Chi non paga una multa e, per questo, si vede notificata una cartella esattoriale, non è tenuto a pagare se, dalla notifica della suddetta cartella, passano cinque anni senza che l’Agente della riscossione attivi qualche pignoramento o invii un sollecito di pagamento. È quanto chiarito dal Tribunale di Torino con una recente sentenza [1].
 
La questione sulla prescrizione delle cartelle di pagamento è tutt’altro scontata come sembra. Questo perché secondo una tesi – sconfessata di recente dalle Sezioni Unite della Cassazione – la cartella esattoriale non pagata entro 60 giorni dalla notifica, e quindi divenuta definitiva, assumerebbe la stessa forza di una sentenza e, quindi, si prescriverebbe sempre dopo 10 anni.
Ora, però, la Cassazione ha precisato, una volta per tutte, che non esiste un unico termine di “scadenza” delle cartelle di pagamento: esso varia, invece, a seconda del tipo di tributo o sanzione di cui chiede il versamento. In particolare il termine di prescrizione è di:
  • 10 anni per imposte erariali come Iva, Irpef, Irap;
  • 10 anni per canone rai;
  • 10 anni per contributi alla camera di commercio;
  • 5 anni per imposte locali come Imu, Tasi, Tari, Tosap, ecc.;
  • 5 anni per le violazioni del codice della strada (multe stradali);
  • 5 anni per contributi previdenziali dovuti all’Inps o all’Inail;
  • 3 anni per il bollo auto (il termine inizia a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello in cui è dovuto il pagamento).
 
Sulla scorta di tale orientamento, il tribunale di Torino ha stabilito che la prescrizione del credito per le multe stradali è di cinque anni anche se è scaduto il termine per l’opposizione alla cartella di pagamento.
 
Un esempio ci chiarirà meglio le idee. Mettiamo di non aver pagato una vecchia multa e, per via di ciò, di aver ricevuto successivamente una cartella di pagamento da parte dell’Agente della riscossione esattoriale. Decidiamo di non impugnare neanche la cartella e dopo qualche anno ci arriva un fermo auto. Quando però andiamo a leggere sul dettaglio della cartella, ci accorgiamo che la stessa è stata notificata ben più di cinque anni fa. In tal caso, possiamo presentare opposizione contro il blocco dell’auto perché il credito alla riscossione si è ormai prescritto. Stesso discorso si può fare se, al posto del fermo auto, ci viene notificato un pignoramento.
 
Tutto ciò che deve fare l’automobilista, accortosi che dal ricevimento della cartella di pagamento sono passati 5 anni senza aver mai ricevuto una diffida, un sollecito, un fermo o un pignoramento, è di aspettare… Non si può infatti far ricorso per chiedere la cancellazione della cartella ormai prescritta, ma ci si può opporre contro il successivo atto di riscossione posto in essere dall’Agente. Quindi, l’impugnazione non andrà sollevata contro la cartella prescritta, ma contro il fermo, contro il pignoramento, contro l’intimazione di pagamento, ecc.
 
C’è un solo caso in cui la cartella di pagamento per multe si prescrive dopo 10 anni: se il contribuente, entro i 30 giorni dalla notifica, la impugna e perde la causa. In tal caso, infatti, l’obbligo di pagamento della sanzione non scaturisce più dalla cartella, ma dalla sentenza del giudice di pace, la quale – come tutte le sentenze – si prescrive in 10 anni: una scadenza, dunque, più lunga rispetto a quella della cartella (che, come detto, è di 5 anni).
 
Concludendo, il giudice piemontese ricorda che la prescrizione della cartella di pagamento segue quella prevista per l’obbligazione principale [2].
 [1] Trib. Torino, sent. n. 3577/2016.
[2] Infatti l’ingiunzione fiscale «ha natura di atto amministrativo che cumula in sé le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto, ma è priva di attitudine ad acquistare efficacia di giudicato». Quindi, il decorso del termine per opporsi comporta la decadenza dall’impugnazione e non consente successive contestazioni del «credito (qualunque ne sia la fonte, di diritto pubblico o di diritto privato)», ma non produce un allungamento del termine di prescrizione del diritto.