In poco più di due mesi due interventi significativi, di "maquillage" e coordinamento procedurale, del Decreto Legislativo 6 febbraio 2007 n. 30, inerente il diritto dei cittadini dell'Unione Europea (e dei loro familiari stranieri) di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.
I provvedimenti legislativi di intervento sono il decreto legge 23 giugno 2001 n. 89 (conv. in legge 2 agosto 2011 n. 129) e il decreto legislativo 1° settembre 2011 n. 150.

La legge 129/11 è intervenuta come segue:
- il diritto di soggiorno fino a tre mesi è stato esteso anche ai familiari stranieri di cittadini comunitari, che siano entrati in Italia anche in esenzione di visto (la richiesta del visto di ingresso, nella precedente formulazione, era una evidente... svista, a cui si è posto rimedio)
- l'iscrizione anagrafica nel Comune di residenza per il cittadino comunitario e per i familiari stranieri, è consentita previa dimostrazione di disponibilità di risorse economiche sufficienti al soggiorno: a tal fine, viene ora chiarito che si deve guardare alla situazione complessiva personale del richiedente l'iscrizione, e si esemplificano alcuni elementi per c.d. "deduttivi" di tale situazione, quali le spese inerenti all'alloggio
- per quanto riguarda specificamente i familiari stranieri non aventi un proprio titolo di soggiorno (che prescinda cioè dalla parentela con il cittadino comunitario), non viene più richiesto loro, ai fini dell'iscrizione anagrafica, il visto di ingresso (secondo una certa logica: se entrati in esenzione di visto, erano "coperti" per i primi 3 mesi, mentre per il periodo successivo, al quale si riferisce l'iscrizione anagrafica, vale il loro status di parenti di un cittadino comunitario; se entrati con visto di ingresso, evidentemente quel documento è stato già prodotto)
- per la medesima categoria di familiari stranieri, si specifica, fra i documenti richiesti sempre per l'iscrizione anagrafica, che il documento sulla parentela deve essere rilasciato dall'autorità competente del Paese di origine o provenienza, e può attestare, oltre alla qualità di familiare (ed eventualmente familiare a carico), come già prima in precedenza, anche quella di familiare con gravi problemi di salute, che necessitino l'assistenza personale del cittadino comunitario; modifica resasi necessaria per ovviare a casi di paradossale ingiustizia in cui al familiare straniero non era consentita l'iscrizione anagrafica in quanto non risultava formalmente a carico, ma comunque soffriva problematiche di salute che ne limitavano grandemente l'autonomia nel proprio Paese
- viene eliminata la possibilità di controlli di polizia "a campione" sul mantenimento del diritto di soggiorno, d'ora in poi la regola è che tali controlli siano possibili solo sulla base di ragionevoli (si spera comprovati se non addirittura documentati) dubbi sulla persistenza dei requisiti di legge
- viene chiarito che l'esercizio di un qualsiasi diritto che dipenda dalla titolarità del diritto di soggiorno (o di soggiorno permanente) non è subordinato al possesso del documento che provi quella titolarità (ossia, il documento ha valore "ad probationem", ma la sua assenza non ha conseguenze "ad substantiam")
- ai fini dell'adozione di provvedimenti di allontanamento di un cittadino comunitario dal territorio italiano, sono valutati i suoi comportamenti individuali, che rappresentino una minaccia non più solo "concreta" ma anche "effettiva e sufficientemente grave", all'ordine pubblico o alla pubblica sicurezza. Non è più richiesta l'"attualità" del comportamento preso a fondamento dell'allontanamento, il che fa sorgere dei dubbi sulla legittimità dell'innovazione legislativa, in quanto in questo modo si potranno basare provvedimenti di tale portata per il diritto di soggiorno del cittadino comunitario anche su comportamenti avvenuti anni prima, che non siano affatto rappresentativi della pericolosità attuale della persona.
- d'altro canto, nel caso di cittadino comunitario residente in Italia da lungo tempo (almeno dieci anni) o minorenne, l'allontanamento può essere ora disposto solo per motivi di sicurezza dello Stato (prima, anche per motivi di ordine pubblico)
- il provvedimento di allontanamento per motivi di sicurezza o imperativi di pubblica sicurezza può essere eseguito adesso immediatamente solo in caso di valutazione, caso per caso, di urgenza del detto allontanamento, legato a problemi di civile e sicura convivenza sul territorio italiano
- il venir meno del requisito economico comporta la cessazione del diritto di soggiorno (non permanente), ma il mero ricorso all'assistenza sociale non basta, di per sè, a motivare l'opinione che sia venuto meno quel requisito, occorrendo invece una indagine riguardante il caso specifico
- al cittadino comunitario o al suo familiare straniero allontanati, è imposto di presentare l'"attestazione di obbligo di allontanamento" al consolato italiano di riferimento entro un certo termine; ma mentre prima l'inottemperanza a tale incombente comportava, come conseguenza, l'applicazione di una pena detentiva e pecuniaria, adesso vi è il solo provvedimento prefettizio di allontanamento coattivo, ad immediatamente esecuzione da parte del Questore.

Queste invece le innovazioni di cui al d.lgs. 150/11:
- per i ricorsi contro il rifiuto o la revoca del riconoscimento del diritto di soggiorno, il giudice competente è ora genericamente quello "ordinario", ma che sia ancora il giudice monocratico lo si evince dal rinvio procedurale all'art. 16 del Decreto 150, che prevede ora l'applicazione del rito sommario di cognizione (anzichè il rito camerale), rispetto al quale è competente appunto il giudice unico
- per i ricorsi contro l'allontanamento per motivi di sicurezza o di ordine pubblico, permane la competenza del TAR Lazio, sezione di Roma, ma mentre prima l'indicazione era espressa nella norma, adesso costituisce una deduzione normativa: si fa rinvio al Codice del Processo Amministrativo, che appunto conduce a quella competenza
- sempre per tali ricorsi, la loro proposizione, accompagnata da apposita istanza, porta alla sospensione del provvedimento di allontanamento; già la norma prevedeva che alcuni motivi escludessero la possibilità di sospensione; adesso non costituiscono più ragione di esclusione del provvedimento inibitorio i motivi imperativi di pubblica sicurezza
- per i ricorso contro l'allontanamento per motivi di pubblica sicurezza, o imperativi di pubblica sicurezza, l'autorità giudiziaria competente è sempre quella ordinaria, comunque sempre quella monocratica in quanto il rito applicabile adesso è quello sommario di cognizione (non più il rito camerale).