Quando il Ministero dell'Interno, trascorsi 730 giorni dalla presentazione della domanda di cittadinanza per residenza (e altri casi di istanza per naturalizzazione), non provvede a concludere il procedimento. 

In questo caso si richiede al Tar di obbligare il Ministero dell'Interno a concludere il procedimento. Il ricorso deve essere proposto entro il termine perentorio di 1 anno dal giorno in cui sono scaduti i 730 giorni.

E' bene specificare che l'esito vittorioso del ricorso non comporta automaticamente la concessione della cittadinanza in favore del ricorrente, bensì, come detto, va sorgere l'obbligo in capo al Ministero di concludere il procedimento. Tuttavia, laddove il ricorrente possieda tutti i requisiti stabiliti dalla legge, e non ci siano elementi ostativi (es. precedenti penali scoperti dalla Questura successivamente) è più che presumibile che il Ministero dell'Interno, nell'ambito della sua valutazione discrezionale, conceda la cittadinanza. Questo, molto spesso, avviene ancor prima dell'udienza, poiché l'amministrazione, se ritiene di dover concedere la cittadinanza, ha tutto l'interesse a chiudere il contenzioso in anticipo, senza dover subire la condanna.

Inoltre, sono frequenti i casi di stranieri che, all'improvviso e a poca distanza dalla presentazione del ricorso al Tar, vedono avanzare rapidamente lo stato delle proprie pratiche sul sito del Ministero dell'Interno, alcuni dei quali raggiungono anche l'ultima fase della comunicazione che il decreto è pronto per la firma.

Il ricorso al Tar è un rimedio risolutivo, e anche rapido, in relazione ai tempi che lo straniero attenderebbe nell'ipotesi in cui rimanesse inattivo. Infatti, se chi ha richiesto la cittadinanza rimane con le mani in mano ad attendere, senza assumere iniziative, i suoi tempi di attesa possono arrivare addirittura a sei o sette anni dalla presentazione della domanda. Il ricorso al Tar, invece, dà la garanzia che il procedimento venga concluso in un tempo comunque circoscritto e controllabile. Peraltro l'avvocato provvederà a depositare periodicamente le c.d. "istanze di prelievo", ossia dei solleciti affinché il Tribunale fissi l'udienza.

Nei casi di diniego della cittadinanza per residenza (e altri casi di istanza per naturalizzazione).

In questo caso l'oggetto della controversia riguarda il merito della domanda di cittadinanza, ovvero se la Pubblica Amministrazione, sulla base degli elementi acquisiti, ha provveduto correttamente o meno a deliberare il diniego.

Il diniego, di regola, viene annunciato con un preavviso, notificato dal Ministero dell'Interno allo straniero. Questi ha l'onere di contestare il provvedimento annunciato entro il breve termine di dieci giorni. La contestazione del preavviso di diniego è molto importante al fine di costruire la futura condotta processuale dell'istante davanti al Tribunale Amministrativo. E' infatti molto difficile che, in questa sede, il Ministero dell'Interno cambi idea, e quindi modifichi il provvedimento già delineato. Tuttavia la contestazione è un passaggio preliminare essenziale per il futuro giudizio davanti al Tar: in questo modo, infatti, il cliente dimostrerà di non aver prestato alcun tipo di consenso o acquiescenza rispetto al diniego della cittadinanza, e al contempo confermerà la sua ferma motivazione ad ottenere la cittadinanza, che come sappiamo è un requisito essenziale per il buon esito della pratica.

Nel caso del diniego, pertanto, i tempi sono stretti: è bene che il cliente comunichi al suo avvocato il preavviso di diniego il giorno stesso in cui gli è stato notificato.