Il problema si è posto in quanto l'Agente della riscossione aveva negato il diritto di accesso, ritenendo che la domanda così come formulata fosse troppo generica, non essendo specificato il numero identificativo delle cartelle richieste. In tal modo il concessionario sarebbe stato costretto, a suo dire, "ad una defatigante attività di ricerca e selezione di atti".
Orbene, tale giustificazione non è stata considerata valida dai giudici amministrativi, i quali, respingendo le doglianze dell'Agente della riscossione, hanno affermato che la domanda, così come formulata (ossia con il generale riferimento a tutte le cartelle presenti sul ruolo), contiene tutti gli elementi che consentono ad Equitalia di individuare i documenti richiesti (conformemente al D.P.R. n. 184/2006).
Attraverso l'estratto di ruolo, che - come noto - è atto interno all'amministrazione che riproduce una parte del ruolo, è infatti possibile risalire alla posizione debitoria del singolo contribuente ad una certa data e, dunque, alle cartelle esattoriali che a questo si riferiscono.
Pertanto, nello specifico, la domanda di accesso conteneva tutti i riferimenti soggettivi, oggettivi e temporali (le cartelle risultanti dall'estratto di ruolo alla data dell'istanza) per identificare gli atti richiesti.
In conclusione, l'Agente della riscossione è tenuto a dare seguito ad una istanza di accesso, che, pur non formulata con l'indicazione specifica del numero della cartella richiesta, contenga comunque tutti gli elementi che consentono l'individuazione dell'atto (neppure è necessario che l'istanza di accesso venga formulata attraverso i moduli forniti dall'ufficio).
Su tali premesse, l'Agente della riscossione è stato condannato non solo a dare seguito all'accesso, attenendosi ai principi suddetti, ma anche al rimborso delle spese di giudizio sostenute dal contribuente.