Quante sono le strade dedicate alle donne?

Un quesito singolare, apparentemente banale, destinato ben presto a disvelare un dato sorprendente che, da solo, vale a mettere all’angolo una latente e quasi inavvertita forma di maschilismo.

Benché siano migliaia le donne, contemporanee o del passato, che hanno offerto un contributo decisivo al progresso, una rapida cernita dei luoghi a loro dedicati nelle nostre città, dimostra come la figura femminile sia invero relegata al campo religioso, tra tanti luoghi di culto intitolati a sante, beate e venerabili che, però, non danno ragione del valore (anche) civile della donna.

 In effetti, secondo un censimento approssimativo, meno del 5% della odonomastica nazionale è dedicato a personaggi femminili di spicco del mondo culturale, scientifico, artistico, letterario, politico, economico, dando vita ad un fenomeno che l’insegnante romana Maria Pia Ercolini, da cui la denuncia è partita, non ha esitato a definire di “misoginia ambientale”.

Un’iniziativa individuale che in breve ha catalizzato la partecipazione collettiva di centinaia di donne e ragazze, propagandosi tramite quel canale privilegiato della  comunicazione contemporanea che è il tam tam della rete e dei social network: un passaparola che diventa riflessione sociale, con un convegno autunnale sul tema già in cantiere.

In attesa dei dati statistici ufficiali, ci è fin d’ora consentita una piccola indagine empirica che, se condotta da ciascuno nel proprio Comune di residenza – e Macerata non sembra far eccezione – non tarda a fornire eloquenti risultati.

Da questa consapevolezza nasce l’idea, in concomitanza con l’8 marzo, della campagna “3 donne 3 strade”, volta a sollecitare i Sindaci ad un impegno concreto: eseguire un censimento sull’orientamento “di genere” dei siti urbani e dedicarne tre ad altrettante donne, una conosciuta a livello locale, una nazionale ed una straniera. Un’occasione per contrastare il retaggio di mentalità retrograde e anacronistiche, con l’intento di sensibilizzare le comunità locali contro quegli striscianti segnali di scarsa considerazione per il mondo femminile, dove non di rado si annida la radice di un’autentica misoginia.

Secondo l’opinione del gruppo promotore dell’iniziativa, infatti, per modificare l’immaginario comune che considera le donne più corpi che persone, è necessario agire sui simboli; se è vero che la memoria collettiva passa anche attraverso i nomi dei luoghi dove si esplica la vita quotidiana, non possiamo accettare il messaggio che non ci siano donne degne di essere ricordate.