Ai sensi dell'art. 633 cod. civ.  le disposizioni a titolo universale o particolarepossono farsi sotto condizione sospensiva o risolutiva. Da questo punto di vista la dinamica della fattispecie condizionale si può dire del tutto affine a quella generale. Un limite si rinviene invero soltanto con riferimento alla posizione dei legittimari. L'art. 549 cod.civ.  infatti fa espresso divieto al testatore di imporre pesi o condizioni relativamente alla porzione legittima, vale a dire alla quota che spetta per legge ai riservatari. Ne deriva che l'ambito di apponibilità della condizione non può che avere come riferimento la porzione disponibile (tanto se ne disponga a titolo di legato, quanto a titolo di istituzione d'erede). La pendenza della condizione, che nel fenomeno della successione testamentaria si concreta nella scansione temporale intercorrente tra il momento dell'apertura della successione ed il tempo in cui l'evento condizionale si verifica, ovvero, è certo che non potrà più verificarsi, assume caratteri specifici. Occorre anzitutto distinguere tra condizione sospensiva e condizione risolutiva. Nella prima è discussa l'attualità della delazione nel tempo dell'apertura della successione. Secondo la preferibile opinione, quando l'erede è istituito sotto condizione sospensiva è semplicemente vocato all'eredità, la delazione instaurandosi eventualmente soltanto una volta che si sia verificato l'evento condizionale. All'apertura della successione il chiamato sotto condizione sospensiva potrà dirsi unicamente titolare di un'aspettativa giuridicamente rilevante e tutelata come tale. Trattandosi di condizione risolutiva, al contrario, la delazione si può dire immediata, potendo tuttavia essere eliminata con effetti retroattivi qualora dovesse avere luogo l'evento previsto. Ne segue che l'erede istituito sotto condizione risolutiva sarà titolare di tutti i poteri che la legge attribuisce al delato, primi tra tutti il diritto di accettare l'eredità o di farvi rinunzia, i poteri di vigilanza, amministrazione e rappresentanza di cui all'art. 460 cod. civ. Ai sensi dell'art. 639 cod. civ., quando la disposizione testamentaria è sottoposta a condizione risolutiva, l'autorità giudiziaria, ravvisandone l'opportunità, può imporre all'erede o al legatario di prestare idonea garanzia (cfr. l'art. 1179 cod. civ.) a favore di coloro ai quali l'eredità o il legato dovrebbe devolversi nel caso che la condizione si avverasse. Il procedimento per l'imposizione della garanzia viene disciplinato dall'art. 750 cod. proc. civ.. Ulteriore ipotesi in cui risulta praticabile l'imposizione di garanzia è quella di cui all'art. 640 cod. civ., la cui operatività è legata al fatto che a taluno sia lasciato un legato sotto condizione sospensiva o dopo un certo tempo. Ebbene: l'erede onerato può in tal caso essere costretto a dare idonea garanzia al legatario, salvo che il testatore abbia diversamente disposto. La garanzia può essere imposta anche al legatario quando il legato è a termine finale. Come appare evidente si tratta di eventualità in cui è presente il rischio per colui che è destinato a subentrare nella disponibilità dei cespiti ereditari della cattiva gestione di chi li abbia amministrati immediatamente dopo l'apertura della successione. Mancando la prestazione della garanzia imposta dall'autorità giudiziaria, sia nella situazione di cui all'art. 639 cod. civ., sia in quella di cui al successivo art. 640 cod. civ., si potrà far luogo alla nomina di un amministratore giudiziario (art. 641 cod. civ.). Una volta che si sia verificato l'evento assunto in considerazione dalla clausola condizionale sospensiva, la delazione diviene operativa. L'erede può accettare: l'efficacia di tale atto retroagirà al momento dell'apertura della successione. Altrettanto si può dire per il legatario, la cui qualifica sarà tale a far tempo sempre dalla morte del de cuius. L'efficacia retroattiva della condizione è espressamente disposta dall'art.646 cod.civ. , norma che cala nella dimensione specifica del fenomeno successorio a causa di morte il generale principio di cui all'art. 1360 cod.civ. . L'art. 645 cod. civ.  detta inoltre una speciale disposizione per il caso in cui la verificazione dell'evento dedotto sotto la condizione sospensiva non sia semplicemente casuale, piuttosto dipendendo dalla volontà di un soggetto implicato nel fenomeno successorio. Se la condizione apposta all'istituzione di erede o al legato è sospensiva potestativa e non è stato indicato il termine per l'adempimento, gli interessati possono adire l'autorità giudiziaria affinchè lo fissi ex art. 749 cod. proc. civ.  L'opportunità di questa regola è evidente, mirando a contenere la fase dell'incertezza che, nella specie, dipendenrebbe unicamente dalla volontà di colui che deve compiere una certa azione. Per quanto invece attiene alla condizione risolutiva, intervenuto l'evento, sempre in conseguenza del principio della retroattività, la delazione dell'istituito viene eliminata retroattivamente. Sono tuttavia salvi gli atti compiuti medio tempore dall'erede che abbia perduto questa qualità (art. 646 cod.civ.) limitatamente agli atti di ordinaria amministrazione. Al contrario perdono ogni effetto gli altri atti di disposizione eventualmente posti in essere. L'erede ed il legatario sono tenuti a restituire i frutti soltanto dal momento in cui l'evento condizionale si sia prodotto. La relativa azione si prescrive in cinque anni. La condizione infine si può dire mancante ogniqualvolta l'evento non si è verificato ed è sicuro che più non potrà verificarsi. Facendo definitivamente difetto l'evento dedotto sotto condizione sospensiva si produrrà l'altrettanto definitiva inutilità della disposizione (a titolo di erede o di legato). L'eredità sarà devoluta ai chiamati ulteriori (sostituiti, coeredi con diritto di accrescimento, eredi legittimi). Nell'ipotesi in cui invece manchi l'evento contemplato nella condizione risolutiva si avrà il definitivo consolidamento della disposizione condizionata: l'erede potrà dirsi definitivamente tale, come anche il legatario. La condizione impossibile (art. 634 cod.civ.) si ha per non apposta nel testamento, tanto nel caso in cui sia sospensiva quanto risolutiva, rimanendo comunque valido ed efficace l'atto di ultima volontà (vitiatur sed non vitiat). Questa differenza di disciplina fra negozi mortis causa e negozi inter vivos, i quali vengono invece caducati integralmente, dipende dalla non ripetibilità del negozio testamentario. Scopo delle disposizioni in materia, quindi, è quella di conferire la maggior forza possibile alla volontà del testatore che ovviamente non può essere espressa nuovamente (c.d. principio del favor testamentii).