La Direzione Generale per l'Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro, con la Circolare n. 37/0021490 del 17 dicembre 2014 (in risposta all’interpello n. 32 del 2014 formulato dall’Ordine dei Consulenti del Lavoro, ai sensi dell’art. 9 del D.lgs. 124/2004), ha chiarito un aspetto inerente il coordinamento tra la disciplina dettata dall’articolo 2112 c.c. e quella di cui all’articolo 47, commi 4 bis e 5, della Legge 428/1990.
L’articolo 2112 c.c. prevede che “in caso di trasferimento d’azienda il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano” e che il “cedente e il cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento”, concretizzando la tutela a favore dei dipendenti dell’azienda (o del ramo trasferito) attraverso la garanzia di una sostanziale indifferenza dei rapporti di lavoro, rispetto alle vicende attinenti la proprietà o il potere di gestione dell’azienda e attraverso il rafforzamento della posizione creditoria dei lavoratori trasferiti. L’articolo 47, commi 4 bis e 5, della Legge 428/1990 prevede la non applicazione dell’articolo 2112 c.c. qualora il trasferimento riguardi imprese nei confronti delle quali vi sia stata dichiarazione di fallimento, omologazione di concordato preventivo, emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa o di sottoposizione all’amministrazione straordinaria, nel caso in cui la continuazione dell’attività non sia stata disposta o sia cessata e qualora sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento anche parziale dell’occupazione.
In questo contesto, attraverso l’interpello, veniva richiesto se le condizioni previste dalla disposizione di cui all’art. 47 della Legge 428 per la derogabilità all’art. 2112 c.c., possano trovare applicazione anche nelle fattispecie di società che si trovino in stato di crisi aziendale, non rientranti nel campo di applicazione della CIGS, che abbiano fruito per oltre un anno del trattamento di integrazione salariale straordinaria in deroga con sospensione del personale a zero ore e per le quali sia stata accertata la condizione di insolvenza dal Ministero dell’economia o dal tribunale, pur non essendo ammissibile ad una procedura concorsuale per carenza della condizione di ammissibilità soggettiva di impresa commerciale.
Il Ministero del Lavoro ha rilevato che il legislatore ha voluto introdurre la deroga alle disposizioni di cui all’art. 2112 c.c., allo specifico fine di facilitare il mantenimento di almeno parte dei livelli occupazionali in situazioni di crisi aziendali difficilmente recuperabili. Tali situazioni sono state esplicitate attraverso un riferimento a fattispecie già codificate, ossia fattispecie per quali sia stato ad esempio accertato lo stato di crisi aziendale (art. 2, comma 5, lettera c, Legge 675/1977) o per le quali intervenga una procedura concorsuale. Nell’interpretare il complessivo quadro normativo, il Ministero evidenzia che nella fattispecie assumono rilievo, da un lato l’intento del mantenimento dell’occupazione e dall’altro l’esigenza di ancorare lo stato di crisi ad un riconoscimento formale (da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze o del Tribunale). Nel conflitto tra i due elementi sopra citati, il Ministero valuta prevalente quello sostanziale, il mantenimento dell’occupazione, rispetto a quello formale, qualora l’impresa versi inequivocabilmente in stato di crisi, accertato da una pubblica autorità e conclude che nel caso citato l’articolo 2122 c.c. non si applichi, ai sensi della deroga prevista dall’articolo 47 della Legge 675/1977.