La legge 4 maggio 1983 n. 184, come novellata dalla legge n. 149 del 28 marzo 2001, al suo primo articolo, intitolato “Diritto del minore ad una famiglia”, stabilisce il principio cardine di tutta la normativa attualmente vigente, prevedendo che al minore venga garantito il diritto del minore a vivere, crescere ed essere educato all’interno di una famiglia “senza distinzione di sesso, di etnia, di età, di lingua, di religione e nel rispetto della identità culturale del minore e comunque non in contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento”.

Viene riconosciuto così il ruolo centrale della famiglia nella crescita di ciascun individuo.

Pertanto, in armonia con il dettato costituzionale e, in particolare, con l’art. 30 l’adozione si configura come estrema soluzione, come extrema ratio e deve operare, conseguentemente, solo nel caso in cui il minore si trovi in quello stato di assoluta carenza di assistenza morale e materiale e d’indisponibilità di ovviarvi (nei parenti fino al quarto grado) che, debitamente valutato dal giudice, apre la strada alla dichiarazione di adottabilità.

Per tale motivo, il nostro ordinamento, proprio a tutela del primario interesse del minore a vivere all’interno della propria famiglia di origine, prevede un regime gradato di intervento nella vita di quei soggetti che non godano appieno della predetta situazione giuridica, stabilendo, innanzitutto, che vengano prestati alle famiglie in difficoltà gli aiuti delle strutture impegnate nel sociale presenti sul territorio di residenza; in secondo luogo, l’affidamento familiare e, quindi, in ultima analisi, quando gli altri due mezzi abbiano fallito, l’adozione.

E la stessa interpretazione dell’interesse del minore a crescere nell’alveo familiare originario è stata nuovamente ribadita dalla Corte di Cassazione laddove il giudice delle leggi ha così deciso “ In tema di adozione, ai sensi della L. 184 del 1983, all’art. 1 (nel testo sostituito dalla L. 28 marzo del 2001, n. 149), è riconosciuto il diritto del minore di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia naturale. La predetta condizione può essere resa effettiva attraverso la predisposizione di interventi solidaristici di sostegno in caso di difficoltà della famiglia di origine, onde rimuovere le cause, di ordine economico e sociale, che possano precludere in essa, una crescita serena del bambino”.(Cass. Civ., Sez. I, 08/09/2008, n.22640.)

 

art. 30 Cost. “E' dovere e diritto dei genitori mantenere istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima. La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità”

 

cfr. art. 1 legge adozioni “Il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell'ambito della propria famiglia. Le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale non possono essere di ostacolo all'esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. A tal fine a favore della famiglia sono disposti interventi di sostegno e di aiuto. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie competenze, sostengono, con idonei interventi, nel rispetto della loro autonomia e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, i nuclei familiari a rischio, al fine di prevenire l'abbandono e di consentire al minore di essere educato nell'ambito della propria famiglia. Essi promuovono altresì iniziative di formazione dell'opinione pubblica sull'affidamento e l'adozione e di sostegno all'attività delle comunità di tipo familiare, organizzano corsi di preparazione ed aggiornamento professionale degli operatori sociali nonché incontri di formazione e preparazione per le famiglie e le persone che intendono avere in affidamento o in adozione minori. I medesimi enti possono stipulare convenzioni con enti o associazioni senza fini di lucro che operano nel campo della tutela dei minori e delle famiglie per la realizzazione delle attività di cui al presente comma. Quando la famiglia non è in grado di provvedere alla crescita e all'educazione del minore, si applicano gli istituti di cui alla presente legge. Il diritto del minore a vivere, crescere ed essere educato nell'ambito di una famiglia è assicurato senza distinzione di sesso, di etnia, di età, di lingua, di religione e nel rispetto della identità culturale del minore e comunque non in contrasto con i principi fondamentali dell'ordinamento