In tema di conseguenze afferenti la cancellazione delle società di persone  dal registro delle imprese, la Commissione Tributaria Regionale di Milano (sentenza n° 79/11) ha stabilito che i creditori sociali rimasti insoddisfatti non possono aggredire direttamente la società estinta, in quanto “il destinatario deve essere sempre determinato e determinabile: la sua mancanza, come nel caso di specie […] determina […] la nullità dell'atto”.
In effetti, la pronuncia in commento richiama esplicitamente la decisione della Corte Costituzionale, n° 4062/2010, nella quale è stato sostenuto che le società si estinguono con la cancellazione dal registro delle imprese, senza che le stesse possano essere considerate ancora “viventi”, nonostante la presenza di eventuali rapporti pendenti e non liquidati.
Come accennato, sulla scorta di tale orientamento, gli effetti della cancellazione della società dal registro delle imprese trova applicazione anche per le società di persone, determinando la loro estinzione “con effetto retroattivo e con conseguente nullità di eventuali atti di accertamento emessi nei confronti delle stesse” (Corte Costituzionale, n° 4062/2011).
In termini pratici, nonostante l'iscrizione nel registro delle imprese abbia una natura meramente dichiarativa, con la successiva cancellazione la società viene privata della propria capacità, nonché della legittimazione (attiva e passiva), pertanto l'Amministrazione Finanziaria (in qualità di creditore) è impossibilitata a notificare atti impositivi ed istruttori (come l'invito a comparire o i processi verbali di constatazione) alla società “cancellata”.
La decisione in rassegna si concentra su tale principio: l'art. 2495 C.c.  (in sede di cancellazione della società) impone una modifica del precedente orientamento giurisprudenziale dal 2004 ad oggi, quindi anche per le società di persone deve essere “affermata l'efficacia dichiarativa della pubblicità della cessazione dell'attività di impresa”.
Orbene: la disciplina novellata prevede che la cancellazione produca effetti costitutivi, di conseguenza – sotto un risvolto di pretesa tributaria del Fisco – viene sancita la perdita dei poteri di rappresentanza “esterna” societaria dell'ultimo legale rappresentante (o del liquidatore).
Per effetto di ciò il creditore (l'Amministrazione Finanziaria), il quale intende avviare un'azione a tutela del proprio diritto nei confronti di una società estinta dovrà agire direttamente nei confronti dei soci o dei liquidatori.
Ad ogni buon conto, la C.T.R. di Milano avverte in ogni caso che il “socio illimitatamente responsabile resta tale anche dopo l'estinzione della società”, pertanto la cartella sarebbe stata valida (sotto il profilo degli effetti giuridici), se la medesima fosse stata emessa e notificata ai singoli soci (e quindi non nei confronti della società)1.
Tuttavia, ciò che si evidenzia nella pronuncia de qua è che l'atto amministrativo (rectius: cartella esattoriale) è viziato da nullità, qualora vi sia dubbio sull'esistenza giuridica del destinatario dell'atto; quest'ultimo deve sempre essere (soprattutto al momento della notifica) determinato, determinabile, nonché giuridicamente esistente.
Non solo: l'art. 2495, secondo comma, C.c. stabilisce che dopo la cancellazione della società dal registro delle imprese “resta ferma l'estinzione della società”, quindi se la medesima è stata cancellata, giuridicamente non esiste più: non può più essere configurata come un “centro di imputazione di rapporti giuridici”, come ad esempio quella di rispondere ai debiti societari.
In realtà, la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Milano appare condivisibile anche sotto un ulteriore aspetto, ossia in materia di qualificazione giuridica dei soci, degli amministratori, nonché nei liquidatori successivamente alla cancellazione della società.
Orbene, proprio su tale questione la pronuncia sancisce che “con l'estinzione della società non si apre alcuna successione, né a titolo universale, né a titolo particolare”, in virtù del principio che non esistono “eredi” di una società cancellata.
In effetti, la giurisprudenza di merito (C.T.R. di Torino, n° 5/2010, C.T.P. di Reggio Emilia, n° 88 del 4 giugno 2010, C.T.P. di Catania, n° 80/09/11) ha modificato il proprio orientamento sulla problematica aderendo a quello della Corte Costituzionale: la cancellazione dal registro delle imprese di una società comporta l'estinzione irreversibile della società stessa anche nei confronti di debiti tributari pervenuti in seguito, in quanto la stessa non è più un soggetto giuridico.
In conclusione, le sentenze in rassegna approdano alla medesima soluzione, ovvero la notifica di un atto dell'Amministrazione Finanziaria nei confronti di un soggetto giuridicamente inesistente non solo consegue la nullità del provvedimento per inesistenza del destinatario, ma comporta anche la cessazione della materia del contendere per il sopravvenuto venir meno dell'oggetto e del soggetto.