Il Tribunale di Roma, sezione Prima Civile, nell’esame di una vicenda di affido condiviso dei figli a seguito dello scioglimento del matrimonio, ha affermato che la madre (ex-coniuge) non può ritenersi esente da responsabilità non avendo posto alcun in essere alcun comportamento propositivo per tentare di riavvicinare il figlio al padre risanandone il rapporto nella direzione di un sano e doveroso recupero necessario per la crescita equilibrata del minore, ma al contrario ha continuato a palesare la sua disapprovazione in termini screditanti nei confronti del marito. Sarebbe stato per conto precipuo onere di costei, attivarsi al fine di consentire il giusto recupero del ruolo paterno da parte del figlio che nella tutela della biogenitorietà cui è improntato lo stesso affido condiviso postula il necessario superamento delle mutilazioni effettive del minore da parte del genitore per costui maggiormente referenziale nei confronti dell’altro, non soltanto spingendolo verso il padre anziché avvallando i pretesti per venir meno agli incontri programmati, ma altresì recuperando la positività della concorrente figura genitoriale nel rispetto delle decisioni da costui assunte e comunque delle sue caratteristiche temperamentali. La condotta della madre è volta ad ostacolare il funzionamento dell’affido condiviso con atteggiamenti sminuenti e denigratori della figura paterna, tali da avere indirettamente indotto il figlio a disattendere il calendario degli incontri con il padre, il meccanismo sanzionatorio previsto dall’art. 709-ter c.p.c. .
Il Tribunale ha reputato che la sanzione più consona alla fattispecie, tenuto conto che la condotta materna ha avuto ricadute dirette sulla figura dell’altro genitore, svilito nel suo ruolo di educatore e di figura referenziale, siano sia quella dell’ammonizione, invitandosi la ricorrente ad una condotta improntata al rispetto del ruolo genitoriale dell’ex coniuge ed ad astenersi da ogni condotta negativa e denigratoria del medesimo, sia quella del risarcimento del denaro nei confronti del residente che si liquida in via equitatativa, valutata in relazione alle sue capacità economiche ed al portarsi dell’inadempimento, nella somma di € 30.000,00 , al fine di dissuaderla in forma concreta dalla protrazione delle condotte poste in essere, la cui persistenza, potrà peraltro in futuro dare adito a sanzioni ancor più gravi ivi compresa la revisione delle condizioni dell’affido.
(Sentenza del Tribunale di Roma n. 18799/16 emessa 11/10/16 Presidente Dott.ssa Mangano, giudice relatore Dott.ssa Galterio, giudice Dott. Vitalone).