibili solo in termini di “dispositivi” dotati di una empirica consistenza.

Tuttavia la norma, per quanto al limite poco chiara, sembra applicabile, per esempio, ai programmi software (esistenti), miranti unicamente a permettere di usufruire di un programma protetto.

  • L’art.171 bis prevede la pena della reclusione da 3 mesi a tre anni e la multa da lire 500.000 a lire 6.000.000.

Nell’ipotesi aggravata (se il fatto “è di rilevante gravità” o se il programma originale era stato distribuito con i contrassegni facoltativi della S.I.A.E.) la pena è nel minimo di sei mesi di reclusione e la multa è, nel minimo, di lire 1.000.000.

In ordine a tale aggravante è stato rilevato come essa non sia stata prevista dalla legge delega, e dunque potrebbero sorgere problemi rispetto alla sua legittimità costituzionale.

Inoltre è stato criticato sia l’inserimento di una aggravante “indefinita” (“fatto di rilevante gravità”), sia la previsione della pena maggiorata in caso che i programmi per elaboratore fossero contenuti “su supporti contrassegnati dalla S.I.A.E.”.

La critica verte sulla considerazione che non può riconoscersi all’aggravante in questione una forma di indiretto incentivo alla registrazione del software, facoltativo (art.103 c.4 e 105 c.329 della legge sul diritto d'autore ), trattandosi di procedura distinta da quella di apposizione del contrassegno: sarebbe inoltre dubbia la costituzionalità della previsione di un tale incentivo in base alla valutazione della indicata facoltatività della registrazione. Viene infine fatto notare come la “precedente distribuzione” su supporti contrassegnati S.I.A.E., non possa essere considerata come indicativa di un maggiore disvalore, posto che la conoscenza dell’illecita provenienza del programma, costituisce già elemento essenziale di tutte le figure previste dell’art.171 bis30.

Il reato è procedibile di ufficio e rientra nella competenza del pretore.

In considerazione delle pene previste, non è possibile l’arresto in flagranza né la emissione di provvedimenti di custodia cautelare.

  • E’ importante individuare il soggetto penalmente responsabile, secondo che si tratti di autori materiali o ritenuti responsabili per legge.

Nel caso di imprese la responsabilità penale è del rappresentante legale.

Deroghe a tale principio si determinano sia nel caso in cui il rappresentante legale abbia delegato ad altro responsabile tutti i compiti e le funzioni di coordinamento e di controllo nell’area informatica, sia nel caso in cui precise procedure e istruzioni siano state adottate in azienda per prevenire ed individuare installazioni e/o utilizzo abusivo del software. In tale ultimo caso verrà ricercato il responsabile a livello di singolo operatore o dipendente dell’azienda.

Sul dipendente, che ha illegittimamente duplicato un programma, possono altresì ricadere provvedimenti disciplinari, i quali nelle ipotesi più gravi e sempre che l’azienda abbia puntualmente informato il dipendente delle sanzioni disciplinari, possono essere anche il licenziamento31.

1 R. Ristuccia - V. Zeno Zencovich op. cit. pg. 66

2 R. Ristuccia - V. Zeno Zencovich op. cit. pg. 66 segg.

3 Per i riferimenti agli autori: R. Ristuccia - V. Zeno Zencovich op. cit. indice bibliografico.

4 D. Lgs. 205/96 art.4

5 D. Lgs. 205/96 art.4

6 L. C. Ubertazzi “La legge sul software” ed. Giuffrè 1994 pg.224

7 Direttiva del Consiglio 91/250 CEE art.7 “Misure speciali di tutela”: a) messa in circolazione di una copia di un programma per elaboratore da parte di chi sappia o abbia motivo di ritenere che si tratta di copia illecita. b) Detenzione a scopo commerciale di una copia di un programma per elaboratore da parte di chi sappia o abbia motivo di ritenere che si tratta di copia illecita. c) messa in circolazione o detenzione a scopo commerciale di qualsiasi mezzo inteso a facilitare la rimozione o l’elusione delle protezioni.

8 L. C. Ubertazzi “La legge sul software” ed. Giuffrè 1994 pg.228

9 La BSA è l’associazione internazionale composta dai maggiori produttori del settore, il cui scopo è la tutela del software originale. L’attività di BSA si svolge attraverso la lotta alla duplicazione non autorizzata di programmi mediante azioni legali e atraverso interventi formativi e di informazione.

10 ASSOFT è l’associazione che da anni opera in favore della protezione giuridica del software e per la creazione di una corretta cultura informatica.

11 Art. 623 c.p.: Rivelazioni di segreti scientifici o industriali: Chiunque, venuto a cognizione per ragioni del suo stato o ufficio, o della sua profesione o arte, di notizie destinate a rimanere segrete, sopra scoperte o invenzioni scientifiche o applicazioni industriali, le rivela o le impiega a proprio o altrui profitto, è punito con la reclusione fino a due anni. Il delitto è punibile a querela della persona offesa.

12 L. C. Ubertazzi “La legge sul software” ed. Giuffrè 1994 pg.231

13 L. C. Ubertazzi “La legge sul software” ed. Giuffrè 1994 pg.234

14 L. C. Ubertazzi “La legge sul software” ed. Giuffrè 1994 pg.234

15 Con particolare vantaggio della software house che difficilmente pongono in essere fattispecie di duplicazione. Inoltre occorrono strumenti e professionalità di un certo livello per poter elaborare un programma, e solo le suddette imprese possiedono tali caratteristiche.

16 Art.2 D.Lgs 518/92.

17 L. Chimienti “La tutela giuridica dei programmi per elaboratore” pg.102

18 G. D’Aietti “Diritto dell’informazione e dell’informatica” 1992

19 G. Sica “Il diritto nelle imprese informatiche” ed. SG Consulting 1995 pg.78

20 L. C. Ubertazzi “La legge sul software” ed. Giuffrè 1994 pg.241

21 L. C. Ubertazzi “La legge sul software” ed. Giuffrè 1994 pg.242

22 L. C. Ubertazzi “La legge sul software” ed. Giuffrè 1994 pg.242

23 Antolisei “Manuale di diritto penale” parte generale pg.303

24 G.U. CEE 17/5/91 dir 91/250 art.7 let.b

25 G. D’Aietti “Diritto dell’informazione e dell’informatica” 1992 pg.227

26 R. Ristuccia - V. Zeno Zencovich op. cit. pg. 70

27 Borruso e altri “Profili penali dell’informatica” pg.53

28 L. C. Ubertazzi “La legge sul software” ed. Giuffrè 1994 pg.244

29 Art.6 D.Lgs 518/92: “All’art.103 della legge sul diritto d'autore, sono apportate le seguenti integrazioni:

a) Dopo il terzo comma è aggiunto il seguente: - Alla S.I.A.E. è affidata, altresì, la tenuta di un registro pubblico speciale per i programmi per elaboratore. In tale registro viene registrato il nome del titolare dei diritti esclusivi di utilizzazione economica e la data di pubblicazione del programma, intendendosi per pubblicazione il primo atto di esercizio dei diritti esclusivi - ”.

Art.7 D.Lgs 518/92: “Dopo il secondo comma dell’art.105 della legge sul diritto d'autore, è inserito il seguente: - Per i programmi per elaboratore la registrazione è facoltativa e gratuita - “.

30 L. C. Ubertazzi “La legge sul software” ed. Giuffrè 1994 pg.245

31 G. Sica “Il diritto nelle imprese informatiche” ed. SG Consulting 1995 pg.81