In tema di TIA (tariffa di igiene ambientale), la Cassazione si è già pronunciata sulla illegittimità dell'IVA applicata e sul diritto al rimborso in favore del contribuente (Cassazione, Sezioni Unite, sentenza del 15 marzo 2016, n. 5078).
Sul punto, è poi sorta un'ulteriore questione riguardo l'individuazione dell'Autorità giudiziaria competente a decidere sulla domanda di rimborso, e in particolare se la domanda giudiziale debba essere proposta dinanzi alla Commissione tributaria o al Giudice ordinario.
Il problema è stato risolto da una recente pronuncia della Cassazione, Sezioni Unite, del 20 novembre 2017, n. 27437, secondo cui la domanda va proposta al Giudice ordinario (e quindi Giudice di pace o Tribunale a seconda dell'importo richiesto).
Ciò in quanto l'azione esercitata per il rimborso dell'imposta illegittimamente versata dal fruitore dei beni o dei servizi nei confronti del fornitore è un'azione di ripetizione d'indebito di rilevanza civilistica (in tal senso si è espressa anche la Corte di Giustizia, in tema di iva, con sentenza del 15 dicembre 2011, causa C-427/10, Banca popolare antoniana veneta, punto 42; nonchè in tema di accise, con sentenza del 20 ottobre 2011, causa C-94/10, Danfoss).
Afferma infatti la Cassazione che "Il soggetto passivo dell'imposta è difatti esclusivamente colui che effettua la cessione di beni o la prestazione di servizi; sicchè la controversia in questione non ha ad oggetto un rapporto tributario tra contribuente ed amministrazione finanziaria, ma un rapporto di natura privatistica tra soggetti privati, che comporta un mero accertamento incidentale in ordine alla debenza ed all'ammontare dell'imposta applicata in misura contestata.
Il che vale anche quando il debito iva sia totalmente contestato, come appunto nell'ipotesi di indebita applicazione di tale imposta alla tariffa comunale di igiene ambientale (Tia), poichè si tratta in ogni caso di una controversia tra privati, alla quale è estraneo l'esercizio del potere impositivo sussumibile nello schema potestà-soggezione, proprio del rapporto tributario".
Il principio è stato di recente ribadito anche con riguardo alla controversia insorta tra il prestatore ed il destinatario della prestazione, in ordine alla pretesa rivalsa dell'IVA esposta in fattura (Cassazione, Sezioni Unite, sentenza del 31 maggio 2017, n. 13721; sentenza del 4 aprile 2016, n. 6451).
Il diritto al rimborso si prescrive in dieci anni, per cui è necessario esercitare l'azione o comunque inviare una lettera di messa in mora (interruttiva della prescrizione) prima della scadenza dei dieci anni.