Il Tribunale per i minorenni che ha dichiarato lo stato di adottabilità, decorso un anno dall’inizio dell’affidamento o il periodo eventualmente prorogato, quando non si siano verificati fatti in grado di determinare la revoca l’affidamento preadottivo, escussi i coniugi adottanti, il minore ultradodicenne e quello infradodicenne che abbia capacità di discernimento, il PMM, il tutore e coloro che abbia svolto l’attività di vigilanza e/o di sostegno psicologico nel corso dell’affidamento, provvede a controllare che ricorrano tutte le condizioni normativamente richieste per l’adozione e, senza altre formalità di procedura, dispone sull’adozione con sentenza emessa in camera di consiglio, decidendo di far luogo oppure no all’adozione. Il minore che abbia compiuto i 14 anni deve manifestare espressamente il suo consenso all’adozione in favore della coppia prescelta.

Quando i coniugi adottanti abbiano figli legittimi o legittimati, questi, se hanno compiuto il quattordicesimo anno di età, devono essere sentiti.

La sentenza che decide sull’adozione è comunicata al Pubblico Ministero, ai coniugi adottanti e al tutore.

Nel caso di sentenza con la quale non si dà luogo all’adozione, l’affidamento preadottivo viene meno e il Tribunale deve assumere i provvedimenti urgenti necessari nell’interesse del minore.

Contro la sentenza che ha deciso sull’adozione, e pertanto emanata ai sensi dell’art. 25 l.adoz., entro 30 giorni dalla sua notifica, può essere proposta impugnazione innanzi alla sezione civile per i minorenni della Corte di Appello dal PMM, dagli adottanti e dal tutore del minore.

La Corte di Appello, sentite le parti ed esperito ogni necessario accertamento, pronuncia sentenza, la quale deve essere notificata d’ufficio alle parti per esteso.

Lo stesso art. 26 prevede la possibilità di proporre ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello entro trenta giorni dall’avvenuta notifica alle parti.

Le censure possono essere solo quelle di cui all’art. 360 n. 3 del codice di procedura civile, vale a dire solo per violazione o falsa applicazione di norme di diritto.

L’udienza di discussione dell’appello e del ricorso per Cassazione deve essere fissata entro sessanta giorni dal deposito dei rispettivi ricorsi.

Una volta intervenuta la decisione e dopo che la stessa sia passata in giudicato e, quindi, sia divenuta definitiva, è immediatamente trascritta nell’apposito registro tenuto dalla cancelleria del Tribunale per i minorenni e comunicata all’ufficiale di stato civile affinché l’annoti a margine dell’atto di nascita del minore adottato.

A tale scopo, il cancelliere del giudice innanzi al quale si è celebrato il giudizio di impugnazione – si tratti della Corte di Appello ovvero della Corte di Cassazione – deve immediatamente comunicare il passaggio in giudicato della sentenza alla cancelleria del Tribunale per i minorenni.

La definitività della sentenza rappresenta, difatti, il momento a partire dal quale ha efficacia l’adozione.

Con l’adozione il minore acquista lo status di figlio legittimo degli adottanti, dei quali assume e trasmette il cognome.

Nel caso in cui, ai sensi dell’art. 25 comma 5 l.adoz., il minore sia stato adottato solo dalla moglie della coppia originariamente richiedente in favore della quale si siano mantenute le condizioni di un proficuo affidamento preadottivo nonostante sia avvenuta la separazione, lo stesso assumerà solo il cognome della madre.

Con l’adozione cessano i rapporti giuridici tra l’adottato e la sua famiglia naturale: rimangono, però, ferme le preclusioni matrimoniali.

Particolare interesse rivestono gli interventi di sostanziale revisione operati dall’art. 24 della legge n. 149 del 28.3.2001 sul testo originario dell’art. 28 della legge n. 183/84. Norma, questa, che disciplina il diritto di accesso dell’adottato alle informazioni concernenti l’identità dei genitori naturali e la propria origine.

Secondo quanto disposto dalla precedente versione dell’art. 28, ogni attestazione di stato civile riferita all’adottato doveva essere rilasciata con la sola indicazione del nuovo cognome, con assoluta esclusione di possibili riferimenti alla paternità e maternità del minore. Il rilascio di notizie, certificazioni e quant’altro da cui potesse in qualche modo dedursi lo status di figlio adottivo era subordinato alla preventiva autorizzazione espressa dell’Autorità Giudiziaria.

Le ragioni fondanti di tale disposizione apparivano improntate sull’esigenza di dare una famiglia al minore che ne fosse sprovvisto, favorendo nella maniera più completa possibile l’integrazione tra minore e famiglia adottiva.

La legge n. 149 del 2001 è intervenuta in modo consistente proprio su questo fronte, assumendo a interesse meritevole di tutela, sia pure a date condizioni, quello di cui è portatore l’adottato a potere assumere informazioni sulla propria famiglia di origine.

In particolare, rimanendo ferma la normativa previgente per quanto attiene alla circolazione delle informazioni verso terzi, in modo da garantire il diritto alla riservatezza dell’adottato, la legge di riforma riconosce la possibilità di accedere ad informazioni innanzitutto ai genitori adottivi, in quanto esercenti la potestà genitoriale, su autorizzazione del Tribunale per i minorenni, e nel caso in cui sussistano gravi e comprovati motivi.

La stessa facoltà spetterà ad un dirigente di una struttura ospedaliera o di un presidio sanitario, ove ricorrano i presupposti della necessità e dell’urgenza e vi sia grave pregiudizio per la salute del minore.

Nel caso in cui i genitori adottivi siano entrambi deceduti, il diritto di accesso è esercitabile, senza alcuna autorizzazione, da parte del minore in questi tre diversi casi: 1) quando siano morti entrambi i genitori adottivi o gli stessi siano irreperibili, il figlio adottivo divenuto maggiorenne potrà essere autorizzato all’accesso a tutti i dati che lo riguardano; 2) quando l’adottato abbia compiuto la maggiore età, ma non ancora i 25 anni: in questa ipotesi le informazioni possono essere fornite solo nel caso di un grave e comprovato motivo riguardante la salute psicofisica su istanza dell’interessato autorizzata dal Tribunale per i minorenni; 3) l’ultimo caso si realizza quando il figlio adottivo abbia compiuto i 25 anni. In questa situazione egli può liberamente accedere a tutte le informazioni relative alla sua origine e ai suoi genitori biologici e ottenere copia del proprio fascicolo, senza alcun filtro da parte del Tribunale.

L’art. 28,comma 7, l.adoz., però, prevede un’eccezione, vale a dire quella relativa al mancato riconoscimento della madre naturale dell’adottato. In questa ipotesi, infatti, essendo opponibile il rifiuto della madre a essere nominata manifestato dalla stessa al momento della nascita del minore poi adottato, nessuno potrà ottenere le richieste informazioni.

La riforma ha quindi riconosciuto il diritto di accesso tutelando e garantendo diversi interessi: quello della riservatezza dei genitori naturali, quello della famiglia adottiva a costituirsi in un nucleo solido e compatto, quello dell’adottato a conoscere le sue origini, quando la sola consapevolezza dello status di figlio adottivo non sia sufficiente per le sue esigenze.