Con il decreto fiscale n. 148/2017, approvato alcuni giorni fa e collegato alla legge di bilancio, è stato introdotto un “nuovo” scudo fiscale in favore dei lavoratori transfrontalieri, che hanno prestato all’estero attività lavorativa continuativa.
Ma chi può definirsi “lavoratore transfrontaliero“? A tal proposito, la normativa comunitaria definisce “lavoratore frontaliero” qualsiasi lavoratore “occupato sul territorio di uno Stato membro ma residente sul territorio di un altro Stato membro dove torna, di regola, ogni giorno o almeno una volta alla settimana“. Ciò che differenzia il lavoratore transfrontaliero dal lavoratore migrante è il fatto di essere residente in uno Stato e di lavorare in un altro. In altri termini, mentre il lavoratore migrante lascia il suo paese di origine per abitare e lavorare in un paese diverso da quello nel quale ha riseduto fino a quel momento, il lavoratore transfrontaliereo ha una doppia cittadinanza, nazionale per il luogo di residenza e per il luogo di lavoro.
Posta questa doverosa premessa, come già accennato, in favore di questa particolare categoria di soggetti, infatti, il Governo ha previsto la possibilità di regolarizzare le attività e le somme depositate in conti correnti esteri, in violazione degli obblighi di monitoraggio, tramite la compilazione di un apposito quadro della propria dichiarazione dei redditi.
Per poter usufruire di tale opportunità sarà sufficiente presentare una apposita istanza di regolarizzazione dei capitali detenuti all’estero da ex lavoratori italiani all’estero entro e non oltre il prossimo 31 luglio 2018. L’importo necessario per “pareggiare” i conti con il Fisco è pari al 3% del valore delle attività e della giacenza al 31 dicembre 2016.
A seguito della presentazione dell’istanza, sarà possibile procedere al versamento di quanto dovuto in un’unica soluzione entro il 30 settembre 2018, oppure in tre rate mensili consecutive a partire dalla stessa data. Lo scudo al 3% sulla giacenza al 31 dicembre 2016 non potrà comunque essere utilizzato per somme già oggetto di altre forme di c.d. “voluntary disclosure“.
Lo Studio Legale Messina & Partners è naturalmente a disposizione di chiunque necessiti di ulteriori approfondimenti: inviandoci una email (info@studiolegalemessinaepartners.com) è possibile infatti acquisire tutte le informazioni necessarie per usufruire di tale importante opportunità.