L'istituto dell'adozione minorile trova disciplina nella Legge speciale 184 del 1983, il cui primario fine è quello di garantire il diritto del minore ad una famiglia, e ad una famiglia idonea a soddisfare le esigenze d'un compiuto ed armonico sviluppo psico-fisico del minore stesso.

Nei procedimenti d'adozione, l'ascolto personale del minore, in linea coi principi internazionali in primis fissati dalla Convenzione sui diritti del Fanciullo (sottoscritta a New York il 20 novembre 1989 e ratificata in Italia con Legge 176/1991) è una costante normativa, dettata dalla necessità di attribuire rilievo alla sua volontà rispetto ai procedimenti che lo riguardano, di esserne informato e di esprimere le proprie opinioni, per la estesa valutazione del suo interesse.

Al riguardo, tuttavia, la legge attribuisce entro certi limiti rilevanza alle manifestazioni di volontà del minorenne, che, difatti, assumono diversa modulazione per il minore dodicenne ed ultradodicenne - la cui audizione è obbligatoria -, rispetto a quello di età inferiore agli anni dodici, il cui ascolto è, invece, facoltativo.

E tanto, in quanto l'espressione della volontà del minore in sede di ascolto è senz'altro meritevole di considerazione laddove lo stesso abbia raggiunto un livello di maturità sufficiente tale da manifestare chiarezza di intenti, ed effettiva consapevolezza circa i delicati aspetti in gioco che lo interessano.

L'esigenza d'ascolto del minore nella previsione obbligatoria per gli ultradodicenni si fonda invero su una presunzione della capacità di discernimento del minore sopra la detta soglia d'età (cfr. Cass. Civ., 1° sezione, 5676/2017), che, invece, non opera anche nel caso di minore infradodicenne, il quale deve essere sentito (in ipotesi eventualmente disponendosi apposita CTU), purché (appunto) e solo se dotato di capacità di discernimento.

Il colloquio diretto con il soggetto interessato potrebbe infatti anche rivelarsi inutile, inopportuno e/o addirittura in contrasto con l'interesse del minore: (preminente) interesse (del minore) che è e rimane la "non scalfibile" "pietra angolare" dell'istituto dell'adozione, e che deve, pertanto, sempre orientare e legittimare ogni decisione in materia.

La citata recente sentenza della Cassazione ha lucidamente affrontato i delicati summenzionati aspetti, statuendo l'assenza di un dovere officioso del giudice minorile di "automaticamente" disporre l'ascolto del minore infradodicenne e (l'assenza) di un obbligo - sancito a pena di nullità del procedimento per il differente caso di minore dodicenne - di "automaticamente" motivare la mancata audizione del minore.