In materia di adozione pronunciata all'estero in favore di cittadini italiani, la giurisprudenza ha assunto posizioni contrastanti circa la possibilità di riconoscimento in Italia ai sensi dell'articolo 36, comma 4, Legge n. 184/83 (Legge adozione), laddove gli adottanti siano single o comunque non coniugati o dello stesso sesso. Al riguardo, in un nostro precedente articolo, abbiamo segnalato la pronuncia sfavorevole della Cassazione, sentenza del 14 febbraio 2011, n. 3572, che negava la possibilità del riconoscimento in Italia in favore di persone non coniugate, facendo leva sull'articolo 6 della Legge n. 184/83, che richiede appunto il vincolo coniugale (www.antonellapedone.com/articoli/adozione-internazionale-da-parte-di-single-limiti-al-riconoscimento).
Tale orientamento, tuttavia, ha cominciato ad essere messo in discussione grazie a diverse pronunce dei Tribunali di merito, e ad ultimo dal Tribunale per i minorenni di Firenze, il quale con decreto dell'8 marzo 2017 ha riconosciuto l'efficacia in Italia ai sensi dell'articolo 36, comma 4, Legge adozione, di una adozione pronunciata all'estero in favore di una coppia omosessuale.
Il Tribunale, in particolare, ha evidenziato che ai fini del riconosciumento in Italia, è necessario solamente che l'adozione estera non sia contraria ai principi della Convenzione dell'Aja del 29 maggio 1993, e tra tali principi non rientra il vincolo del coniugio nè l'eterosessualità.
La Convenzione - continua il Tribunale - non pone limiti allo status di genitori adottivi, che pertanto potrebbero essere single o coppie di fatto, anche omosessuali.
L'unica condizione posta dalla Convezione (articolo 5) è che i genitori siano considerati "idonei" e che (articolo 24) non vi sia una manifesta contrarietà all'ordine pubblico internazionale. E certamente il coniugio non rientra tra i principi fondamentali che regolano il diritto di famiglia e dei minori dello Stato.