La questione sollevata

Dunque, un tema dibattuto sia dalla Corte Costituzionale, sia dalla giurisprudenza di merito (nonché di legittimità) è quello afferente l'applicabilità (o meno) di strumenti cautelari ulteriori - oltre a quelli disciplinati dall'art. 47, D. Lgs. 546/92 - all’interno del contenzioso tributario.

In altre parole, la problematica in esame concerne la possibilità (o meno) di rendere concretamente operativa la tutela inibitoria anche nelle fasi del giudizio tributario successive a quelle di primo grado, ovvero quello instaurato innanzi alle Commissioni Tributarie Provinciali.

In particolare, l'art. 49 del decreto citato, prevede che "alle impugnazioni delle sentenze delle commissioni tributarie si applicano le disposizioni del titolo III, capo I, del libro II del c.p.c., escluso l' art. 337 e fatto salvo quanto disposto nel presente decreto", ossia da un lato viene espresso il principio della esecutività di tutte le sentenze, la cui efficacia non viene meno in conseguenza della loro impugnazione, ma - contemporaneamente - introduce alcune eccezioni, contenute negli artt. 283, 373, 401 e 407, C.p.c.1 (ossia la sospensione delle sentenze impugnate rispettivamente nel giudizio di appello, in Cassazione, nelle impugnazioni per revocazione, nonché in opposizione di terzo)2.

Sostanzialmente, le pronunce in rassegna rappresentano una vera e propria conferma ad un apprezzabile orientamento adottato dalla giurisprudenza di merito e di legittimità (cfr. la decisione della Suprema Corte in rassegna): le stesse infatti ammettono la possibilità di chiedere successivamente al primo grado di giudizio (nel caso di specie in pendenza di un ricorso in Cassazione), l'istanza di sospensione di pagamento dei provvedimenti amministrativi impugnati ad opera del contribuente, qualora dall'esecuzione possa derivare grave ed irreparabile danno.

Non solo, in linea alla richiamata corrente interpretativa è ragionevole ritenere che (come peraltro ha illustrato una parte della dottrina3) all'interno del contenzioso tributario possano trovare “cittadinanza” le norme le quali prevedono la possibilità di adottare provvedimenti sospensivi anche dinanzi sia alla Commissione Tributaria Regionale4 (art. 283 C.p.c.), sia alla Corte di Cassazione (art. 373 C.p.c.).

La “chiave di volta” di tale argomentazione può essere riassunta percorrendo il seguente iter logico: da un lato nessuna norma esclude espressamente (o implicitamente) l’opportunità di applicare le disposizioni a mente dell'art. 283 C.p.c.5 e art. 373 C.p.c., mentre dall'altro il disconoscimento di tale possibilità - a favore del contribuente - costituirebbe una negazione illogica e al tempo stesso giuridicamente “paradossale” del diritto di difesa, atteso che tale strumento cautelare è previsto sia nel processo civile, sia in quello amministrativo.

A ben vedere, la tesi prospettata dalla citate pronunce trova la propria ragion d'essere anche alla luce di ulteriore profilo, ossia vero è che l'art. 47, in tema di sospensione cautelare (del decreto cit.) menziona il processo di primo grado, tuttavia - al fine di donare maggior compiutezza alla questione illustrata - l'art. 61 dello stesso decreto afferma che "nel procedimento d'appello si osservano in quanto applicabili le norme dettate per il procedimento di primo grado, se non sono incompatibili con le disposizioni della presente sezione".

In altre parole, l'assenza nel suddetto decreto di una specifica disciplina sulla tutela cautelare nei gradi di giudizio successivi al primo, genera dubbi interpretativi (anche di legittimità costituzionale) sulla portata del divieto espresso di rinvio di cui all'ultima parte dell'art. 49 del decreto citato6.

A ben vedere, anche se la normativa in tema di sospensione dell'atto impugnato si riferisce “apparentemente” al primo grado di giudizio, bisogna osservare che, formalmente, essa è un Capo autonomo del Titolo II del D. Lgs. n° 546/92 rispetto al Capo I, dedicato al procedimento dinanzi alla C.T.P.: pertanto nulla impedisce che in virtù al citato richiamo dell'art. 61, le disposizioni dettate per la sospensione dell'atto impugnato - nel giudizio dinanzi alla Commissione Provinciale - siano applicabili anche in grado di appello7.

Oltretutto, non vi è motivo di ritenere che il giudice di appello – nel processo tributario – abbia poteri giurisdizionali “ridotti” rispetto al giudice di primo grado: questa prospettiva trova ampia legittimazione proprio nell'art. 61, il quale dispone che nel grado di appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale si osservano (in quanto applicabili) le norme dettate per il procedimento di primo grado8.

In considerazione di ciò – a parere dello scrivente – l'ammissibilità della sospensione del pagamento nei gradi successivi al primo, costituirebbe – di fatto – il riconoscimento di un principio di civiltà giuridica, in quanto il diritto di difesa del contribuente non subirebbe “soffocamenti” ingiustificati, sulla scorta di una lettura costituzionalmente orientata dell'istituto in oggetto.

La decisione della Corte Costituzionale n° 217/10.

In realtà, l’orientamento citato ha gettato le proprie basi giuridiche grazie ad una decisione della Corte Costituzionale n° 217/10, la quale ha convenuto la possibilità di sospendere la sentenza tributaria di appello in pendenza del ricorso per Cassazione, confermando altresì che la tutela cautelare costituisce una componente essenziale del diritto di difesa (cfr. Corte Costituzionale, n° 281/10), il cui disconoscimento rappresenterebbe un'inaccettabile carenza all'interno dello c.d. Stato di Diritto.

In breve – alla luce della ratio decidendi espressa dalla Corte Costituzionale nella decisione citata – la stessa ha sancito, analizzando l’art. 337 C.p.c., come infondata la tesi che qualificava come incompatibile l’applicabilità dell’azione cautelare nel processo tributario di secondo grado.

Non solo: la Corte Costituzionale (all’interno della decisione n° 217/10) ha invitato “espressamente” le Commissioni Tributarie ad un’interpretazione “adeguatrice” della problematica esposta (rectius: la presunta incompatibilità dell’art. 373 C.p.c. all’interno del processo tributario).

Ebbene, dall’interpretazione adeguatrice dell’art. 49 del D.Lgs 546/92 deriva che non vi è alcun ostacolo normativo all’inibitoria cautelare ex art. 373 C.p.c., pertanto la presunta perentorietà ed insuperabilità del dato letterale dell’art. 49 citato appartiene ad un pregiudizio già “radiato” dalla Corte Costituzionale in tale sede9.

Conclusioni.

In definitiva, il predetto “solco” interpretativo (avallato dalle pronunce della giurisprudenza) nasce dall'esigenza di imporre il seguente principio: la tutela cautelare (in tema di sospensione di un atto amministrativo impositivo) costituisce un fattore insostituibile della tutela giurisdizionale garantita dall'art. 24 Cost., pertanto nell'ipotesi di una sua limitazione al solo primo grado di giudizio (art. 47, D. Lgs. 546/92) emergerebbe: a) una censurabile compressione del diritto di difesa e b) l'esistenza di una violazione della par condicio nel processo tributario.

Dunque – come ha prontamente sottolineato la Corte Costituzionale nella pronuncia n° 217/10 – il mancato tentativo di un approccio ermeneutico “costituzionalmente orientato” della problematica sollevata, rende superflua e giuridicamente inammissibile siffatta questione, sulla scorta dei richiami al principio della difesa del cittadino in ogni fase e grado del giudizio.

In breve, nonostante l'orientamento apprezzabile espresso dalla Corte Costituzionale, i giudici di merito (in talune occasioni) persistono in una lettura limitata al mero contenuto letterale del D. Lgs 546/92 in combinato disposto con le norme del codice di rito civile.

Posto che il dettato costituzionale vincola l'interprete a favorire un atteggiamento logico-sistematico che riconosca l'operatività della tutela interinale (in via cautelare) anche in sede di appello, a maggior ragione questa esigenza “difensiva” deve essere assicurata laddove si debba porre un tempestivo rimedio ad una palese ingiustizia perpetrata nella prima fase del giudizio10.

In conclusione, sarebbe di buon auspicio che il nostro ordinamento traesse le opportune conseguenze dall'impostazione giurisprudenziale della Corte Europea dei diritti dell'uomo (C. eur. 21.02.2008, causa C-18497/03, in RDT, 2008, IV, 181), in ordine alla quale la carenza di una tutela cautelare effettiva nel processo tributario sancirebbe la censura di manifesta irrazionalità, comportando una violazione dell'art. 6 CEDU11.

Difatti, sussiste la necessità di offrire risposte maggiormente “garantiste” (a favore del contribuente) che superino la mera lettera della legge, al fine di tutelare (da un punto di vista processuale, ma anche economico e sociale) il contribuente esposto alla concreta possibilità di subire un'azione esecutiva da parte dell'Amministrazione Finanziaria, la quale potrebbe essere valutata come illegittima ed infondata nella sentenza conclusiva.

L'effettiva attuazione di uno c.d. Stato di diritto (di nome e di fatto) deve assicurare (in modo formale e sostanziale) che: a) la durata del processo non danneggi il contribuente in tema di accertamento della legittimità del diritto (“impositivo”) avanzato dall'Erario e b) evitare di esporre il primo a subire un danno irreparabile.

In merito a tale osservazione - in particolare - appare “illuminante” la motivazione indicata dalla proprio dalla Corte di Cassazione nella pronuncia n° 2845/2012, ovvero “la specialità della materia tributaria e l'esigenza che sia garantito il regolare pagamento delle imposte impone una rigorosa valutazione dei requisiti del fumus boni iuris dell'istanza cautelare e del periculum in mora”.

1Il processo tributario di R. Loiero L. Batella L. Marino, G. Giappichelli Editore, 2008. (Gli autori affermano che il comma 2° dell'art. 1 del decreto Lgs. n° 546/92 fornisce un fondamentale elemento ermeneutico al fine di individuare la disciplina del processo tributario, ossia la norma menzionata ha evidenziato – secondo una parte della Dottrina – da un lato il c.d. rinvio recettizio alle disposizioni del primo libro C.p.c. e dall'altro indicava nella normativa processualcivilistica il principale dato di riferimento per giungere all'integrazione delle lacune legislative della disciplina del processo tributario, sulla base quindi del principio dell'analogia legis: “non è dato nutrire più alcun dubbio sul fatto che il processo civile rappresenta l'indiscusso modello di riferimento cui ci ispira il nuovo contenzioso tributario”.

2“Sull'applicabilità di strumenti di sospensione cautelare nei gradi del giudizio tributario successivi al primo” (Dott.ssa G. Palma), in “Bollettino Tributario”, n° 8/2010;

3“La sospensione possibile nel nuovo processo tributario” (G. Falcone), in “Il Fisco”, 1993, 7053 ss., “Sulla sospensione cautelare da parte del giudice di appello” (S. Gallo), in “Bollettino Tributario”, 2003, 612 ss.;

4Alcune pronunce delle Commissione Tributarie Regionali (durante la pendenza del secondo grado di giudizio), hanno accolto l'istanza di sospensione avanzata dal contribuente, in presenza dei noti presupposti, ovverosia il fumus boni iuris ed il periculum in mora richiesti dall'art. 47 del D. Lgs, n° 546/92 (C.T.R. di Campobasso, 29 luglio 1998, C.T.R. di Lecce 11 luglio 2001, C.T.R. Puglia, n° 708 del 15 giugno 2005, C.T.R. Lazio del 7 ottobre 2009);

5Sull'applicabilità dell'istituto dell'art. 47 nel secondo grado di giudizio è intervenuta la Corte Costituzionale con la decisione n° 165 del 31 maggio del 2000: in tale sentenza (del tutto opinabile) viene riconosciuto al contribuente di chiedere la misura cautelare della sospensione, intesa come componente essenziale della tutela giurisdizionale garantita dall'art. 24 Cost., tuttavia – in base a quanto motivato dalla Corte – la garanzia costituzionale della tutela cautelare è imposta solo fino al momento in cui non intervenga, nel processo, una pronuncia di merito. Su un'analoga tesi si è espressa l'Amministrazione Finanziaria con la circolare n° 73/E del 31 luglio 2011;

6Il processo tributario di R. Loiero L. Batella L. Marino, cit.;

7 Codice Commentato del processo tributario di G. Bonolini M. Confortini (a cura di F. Tesauro), Utet Giuridica, 2011;

8Manuale del processo tributario di F. Tesauro, Giappichelli, 2009. In altre parole, sotto il profilo processuale, l’impugnazione della sentenza di primo grado non è volta ad ottenere la modifica totale o parziale della sentenza di primo grado, bensì mira a conseguire quanto era già oggetto del giudizio di primo grado, cioè l’annullamento totale o parziale di un atto (cfr. I poteri delle parti nel processo tributario di A. Turchi, Giappichelli, 2003);

9“I Giudici divisi sulla sospensione dell'appello” (E. De Mita), in “Il Sole24Ore” del 10 luglio 2011 (La Corte Costituzionale sarà nuovamente impegnata a chiarire quale debba essere il ruolo del giudice di merito, troppo spesso tentato dal commodus discessus del grado zero interpretativo – la lettera della norma – così spesso abbracciato dall'amministrazione finanziaria);

10 “Accertamento, stop in appello” (F. Sarracino, M. Tozzi), in “Italia Oggi” del 30 gennaio 2012;

11 Codice Commentato del processo tributario di G. Bonolini M. Confortini (a cura di F. Tesauro), cit.;