L'art. 53 della Costituzione statuisce il principio secondo cui tutti devono contribuire alle spese pubbliche in base alla loro capacità contributiva. La capacità contributiva, a parere dello scrivente, è determinata da due elementi: il reddito ed il patrimonio.

Il reddito è costituito dal flusso di ricchezza che entra a far parte del patrimonio del contribuente, mentre il patrimonio è costituito dalla ricchezza accumulata nel corso del tempo e detenuta dal contribuente in quanto non consumata perché in eccesso rispetto al fabbisogno del contribuente stesso.

Per tentare di fare un minimo esame dell'articolo in commento lo riportiamo qui di seguito: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. Il dettato costituzionale produce norme precettive e norme programmatiche. Per proseguire nel nostro ragionamento iniziamo col fare la prima distinzione. La norma precettiva deve trovare immediata applicazione con efficacia vincolante per il legislatore ordinario. La norma programmatica, invece, ha un'efficacia non immediatamente vincolante e quindi diluita nel tempo, sarebbe – come dire - ad effetti differiti. Nel caso in esame non sembrano esserci i caratteri della norma programmatica quindi, a parere dello scrivente, ci troviamo di fronte ad un norma precettiva cioè una norma che trova immediata applicazione.

I precetti delineati dal dettato in esame sono due.

Il primo: tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Questo dettato potrebbe assumere il seguente significato. Cittadini e non cittadini devono contribuire alle spese pubbliche in misura proporzionalmente crescente alla crescita della propria ricchezza.

Il secondo: il sistema dei tributi è caratterizzato dalla progressività. Detto sistema è strutturato in modo tale che la ricchezza pari a100 comporti un contributo di 10. Sé, invece, detta ricchezza è pari a 200 il contributo è pari a 10 su 100, 7 su 50 e 9 sulle rimanenti 50. Abbiamo così che se su 100 il contributo è pari a 10, su 200 il contributo è pari 10+7+9 per complessivi 26 (esempio di progressività). La progressività dell'imposta implica che con l'aumento della ricchezza il tributo aumenta in misura sempre crescente. Dopo questo elementare tentativo di rappresentare il significato della voce “progressività del sistema tributario” passiamo ai due aspetti più significativi di questo elementare ragionamento.

Quale potrebbe essere la misura minima di ricchezza imponibile e quale potrebbe essere la misura massima di ricchezza imponibile? Si tratterebbe della misura potenzialmente suscettibile di costituire il presupposto d'imposta.

Iniziando il ragionamento dalla misura minima, appare utile considerare che il nostro Ordinamento ha determinato la ricchezza necessaria ed indispensabile per una sopravvivenza dignitosa. Detta misura varia fra € 468,00 ca. per chi ha meno di settanta anni e € 516,46 per gli ultrasettantenni. Giungiamo così alla prima conclusione affermando che una ricchezza pari alle anzidette misure non viene tassata.

La questione più impegnativa a cui tentare di dare una risposta e quella di capire e motivare fin dove si può spingere la progressività del tributo. Il dettato costituzionale afferma che il sistema tributario è informato al criterio della progressività ma non determina un limite a detta progressività. Non essendoci un limite costituzionale alla progressività del tributo possiamo affermare che in teoria detta progressività non incontra limiti. In virtù del superiore ragionamento, chi più è ricco più deve contribuire. Spesso la ricchezza è frutto di grandi sacrifici, altre volte un po' meno. Altre volte ancora è frutto di sacrifici degli altri. In entrambi i casi, nel rispetto del principio della capacità contributiva, chi più è ricco più deve contribuire ma lo deve fare in modo progressivo e non in misura percentuale.

A parere del sottoscritto l'articolo in commento non ha trovato piena applicazione è sarebbe meritevole di maggiore attenzione da parte del legislatore ordinario.

Per concludere questa breve riflessione si potrebbe affermare che una più attenta applicazione del principio della progressività del tributo potrebbe aumentare la ricchezza nazionale contribuendo nel contempo ad una più equa redistribuzione della ricchezza stessa.

Avv. Vincenzo Loprevite