Una delle ipotesi migratorie tuttora più diffuse, nonostante le migliori intenzioni del legislatore nel creare delle procedure che consentano all'immigrato sin dall'inizio di regolarizzare la propria posizione di soggiornante in Italia, è quella di intere famiglie di stranieri trapiantate in Italia (e in parte qui costituite) in stato di assoluta clandestinità: la situazione tipica è quella di marito e moglie irregolari, che abbiano un figlio in età scolare o ne diano alla luce uno mentre sono già nel Belpaese (in quest'ultimo caso, si tratta per lo più di evento strumentale all'ottenimento di un titolo di soggiorno provvisorio, quello per cure mediche/gravidanza, giacchè appunto la donna, e con lei il marito, avrà un permesso di soggiorno a cagione del suo stato interessante per il periodo della gravidanza stessa e per i sei mesi successivi alla data effettiva del parto).

Ebbene, in una situazione del genere, se è vero che da un lato (art. 19 del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286) si prevede che i minori stranieri siano inespellibili, da altro lato è previsto anche che se il minore debba seguire il genitore oggetto di un provvedimento espulsivo la causa di inespellibilità del primo verrà meno: l'espulsione del minore straniero verrà disposta con provvedimento del Tribunale per i minorenni, su richiesta del Questore (art. 31, comma 4, d.lgs.).

È importante allora ricordare che la normativa vigente in materia prevede una ipotesi in cui è lo stesso genitore possibile oggetto di espulsione a poter beneficiare di un permesso di soggiorno provvisorio, che gli consenta di fare ingresso (se ancora all'estero) e di permanere in Italia, in relazione al proprio figlio minore qui presente.

Si tratta dell'ipotesi disciplinata dall'art. 31, comma 3, d.lgs., secondo cui il Tribunale per i minorenni valuta l'esistenza di gravi motivi legati allo sviluppo psicofisico, all'età e alle condizioni di salute del minore; ciò, appunto, al fine di autorizzare il genitore ad entrare e rimanere in Italia, per un certo periodo di tempo, al fine di tutelare il minore per le dette ragioni.

Logica vuole, e la norma lo conferma, che il periodo di tempo concesso con l'autorizzazione sia esteso in ragione della soddisfazione dei detti motivi di tutela, ossia che tendenzialmente coincida con il tempo necessario perchè quella tutela venga effettivamente apprestata.

Da ciò derivano due conseguenze: la prima è che se l'autorizzazione concessa perdesse di efficacia, per decorso del tempo, prima che effettivamente vengano meno i gravi motivi, la stessa dovrebbe essere (o considerarsi ope legis) rinnovata per un ulteriore periodo; la seconda è che se i gravi motivi venissero meno PRIMA della scadenza del periodo inizialmente concesso, l'autorizzazione sarebbe revocata già in quel momento e non alla scadenza medesima.

Non solo, ma è la stessa norma a prevedere che se il genitore in concreto compie atti che contrastino con la soddisfazione degli interessi del minore da tutelare (ad esempio, se vi sono ragioni legate alla salute del minore e il genitore lo fa vivere in condizioni di abbandono sanitario) l'autorizzazione verrà revocata anzitempo.

Nella situazione sopra descritta, si prefigura una procedura a due fasi, una giudiziale ed una successiva (eventuale) amministrativa: nella prima si propone un ricorso da parte del genitore (o dei genitori) del minore straniero, con il quale si rappresenta l'esistenza dei gravi motivi e si chiede quindi l'autorizzazione.

Il Tribunale per i minorenni, al quale è rivolto il ricorso, fissa una data per la convocazione dei genitori davanti al relatore designato: questi esamina ed interroga i genitori, tira le sue conclusioni e fa rapporto al Collegio.

Il provvedimento viene dato con decreto, che potrà essere favorevole (autorizzazione) o contrario (rigetto) alle ragioni illustrate. Nel primo caso, il provvedimento ordina alla Questura territorialmente competente di rilasciare un permesso di soggiorno conforme alle necessità del caso, che abbia la durata stabilita nel decreto (la fase amministrativa sarà quindi eventuale, ossia subordinata all'emanazione di un decreto di accoglimento).

E proprio sul tipo di permesso rilasciato vi è stata una forte diatriba in passato, che si è poi risolta in giurisprudenza in senso favorevole per coloro che attivano questo tipo di procedura: in sostanza, le Questure rilasciavano un permesso per cure mediche con la prescrizione che lo stesso non consentiva di svolgere attività lavorativa, il che ovviamente era contraddittorio con l'esigenza per i genitori di prendersi cura del proprio figlio sostentandolo, evidentemente anche grazie ai proventi di un lavoro. Per tale motivo, sia nel merito sia nel grado di legittimità i Giudici hanno stabilito che l'autorizzazione concessa dal Tdm imponesse alle Questure di rilasciare un permesso di soggiorno che non impedisse ai beneficiari di svolgere attività lavorativa; altrimenti l'utilità del permesso in parola sarebbe stata irrimediabilmente frustrata.

Nel caso di rigetto del ricorso, invece, il rimedio è costituito dal reclamo alla Corte d'Appello per i minorenni, sezione specializzata della Corte d'Appello; il reclamo va proposto entro 10 giorni dalla comunicazione o notificazione del provvedimento negativo ed introduce un giudizio che si svolge in camera di consiglio.

Ossia, il Collegio che viene costituito per l'occasione fissa una data in cui le parti personalmente, o il loro legale, esporranno le ragioni per cui ritengono che il decreto di rigetto fosse ingiusto (in definitiva, evidenziando nuovamente l'esistenza dei gravi motivi a tutela del figlio minore). Dopo di che, il Collegio si riunisce in camera di consiglio e conclude la procedura con decisione non pubblica.

Contro un eventuale ulteriore provvedimento negativo non c'è altro rimedio che il ricorso per Cassazione.

Bisogna dire che il ricorso allo strumento qui in descrizione è stato notevole in questi ultimi anni, proprio perchè in molti casi diventava l'unica strada per ottenere una sorta di sanatoria per tanti stranieri irregolari presenti sul territorio italiano.

Tuttavia, forse anche per questo, l'orientamento giurisprudenziale si è recentemente evoluto (o involuto) nel senso di dare una interpretazione più restrittiva dei c.d. gravi motivi che sono alla base delle possibilità di accoglimento del ricorso ex art. 31; sicchè ad oggi si può dire fondatamente che questo tipo di ricorso può essere presentato solo in casi particolarmente gravi, in cui il minore da tutelare abbia dei serissimi problemi di salute, fra l'altro tali da non poter essere risolti o comunque curati nel Paese di origine.

In un passato non troppo lontano, invece, era possibile ottenere l'autorizzazione, e quindi il permesso, anche nell'ipotesi che il minore in questione fosse molto piccolo (neonato) o addirittura se iscritto ad un istituto scolastico e bene inserito nel relativo tessuto sociale.

Date tali premesse, è chiaro che la documentazione di cui il ricorso al Tdm dovrà essere corredato (e che dovrà essere riproposta quando si chiederà alla Questura il rilascio del permesso di soggiorno) dovrà provare:

·                     lo stato di famiglia del capofamiglia (marito, moglie, figlio o figli), in originale e tradotto legalizzato

·                     l'identità dei genitori e del figlio minore

·                     l'esistenza di gravi patologie che mettano a repentaglio la salute del minore

·                     la necessità che tali patologie vengano curate in Italia e l'impossibilità che ciò avvenga nel Paese di origine (rispettivamente, potrebbero essere documenti utili una attestazione della struttura sanitaria scelta in Italia di essere “centro di eccellenza” per la cura di quelle patologie, e pari attestazione del Ministero della sanità – o simile – del Paese di origine circa l'inesistenza di centri sanitari attrezzati per la cura di quelle patologie in quel Paese)

·                     l'esistenza di proposte di lavoro in Italia per i genitori, naturalmente vincolate al rilascio del permesso di soggiorno e completate dalla documentazione relativa ai dati del datore di lavoro (questo tipo di documentazione è opportuno per dimostrare che i genitori, se fossero autorizzati a entrare o restare in Italia, potrebbero prendersi cura del figlio minore)

l'esistenza di un alloggio idoneo alle esigenze di vita della famiglia.