Con la riforma risalente al 2006, ossia la legge sull’affido condiviso, la disciplina dell’assegnazione della casa coniugale, prevista in precedenza solo per le ipotesi di separazione dei coniugi e di divorzio, può trovare applicazione anche ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati.

Dunque, il convivente al quale sono affidati i figli minorenni o che conviva con figli maggiorenni ma non ancora economicamente autosufficienti, potrà vedersi riconoscere il diritto di continuare ad abitare la casa familiare
 
Tale diritto comprimerà, pertanto, quello dell'altro genitore proprietario o comproprietario della casa, in ragione dell'esclusivo interesse della prole alla conservazione dell'habitat domestico anche dopo la separazione dei genitori. 

Dunque, la regola che vuole l’assegnazione del tetto domestico solo in funzione degli interessi della prole si applica non solo alla coppia sposata, ma anche a chi convive.
 
Pertanto, il genitore affidatario dei figli minorenni o dei figli maggiorenni non ancora economicamente autosufficienti è comunque detentore qualificato dell'immobile, esercitando il diritto di godimento su di esso in una posizione del tutto assimilabile al comodatario, anche qualora proprietario esclusivo sia l'altro convivente (in tal senso si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza 17971/15). 

La Giurisprudenza, in caso di separazione sia della coppia sposata che di quella di fatto, è orientata nel dare la massima tutela alla relazione che si crea tra i figli e l’immobile e, quindi, garantire a questi ultimi di continuare a vivere nello stesso ambiente domestico.

Ma vi è di più. Infatti, nel caso in cui il proprietario dell’immobile, prima della sentenza del Giudice, ha venduto l’immobile a un terzo, l’acquisto di quest’ultimo deve cedere il passo all’assegnazione fatta dal Giudice. Invero, tra l’acquirente – che ha anche versato un acconto sul prezzo – e l’ex coniuge/partner, prevale quest’ultimo, anche se non ha trascritto la sentenza di assegnazione per nove anni. La Suprema Corte, infatti, ha stabilito che la destinazione dell’abitazione a casa familiare (e quindi l’assegnazione al coniuge presso cui viene allocata la prole) è opponibile e va tutelata persino quando la vendita dell’immobile sia avvenuta prima dell’emanazione della sentenza di assegnazione.

La Cassazione, nella propria pronuncia, non dà alcuna importanza al fatto che la vendita dell'immobile in questione sia avvenuta in un momento antecedente al provvedimento di assegnazione, in quanto la convivente aveva già da tempo assunto la qualità di detentore qualificato dell’immobile ed era indiscussa la destinazione a casa familiare impressa dal proprietario stesso.

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