L’adozione internazionale è attualmente disciplinata dalla legge n. 183 del 1984 così come modificata dall’art. 3 della legge n. 476 del 1998 ed implica un cambiamento di residenza del bambino, qualunque sia la nazionalità dei genitori adottivi.

Questa forma di adozione ha trovato diffusione dal secondo dopoguerra, costituendo una risposta umanitaria alle esigenze dei bambini rimasti orfani in esito al conflitto mondiale in paesi come il nostro, la Germania e la Grecia.

Alla fine degli anni ’60, l’adozione internazionale cominciò a riguardare minori residenti nei paesi del c.d. Terzo Mondo e negli anni settanta cominciarono, dopo l’enunciazione dei primi principi di diritto internazionale in materia, a manifestarsi le prime preoccupazioni nei confronti dei fenomeni di “esportazione in massa di bambini” dai paesi in via di sviluppo.

Nel 1982, nella prospettiva della promozione di nuove regole internazionalmente riconosciute promulgate nell’interesse dei bambini, furono approvate le Direttive di Brighton per l’adozione internazionale, basate sul progetto di Dichiarazione delle Nazioni Unite sull’affido e sull’adozione.

Nel 1986 veniva emanata la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui Principi sociali e legali relativi alla tutela ed al benessere dell’infanzia che al suo diciassettesimo articolo stabiliva che “nel caso che il bambino non possa nel Paese di origine essere affidato ad una famiglia affidataria o adottiva, o non possa ricevere in maniera adeguata le cure che gli sono necessarie, si può prendere in considerazione l’adozione internazionale in quanto mezzo sostitutivo per garantire una famiglia al bambino”.

Finalmente il 29 maggio 1993 è stata firmata all’Aja, in Olanda, l’omonima Convenzione che ha predisposto una nuova normativa sulla protezione dei minorenni e sull’adozione internazionale.

Secondo i principi fondamentali della predetta Convenzione l’adozione internazionale è uno strumento di cooperazione internazionale sussidiario all’adozione nazionale; è indispensabile il rispetto reciproco degli ordinamenti giuridici che l’hanno ratificata e, infine, nel rispetto del principio del rifiuto del libero mercato dei bambini, deve essere controllata da parte dell’autorità pubblica di ciascuno stato aderente.

La Convenzione de L’Aja è stata ratificata dall’Italia proprio con la legge n. 476 del 1998, con la quale, oltre alla confermata adesione e alla ratifica da parte del nostro Parlamento ai principi stabiliti ai principi sanciti in quell’atto normativo metanazionale, è stato operato l’adeguamento della normativa vigente nel nostro Paese in materia di adozione internazionale.

In particolare, la legge n. 476 del 1998 ha modificato il Capo I del Titolo III della legge 184 del 1983, intitolato dell’adozione dei minori stranieri, e l’art. 29 della legge sulle adozioni così stabilisce “L'adozione di minori stranieri ha luogo conformemente ai principi e secondo le direttive della Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a L'Aja il 29 maggio 1993, di seguito denominata «Convenzione», a norma delle disposizioni contenute nella presente legge”.

I requisiti delle coppie che intendano adottare un minore straniero sono quelli previsti dall’art. 6 della legge n. 184 del 1983.

I coniugi dovranno, pertanto, essere sposati da almeno tre anni al momento della presentazione della dichiarazione di disponibilità all’adozione internazionale oppure dimostrare, anche attraverso prove orali, che convivevano stabilmente da almeno un triennio prima della contrazione del matrimonio; non devono aver in corso un processo di separazione anche solo di fatto e, in linea di massima, salve le deroghe espressamente previste o disposte dal Tribunale per i minorenni, devono avere almeno 18 anni in più del minore da adottare, ma la differenza di età non deve superare i 45 anni.

La dichiarazione di disponibilità all’adozione internazionale deve essere presentata dalle persone residenti in Italia (e pertanto di qualsiasi nazionalità e regolarmente residenti in Italia e non solo cittadini italiani) viene presentata presso la cancelleria del Tribunale per i minorenni del distretto in cui gli istanti risiedono senza possibilità che si possano avanzare più dichiarazioni di disponibilità in distretti diversi (come invece avviene per la domanda di adozione nazionale che può concorrere presso anche tutti i distretti di Corte di Appello di Italia a condizione che ciascuna Autorità Giudiziaria procedente ne sia a conoscenza).

Deve però precisarsi che la presentazione della dichiarazione di disponibilità non preclude ai coniugi la possibilità di presentare istanza concorrente anche per l’adozione nazionale.

Nel caso di cittadini italiani residenti all’estero, la dichiarazione di disponibilità deve essere presentata nel distretto in cui ricade il luogo dell’ultima residenza ovvero, in mancanza, innanzi al Tribunale per i minorenni di Roma, salvo quanto previsto dall’art. 36, comma 4, l. adoz., ossia salvo il caso in cui l'adozione sia pronunciata dalla competente autorità di un Paese straniero a istanza di cittadini italiani, che dimostrino, al momento della pronuncia,§ di aver soggiornato continuativamente nello stesso e di avervi avuto la residenza da almeno due anni, la quale adozione viene riconosciuta ad ogni effetto in Italia con provvedimento del Tribunale per i minorenni, purché sia conforme ai principi della Convenzione

Il Tribunale con decreto motivato sulla sussistenza in capo agli istanti dei presupposti normativamente richiesti perché gli stessi possano essere dichiarati idonei alla adozione internazionale.

L’idoneità scaturisce dalla sussistenza in capo ai coniugi che si sono dichiarati disponibili dei requisiti di cui all’art. 6 della legge sulle adozioni, immediatamente valutati dall’Autorità Giudiziaria procedente, ma anche da un’attenta valutazione dei servizi sociali locali che, tramite una relazione ad hoc, dovranno fornire al Tribunale gli elementi indispensabili per determinare l’idoneità o meno dei soggetti a diventare genitori adottivi (la relazione avrà ad oggetto la loro situazione personale, familiare e sanitaria, l’ambiente sociale, le motivazioni che li determinano, l’attitudine a farsi carico dell’adozione internazionale, la capacità di accoglienza di uno o più bambini e ogni altro elemento utile).

Il decreto con cui i coniugi vengono dichiarati idonei si basa essenzialmente sulle informazioni della relazione dei servizi sociali territoriali, pertanto, e contiene anche le indicazioni tese a favorire il miglior incontro tra gli aspiranti adottanti e il bambino da adottare.

In caso di valutazione negativa della coppia, il Tribunale emana un decreto con il quale ne revoca la richiesta.

Il decreto di revoca è impugnabile innanzi alla Corte di Appello sezione minorile con reclamo da proporsi entro 10 giorni dalla sua comunicazione.

Il decreto di idoneità all’adozione internazionale mantiene la sua efficacia e la sua validità per tutta la durata del procedimento di adozione, a condizione che i richiedenti diano mandato ad uno degli enti accreditati e autorizzati entro un anno dalla sua comunicazione.

Il decreto viene immediatamente trasmesso alla Commissione per le adozioni internazionali unitamente a copia della relazione e della relazione presente in atti ed eventualmente all’ente autorizzato che si dovrà materialmente occupare della gestione della adozione quando i soggetti dichiarati idonei l’abbiano indicato nella loro istanza.

I soggetti autorizzati sono soggetti privati, associazioni o enti che svolgono un’attività che può essere qualificata di natura giuridica pubblica.

Si definiscono soggetti autorizzati poiché, per svolgere la loro funzione, devono essere espressamente autorizzati dalla Commissione per le adozioni internazionali e accreditati presso il Paese straniero nel quale intendono svolgere la loro attività.

L’intervento degli enti autorizzati è obbligatorio per tutte le adozioni internazionali.

Essi svolgono la funzione di assistere gli aspiranti genitori adottivi nelle pratiche con le autorità straniere, ricevono le proposte di abbinamento, accompagnano le coppie nella fase dell’incontro e della conoscenza con il bambino e, in caso di esito positivo, trasmettono tutta la documentazione alla Commissione per le adozioni internazionali.

A questo punto è necessario chiarire che gli enti autorizzati si occupano anche della richiesta del visto di ingresso del minore in Italia, ma che non è più necessario, per effetto della direttiva del Ministero dell’Interno e del Ministero delle Politiche per la famiglia recante la data del 21.2.2007, che il minore straniero adottato o affidato a scopo di adozione debba ottenere anche il permesso di soggiorno per l’ingresso e la permanenza nel nostro territorio.

Gli enti autorizzati certificano tutte le spese sostenute per l’adozione internazionale dalla coppia, affinché la coppia di genitori adottivi possa utilizzare tale documentazione a fini fiscali; svolgono progetti di cooperazione e sostegno dell’infanzia del paese in cui sono accreditati; mantengono i rapporti con le coppie e i paesi di origine dei minori adottati, inviando periodicamente notizie sulla base delle richieste di ciascun paese.

Le funzioni degli enti autorizzati sono dettagliatamente indicate nell’art. 31 della legge sulle adozioni. Norma, questa, che, al suo comma 3, espressamente prevede “L'ente autorizzato che ha ricevuto l'incarico di curare la procedura di adozione: a) informa gli aspiranti sulle procedure che inizierà e sulle concrete prospettive di adozione; b)svolge le pratiche di adozione presso le competenti autorità del Paese indicato dagli aspiranti all'adozione tra quelli con cui esso intrattiene rapporti, trasmettendo alle stesse la domanda di adozione, unitamente al decreto di idoneità ed alla relazione ad esso allegata, affinché le autorità straniere formulino le proposte di incontro tra gli aspiranti all'adozione ed il minore da adottare; c) raccoglie dall'autorità straniera la proposta di incontro tra gli aspiranti all'adozione ed il minore da adottare, curando che sia accompagnata da tutte le informazioni di carattere sanitario riguardanti il minore, dalle notizie riguardanti la sua famiglia di origine e le sue esperienze di vita; d) trasferisce tutte le informazioni e tutte le notizie riguardanti il minore agli aspiranti genitori adottivi, informandoli della proposta di incontro tra gli aspiranti all'adozione ed il minore da adottare e assistendoli in tutte le attività da svolgere nel Paese straniero; e) riceve il consenso scritto all'incontro tra gli aspiranti all'adozione ed il minore da adottare, proposto dall'autorità straniera, da parte degli aspiranti all'adozione, ne autentica le firme e trasmette l'atto di consenso all'autorità straniera, svolgendo tutte le altre attività dalla stessa richieste; l'autenticazione delle firme degli aspiranti adottanti può essere effettuata anche dall'impiegato comunale delegato all'autentica o da un notaio o da un segretario di qualsiasi ufficio giudiziario; f) riceve dall'autorità straniera attestazione della sussistenza delle condizioni di cui all'articolo 4 della Convenzione e concorda con la stessa, qualora ne sussistano i requisiti, l'opportunità di procedere all'adozione ovvero, in caso contrario, prende atto del mancato accordo e ne dà immediata informazione alla Commissione di cui all'articolo 38 comunicandone le ragioni; ove sia richiesto dallo Stato di origine, approva la decisione di affidare il minore o i minori ai futuri genitori adottivi; g) informa immediatamente la Commissione, il Tribunale per i minorenni e i servizi dell'ente locale della decisione di affidamento dell'autorità straniera e richiede alla Commissione, trasmettendo la documentazione necessaria, l'autorizzazione all'ingresso e alla residenza permanente del minore o dei minori in Italia; h) certifica la data di inserimento del minore presso i coniugi affidatari o i genitori adottivi; i) riceve dall'autorità straniera copia degli atti e della documentazione relativi al minore e li trasmette immediatamente al Tribunale per i minorenni e alla Commissione; l) vigila sulle modalità di trasferimento in Italia e si adopera affinché questo avvenga in compagnia degli adottanti o dei futuri adottanti; m) svolge in collaborazione con i servizi dell'ente locale attività di sostegno del nucleo adottivo fin dall'ingresso del minore in Italia su richiesta degli adottanti; n) []; o) certifica, nell'ammontare complessivo agli effetti di quanto previsto dall'articolo 10, comma 1, lettera l-bis), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le spese sostenute dai genitori adottivi per l'espletamento della procedura di adozione

L’elenco degli enti autorizzati è reperibile presso il sito della Commissione per le adozioni internazionali: attualmente sono quasi settanta e operano su tutto il territorio nazionale o in una o più macroaree comprensive di più regioni.

L’attività istruttoria in senso lato intesa e comunque tutte le attività finalizzate a promuovere e attuare, nel rispetto della Convezione dell’Aja, l’adozione internazionale sono presiedute e supervisionate dalla Commissione per le adozioni internazionali.

Questo ente è costituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed è composto, ai sensi dell’art. 38 l.adoz., “un Presidente nominato dal Presidente del Consiglio dei Ministri nella persona di un magistrato avente esperienza nel settore minorile ovvero di un dirigente dello Stato avente analoga specifica esperienza; due rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei Ministri; un rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali; un rappresentante del Ministero degli affari esteri; un rappresentante del Ministero dell'interno; due rappresentanti del Ministero della giustizia; un rappresentante del Ministero della salute; un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze; un rappresentante del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca; tre rappresentanti della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; tre rappresentanti designati, sulla base di apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da associazioni familiari a carattere nazionale, almeno uno dei quali designato dal Forum delle associazioni familiari”. Il suo Presidente rimane in carica per quattro anni con possibilità di rinnovazione dell’incarico. Per gli altri componenti, invece, la nomina mantiene effetto per quattro anni senza possibilità di proroga.

La Commissione per le adozioni internazionali collabora con le autorità centrali per le adozioni internazionali degli altri Stati, anche raccogliendo le informazioni necessarie, ai fini dell'attuazione delle convenzioni internazionali in materia di adozione; propone la stipulazione di accordi bilaterali in materia di adozione internazionale; autorizza l'attività degli enti autorizzati e dei servizi per l'adozione internazionale, cura la tenuta del relativo albo, vigila sul loro operato, lo verifica almeno ogni tre anni, revoca l'autorizzazione concessa nei casi di gravi inadempienze, insufficienze o violazione delle norme della legge sulle adozioni; agisce al fine di assicurare l'omogenea diffusione degli enti autorizzati sul territorio nazionale e delle relative rappresentanze nei Paesi stranieri; conserva tutti gli atti e le informazioni relativi alle procedure di adozione internazionale; promuove la cooperazione fra i soggetti che operano nel campo dell'adozione internazionale e della protezione dei minori; promuove iniziative di formazione per quanti operino o intendano operare nel campo dell'adozione; autorizza l'ingresso e il soggiorno permanente del minore straniero adottato o affidato a scopo di adozione; certifica la conformità dell'adozione alle disposizioni della Convenzione dell’Aja; per le attività di informazione e formazione, può scegliere di collaborare anche con enti diversi da quelli autorizzati; esamina, su istanza dei coniugi interessati, la decisione dell'ente autorizzato di non concordare con l'autorità straniera l'opportunità di procedere all'adozione e ove non confermi il precedente diniego, la Commissione può procedere direttamente, o delegando altro ente o ufficio, agli incombenti di cui all'articolo 31.

La Commissione, infine, attua incontri periodici con i rappresentanti degli enti autorizzati al fine di esaminare le problematiche emergenti e coordinare la programmazione degli interventi attuativi dei principi della Convenzione e presenta al Presidente del Consiglio dei ministri, che la trasmette al Parlamento, una relazione biennale sullo stato delle adozioni internazionali, sullo stato della attuazione della Convenzione e sulla stipulazione di accordi bilaterali anche con Paesi non aderenti alla stessa.

Non bisogna dimenticare che proprio la Commissione per le adozioni internazionali riceve da ogni Tribunale per i minorenni, con riferimento al singolo procedimento adottivo, il decreto con il quale ciascuna coppia è stata valutata come idonea all’adozione internazionale e riceve dagli enti autorizzati la copia della documentazione inerente il minore

Spetta, infatti, alla Commissione, ai sensi dell’art. 32 della legge sulle adozioni, dopo la valutazione della documentazione alla quale si è appena fatto cenno, dichiarare che l’adozione risponde al superiore interesse del minore e autorizzare l’ingresso e la permanenza del minore nel nostro Paese, dopo la verifica della regolarità della procedura di adozione pronunciate dalle competenti autorità del Paese di provenienza del bambino.

Ai sensi dell’art. 35 della legge sulle adozioni, il perfezionamento dell’adozione internazionale può avvenire secondo le seguenti modalità (indicate in via alternativa): può essere pronunciata nello Stato estero, prima dell’arrivo del minore in Italia.

In questo caso il Tribunale per i minorenni competente territorialmente in base al criterio della residenza attuale dei coniugi aspiranti genitori adottivi, dopo aver accertato, secondo il consueto crisma del superiore interesse del minore, sia che l’adozione sia corrispondente ai principi ispiratori che nel nostro Paese regolano il diritto di famiglia e dei minori sia che sussista la certificazione di conformità della Commissione per le adozioni internazionali e l’autorizzazione dell’ingresso del minore in Italia, ordina la trascrizione del provvedimento straniero di adozione nei registri dello stato civile.

Se l’adozione deve, invece, perfezionarsi dopo l’ingresso del minore in territorio italiano, si apre un procedimento analogo a quello per l’adozione c.d. interna.

Infatti, il Tribunale per i minorenni competente riconosce il provvedimento straniero quale provvedimento che dispone all’affidamento preadottivo, quando lo stesso non sia contrario ai principi fondamentali che regolano nello Stato il diritto di famiglia e dei minori, valutati in relazione al superiore interesse del minore, e stabilisce la durata del predetto affidamento in un anno, con decorrenza dal momento dell’inserimento del minore all’interno della famiglia adottiva

Decorso tale periodo, se ritiene che la permanenza del minore nella famiglia che lo ha accolto è tuttora conforme al suo interesse, il Tribunale per i minorenni pronuncia l'adozione e ne dispone la trascrizione nei registri dello stato civile. In caso contrario, anche prima che sia decorso il periodo di affidamento preadottivo, lo revoca e adotta i provvedimenti di cui all'articolo 21 della Convenzione dell’Aja. In questa ipotesi il minore che abbia compiuto gli anni 14 deve sempre esprimere il consenso circa i provvedimenti da assumere; se ha raggiunto gli anni 12 deve essere personalmente sentito; se di età inferiore deve essere sentito ove ciò non alteri il suo equilibrio psicoemotivo, tenuto conto della valutazione dello psicologo nominato dal Tribunale.

La trascrizione del provvedimento estero di adozione – a meno che non ricorrano le condizioni di cui all’art. 36 l. adoz. di cui si dirà a breve – non potrà essere in ogni caso ordinata e compiuta: a) il provvedimento di adozione riguarda adottanti non in possesso dei requisiti previsti dalla legge italiana sull'adozione; b) non sono state rispettate le indicazioni contenute nella dichiarazione di idoneità; c) non è possibile la conversione in adozione produttiva degli effetti di cui all'articolo 27e non si tratta, pertanto, di adozione legittimante; d) l'adozione o l'affidamento stranieri non si sono realizzati tramite le autorità centrali e un ente autorizzato; e) l'inserimento del minore nella famiglia adottiva si è manifestato contrario al suo interesse.

La procedura che si è fin qui prescritta è obbligatoria nel caso dell’adozione internazionale dei minori provenienti da Stati che hanno ratificato la Convenzione, o che nello spirito della Convenzione abbiano stipulato accordi bilaterali.

Comunque, l'adozione o l'affidamento a scopo adottivo, pronunciati in un Paese non aderente alla Convenzione né firmatario di accordi bilaterali, possono essere dichiarati efficaci in Italia a condizione che: a) sia accertata la condizione di abbandono del minore straniero o il consenso dei genitori naturali a un’adozione che determini per il minore adottato l'acquisizione dello stato di figlio legittimo degli adottanti e la cessazione dei rapporti giuridici fra il minore e la famiglia d'origine; b) gli adottanti abbiano ottenuto il decreto di idoneità previsto dall'articolo 30 e le procedure adottive siano state effettuate con l'intervento della Commissione di cui all'articolo 38 e di un ente autorizzato; c) siano state rispettate le indicazioni contenute nel decreto di idoneità; d) sia stata concessa l'autorizzazione l'ingresso e il soggiorno permanente del minore straniero adottato o affidato a scopo di adozione.

Il relativo provvedimento è assunto dal Tribunale per i minorenni che ha emesso il decreto di idoneità all'adozione e di esso è data comunicazione alla Commissione, che provvede a quanto disposto dall'articolo 39, comma 1, lettera e), ossia conserva tutti gli atti e le informazioni relativi alle procedure di adozione internazionale.

L’art. 36 quarto comma precisa che “l'adozione pronunciata dalla competente autorità di un Paese straniero a istanza di cittadini italiani, che dimostrino al momento della pronuncia di aver soggiornato continuativamente nello stesso e di avervi avuto la residenza da almeno due anni, viene riconosciuta ad ogni effetto in Italia con provvedimento del Tribunale per i minorenni, purché conforme ai principi della Convenzione”.

Anche nel caso dell’adozione internazionale, il legislatore ha previsto delle norme a tutela della riservatezza del minore: l’art. 37 l.adoz., infatti, dispone che, dopo l'adozione, la Commissione per le adozioni internazionali può comunicare ai genitori adottivi, eventualmente tramite il Tribunale per i minorenni, solo le informazioni che hanno rilevanza per lo stato di salute dell'adottato.

Il Tribunale per i minorenni che ha emesso i provvedimenti relativi all’adozione e la Commissione conservano le informazioni acquisite sull'origine del minore, sull'identità dei suoi genitori naturali e sull'anamnesi sanitaria del minore e della sua famiglia di origine. L’accesso alle altre informazioni viene infine regolato dalle disposizioni vigenti in tema di adozione di minori italiani.

Da ultimo è necessario ricordare che, nel rispetto dei principi ispiratori della Convenzione dell’Aja e della legge di ratifica della stessa, è stato inserito nella legge generale sulle adozioni l’art. 37 bis, il quale prevede che “Al minore straniero che si trova nello Stato in situazione di abbandono si applica la legge italiana in materia di adozione, di affidamento e di provvedimenti necessari in caso di urgenza”.

L’adozione internazionale può operare anche in un’altra direzione, vale a dire a favore di minori italiani che possono essere adottati da soggetti, cittadini italiani o stranieri, comunque residenti all’estero che abbiano proposto apposita istanza in tale senso al console italiano competente per territorio, che la dovrà inoltrare al Tribunale per i minorenni del distretto dove si trova il luogo di dimora del minore, ovvero il luogo del suo ultimo domicilio; in mancanza di dimora o di precedente domicilio nello Stato, è competente il Tribunale per i minorenni di Roma (art.40 l.adoz.).

Il console del luogo ove risiedono gli adottanti vigila sul buon andamento dell'affidamento preadottivo avvalendosi, ove lo ritenga opportuno, dell'ausilio di idonee organizzazioni assistenziali italiane o straniere.

Qualora insorgano difficoltà di ambientamento del minore nella famiglia dei coniugi affidatari o si verifichino, comunque, fatti incompatibili con l'affidamento preadottivo, il console deve immediatamente darne notizia scritta al Tribunale per i minorenni che ha pronunciato l'affidamento.

Il console del luogo ove risiede il minore vigila per quanto di propria competenza perché i provvedimenti dell'autorità italiana relativi al minore abbiano esecuzione e se del caso provvede al rimpatrio del minore.

Nel caso di adozione di minore stabilmente residente in Italia da parte di cittadini stranieri residenti stabilmente in Paesi che hanno ratificato la Convenzione, le funzioni attribuite al console dall’art. 41 della legge sulle adozioni sono svolte dall'autorità centrale straniera e dall'ente autorizzato.

A tutela dell’interesse del minore al proficuo inserito presso la famiglia che, secondo la procedura in discussione, ha proposto domanda di adozione, la legge stabilisce che non possa essere reso esecutivo un provvedimento di adozione dello stesso minore pronunciato da autorità straniera.